Cisgiordania, 16enne palestinese ucciso dall’esercito israeliano: per Tel Aviv aveva tentato di investire dei soldati. L’Isis occupa un villaggio nel nord iracheno. Macron normalizza anche Mohammed bin Salman: a Gedda la prima visita di un leader occidentale dall’omicidio Khashoggi

Il presidente francese Macron con il brasiliano Bolsonaro e il principe saudita Mohammed bin Salman durante il G20 (Foto: Wikicommons)
della redazione
Roma, 6 dicembre 2021, Nena News
Cisgiordania, 16enne palestinese ucciso dall’esercito israeliano
Mohammed Nidal Younis, di 16 anni, originario di Nablus, è stato ucciso questa mattina dall’esercito israeliano al checkpoint militare di Jabra vicino Tulkarem. secondo i soldati, avrebbe tentato di investirli con l’automobile, uno di loro sarebbe stato ferito. Younis è morto in ospedale per le ferite riportate.
Poco dopo l’abitazione della sua famiglia è stata perquisita dall’esercito, mentre le autorità israeliane alzavano il livello di allerta in tutti i checkpoint della Cisgiordania occupata su ordine del ministro della difesa Benny Gantz: “L’incidente sarà indagato in profondità – ha scritto Gantz su Twitter – e dopo i recenti eventi ho deciso di alzare il livello di allerta a tutti i transiti”.
Appena due giorni fa un altro palestinese era stato ucciso a Gerusalemme, dopo aver accoltellato un 20enne israeliano vicino alla Porta di Damasco, ingresso alla Città Vecchia. Il palestinese, Mohammed Salameh, 25enne di Salfit, è stato ucciso dalla polizia di frontiera. L’accaduto ha sollevato condanne dure da parte palestinese e scontri a Gerusalemme: Salameh è stato ucciso con diversi colpi di arma da fuoco quando era già a terra ferito, disarmato e impossibilitato a nuocere.
Lo mostra un video girato da un passante e condiviso sui social media, tanto da far parlare esperti di diritto di “esecuzione a sangue freddo”. Diversa la versione israeliana che sia con il primo ministro Bennett che con il capo della polizia di frontiera parla di “neutralizzazione di un terrorismo per impedire altre vittime”.
The #Israeli police chief and ministers in the Israeli government go out in a campaign of support for the soldiers who killed a wounded #Palestinian lying on the ground in #Jerusalem..
Soldiers shot and killed the injured Palestinian youth, who was not dangerous… pic.twitter.com/f9a07Tyubb
— سعيد بشارات Saaed Bsharat (@saaed_bsharat) December 4, 2021
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L’Isis occupa un villaggio nel nord dell’Iraq
Dopo una serie di attacchi contro villaggi nel nord dell’Iraq, ieri lo Stato islamico ha attaccato la comunità di Qara Salem, uccidendo quattro peshmerga e un civile, e ha occupato quella di Liheban, tra Erbil e Kirkuk, città tuttora contesa tra Kurdistan iracheno e governo centrale di Baghdad. Secondo le forze militari del Kurdistan iracheno, sono stati dispiegati altri militari per impedire altri attacchi, insieme a quelli dell’esercito iracheno.
A quattro anni dall’annuncio da parte dell’allora primo ministro iracheno al-Abadi di sconfitta territoriale dell’Isis, il gruppo mai scomparso dalla zona ha ripreso con maggiore frequenza a compiere attentati e assalti contro comunità e presidi militari, dimostrando la capacità delle sue cellule di infiltrarsi nel territorio. Pochi giorni fa ad essere presa di mira era stata una cittadina alle porte di Makhmour: 13 ucciso tra civili e peshmerga, grazie all’utilizzo di armi automatiche e lanciarazzi.
Una situazione destinata a peggiorare vista la rapidità dell’escalation militare dell’Isis soprattutto nelle province di Kirkuk, Diyala, Salahaddin e Makhmour. Per Erbil la responsabilità è anche della coalizione internazionale anti-Isis che ha ridotto i raid aerei contro postazioni dei miliziani e non ha previsto misure alla luce del cambio di tattica dello Stato islamico: attacchi spesso di breve durata e guerriglia urbana.
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Macron normalizza anche Mohammed bin Salman: a Gedda la prima visita di un leader occidentale dall’omicidio Khashoggi
In principio fu Abdel Fattah al-Sisi, meritevole secondo l’Eliseo della Legion d’Onore. Ora il presidente francese Macron ripulisce la faccia di un altro dei più feroci regimi della regione, quello saudita. Dopo la visita negli Emirati arabi, foriera di un ricco accordo militare (17 miliardi di euro per 80 caccia Rafale e 12 elicotteri militari francesi), ieri Macron è volato a Gedda dove ha stretto la mano, a favor di telecamera, al principe ereditario saudita – e reggente de facto – Mohammed bin Salman.
Quello accusato dalla Cia di essere il mandante dell’omicidio del giornalista dissidente Khashoggi e quello che dal 2015 bombarda lo Yemen (377mila vittime stimate dall’Onu per scontri armati, fame e malattie). Per questo da giorni associazioni per i diritti umani francesi e internazionali, a partire da Amnesty, protestano: è il primo vertice faccia a faccia con bin Salman di un leader occidentale dal 2018, anno dell’omicidio Khashoggi. Macron si è difeso venerdì: «La Francia ha un ruolo importante da giocare nella regione. Non significa essere complici o dimenticare».
Ma di fatto, come fece con al-Sisi, normalizza il regime. Non che non lo fosse già, nessuno aveva interrotto rapporti diplomatici o economici con Riyadh. Non a caso con Macron è partita una folta delegazione in rappresentanza di circa 100 compagnie francesi, da Total a Vivendi, alla ricerca di accordi commerciali.
Tra i temi trattati anche il Libano dopo la crisi diplomatica tra Beirut e il Golfo scatenata dalle critiche alla guerra in Yemen da parte del ministro libanese dell’informazione (ora dimesso) Kordahi. Ieri Macron e bin Salman hanno telefonato al premier libanese Mikati per ricucire e dirsi che, sì, tutti appoggiano le riforme (ancora inesistenti) necessarie al paese dei Cedri. Da qui l’annuncio di Macron: un’iniziativa congiunta franco-saudita per superare la crisi. E magari avvicinare Beirut al Golfo, per toglierlo all’asse Iran-Hezbollah.