Dopo una lunga battaglia, il villaggio palestinese minacciato dalla costruzione del Muro israeliano, ha ottenuto la nomina a sito protetto. L’agenzia Onu: “Decisione d’urgenza in vista della costruzione della barriera”.
della redazione
Roma, 21 giugno 2014, Nena News – Battir è patrimonio mondiale dell’umanità. La nomination del piccolo villaggio agricolo a sud di Gerusalemme, famoso per il suo sistema di terrazzamenti e canalizzazione che risale a 2.500 anni fa, è stata accettata in una sessione d’emergenza del comitato dell’UNESCO in Qatar (undici membri a favore, tre contro e sette astenuti) con l’obiettivo di bloccare la costruzione del muro “di sicurezza” israeliano che taglierebbe in due il villaggio – di cui un terzo si trova già nel territorio annesso unilateralmente da Tel Aviv, ben oltre la linea verde del 1967 – e distruggerebbe il suo antico sistema di irrigazione.
L’agenzia Onu per l’educazione e la cultura ha dichiarato che il villaggio è stato riconosciuto con urgenza in vista della “costruzione di un muro di separazione che isolerà i contadini dai campi sono coltivati da secoli”, con le valli terrazzate che rischiano “danni irreversibili” lì dove sarà costruita la barriera. L’UNESCO non ha tuttavia menzionato Israele, dichiarando solo che “il paesaggio è diventato vulnerabile sotto l’impatto delle trasformazioni socio-culturali e geopolitiche”.
Nuova vittoria temporanea per le comunità della valle di Cremisan, di cui Battir fa parte, che da anni si battono perché l’ordine di requisizione di queste terre, spiccato dall’autorità militare israeliana nel 2006, venga annullato: prima di questo riconoscimento, era arrivato quello dell’alta corte di giustizia israeliana che lo scorso febbraio aveva accolto la petizione degli abitanti e chiesto al governo Netanyahu di presentare un progetto alternativo. La sentenza definitiva, attesa per il 30 luglio, doveva decidere del futuro di quest’area.
Ma è vittoria soprattutto per l’Anp, che vede concretizzarsi la sua strategia di ricorrere agli organismi delle Nazioni Uniti e ai trattati per ottenere uno stato indipendente. Un’opzione sospesa nei mesi scorsi per facilitare il dialogo, ma poi rientrata per la finestra dopo la decisione di Israele di non liberare l’ultimo gruppo di prigionieri palestinesi.
La vittoria di Battir è ancora più significativa per la lunga lotta intrapresa dagli abitanti di questo piccolo villaggio contadino, un tempo punto di passaggio della ferrovia turca e collegamento naturale tra Egitto, Libano e Gerusalemme. La lotta per la sopravvivenza è iniziata nel 1948, quando gli abitanti di Battir guidati dal capo del villaggio Hasa Mustafa, con astuzia e coraggio, riuscirono ad ottenere un accordo separato con Israele proprio per le terre agricole che sorgevano al di là della linea ferroviaria. “Mustafa aveva messo delle candele nel villaggio per far credere che Battir fosse ancora abitata mentre i residenti si erano nascosti in alcune grotte nella valle – ci racconta Hassan Moamer, ingegnere e attivista – Così l’esercito non entrò nel villaggio e Mustafa strinse un patto con il comandante delle forze israeliane Moshe Dayan”. I residenti hanno così mantenuto accesso alle loro coltivazioni in cambio della manutenzione della linea ferroviaria.
Dal 2002 tuttavia le terre agricole di Battir erano di nuovo in pericolo: il muro, che ha già provocato la confisca di molte terre e lo sradicamento di centinaia di ulivi nel vicino villaggio di Al-Walajeh. “Ci è stato promesso che, nel caso in cui il muro venisse costruito, gli agricoltori che hanno terreni al di là della linea ferroviaria non perderanno l’accesso alle terre – continua Hassan – ma noi sappiamo bene come funziona il sistema, già attuato in altre aree della Cisgiordania: prima mettono dei cancelli per controllare l’accesso, e successivamente li chiudono definitivamente”.
Negli ultimi anni gli abitanti di Battir hanno presentato petizioni e ricorsi alla Corte Suprema israeliana, senza ottenere nulla di concreto se non qualche ritardo. Ma il Muro non si mette in discussione. Ora la decisione dell’Unesco potrebbe far saltare il tavolo. Nena News
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