Continuano normalmente i rapporti tra Doha e Washington nonostante le accuse di terrorismo mosse da Trump a giugno. In Bahrain i leader del partito di opposizione al-Wefaq accusati di spionaggio per l’emirato rivale
della redazione
Roma, 2 novembre 2017, Nena News – La crisi del Golfo non scheggia gli interessi statunitensi nella regione. Dopo aver giocato un ruolo centrale nello scoppio del conflitto diplomatico tra il Qatar da una parte e l’Arabia Saudita e il resto dei paesi del Golfo a giugno e dopo aver bollato Doha come principale sponsor del terrorismo islamista, il presidente Trump aveva già fatto numerosi passi indietro.
L’ennesimo è arrivato ieri: il governo statunitense ha approvato un accordo di vendita di jet F15 dal valore di 1.1 miliari di dollari al Qatar, sede di una delle più grandi basi militari Usa in Medio Oriente. Ad annunciarlo è stato il Dipartimento di Stato che aggiunge: dell’accordo fa parte anche la costruzione nel paese di bunker e di infrastrutture che forniscano servizi cyber di sicurezza e servizi di supporto tecnologico. “Il Qatar è un’importante forza per la stabilità politica e per il progresso economico nel Golfo”, ha spiegato il Dipartimento di Stato, una giravolta completa rispetto alle posizioni iniziali di Trump e alla quasi rivendicazione – via Twitter – dell’accensione del conflitto.
In realtà quelle posizioni erano durate ben poco: a dieci giorni dallo scoppio della crisi, con il Qatar isolato dal resto degli ex alleati, a metà giugno due navi da guerra statunitensi erano arrivate a Doha per esercitazioni congiunte, ma soprattutto la Casa Bianca firmava con l’emirato un accordo per la vendita di altri trentasei F15, 12 miliardi di dollari il valore totale.
Un mese dopo, a metà luglio, il segretario di Stato Tillerson – da subito sfavorevole all’isolamento del Qatar – a Doha firmava un memorandum d’intesa per rafforzare la lotta contro il terrorismo. Dopotutto le relazioni tra Usa e Qatar sono troppo fiorenti per farle mettere in pericolo dalle ambizioni egemoniche dell’Arabia Saudita: gli Stati Uniti sono i primi investitori stranieri nell’emirato e i primi importatori di auto, strumenti medici, prodotti agricoli, macchinari. Senza dimenticare il ruolo di primo piano della compagnia petrolifera Exxon, di cui Tillerson è l’ex amministratore delegato. Un interscambio da 6.3 miliardi di dollari l’anno a cui si aggiunge un piano di investimenti qatarioti negli Usa pari a 45 miliardi di dollari entro il 2021.
Molto diversa la situazione nel Golfo dove la tensione non si allenta. Ieri la procura generale del Bahrain ha accusato ufficialmente due leader del principale partito di opposizione al-Wefaq di essere spiee di Doha. Sheikh Ali Salman e Sheikh Hassan Sultan, scrive la procura, sono accusati di collusione con il Qatar e di “atti ostili” contro il Bahrain volti a danneggiarne interessi nazionali e prestigio.
Immediata la rischiesta di arresto per i due, accusati non solo di aver incontrato agenti di Hezbollah, ma anche di aver ricevuto denaro e finanziamenti del Qatar in cambio di informazioni sensibili. Il segretario di al-Wefaq, Ali Salman, è già in prigione dal 2015, in realtà: sconta una pena di nove anni per incitazione all’odio e insulti al primo ministro, nonostante sia un attivista noto per aver sempre lavorato al dialogo e alla riconciliazione nazionale dopo i massacri compiuti dal regime durante la rivoluzione di piazza della Perla.
Gli arresti fanno parte di una più ampia campagna di repressione contro al-Wefaq e la maggioranza sciita del paese dominato da un regime sunnita. Il governo ha bandito il partito lo scorso anno, accusato di attività terroriste. Nena News