A Roma il premier israeliano Netanyahu ha ribadito al Segretario di Stato Usa Kerry la sua contrarietà alla risoluzione palestinese che dovrebbe essere presentata domani al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Francia, Germania e Inghilterra preparano una bozza alternativa che prevederebbe il riconoscimento di Israele come stato ebraico. Intanto a Qalandia (Cisgiordania) si continua a morire.
della redazione
Roma, 16 dicembre 2014, Nena News – Continua il tour diplomatico del Segretario di Stato americano John Kerry. Dopo aver incontrato il Ministro degli Esteri Sergei Lavrov (domenica) e il premier israeliano Netanyahu a Roma e i Ministri degli esteri di Francia, Germania e Inghilterra e Unione Europea a Parigi (ieri), Kerry incontrerà oggi a Londra una delegazione dei ministri della Lega araba guidata da Nabil el-Araby e il negoziatore palestinese Sa’eb Erakat. Si discuterà della risoluzione che i palestinesi dell’Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) e del partito Fatah dovrebbero presentare domani al Consiglio di sicurezza dell’Onu.
Il piano dei palestinesi (ritiro delle forze armate israeliane entro novembre 2016) ha ricevuto a fine novembre l’approvazione della Lega Araba che oggi chiederà a Kerry di non porre il veto in caso di voto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
La bozza preparata a Ramallah ha fatto infuriare Tel Aviv. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu lo ha ribadito ieri incontrando a Roma Kerry. “I tentativi dei palestinesi e di alcuni stati europei di imporre condizioni ad Israele deterioreranno solo la sicurezza della regione e metteranno in pericolo Israele. Pertanto ci opponiamo ad essi con forza” ha dichiarato ai giornalisti prima di partire da Roma. Nell’incontro durato tre ore con il Segretario americano, “Bibi” è stato chiaro: Israele “farà tutto il possibile” affinché il Consiglio di Sicurezza dell’Onu non voti alcuna risoluzione per porre fine al conflitto israelo-palestinese. Tel Aviv si riserva “la libertà di azione” per respingere sia la proposta palestinese che quella francese nel caso in cui queste dovessero essere presentate all’Onu. Bibi non ha spiegato, però, in che modo risponderà a queste iniziative della comunità internazionale. Poco prima di partire da Roma, Netanyahu ha ostentato sicurezza affermando di sentirsi “come una persona fiduciosa perché quello che doveva dire è stato ascoltato”.
Il primo ministro israeliano è convinto che Washington rispetterà la Risoluzione dell’Onu 242 [del 1967 dopo la Guerra dei 6 giorni, ndr] secondo cui la soluzione del conflitto con i palestinesi avverrà attraverso negoziati e non sarà imposta dall’esterno. “Noi non accetteremo i diktat – ha aggiunto Netanyahu – e non vediamo alcun motivo per cui gli Usa dovrebbero cambiare posizione”.
Ma sul voto al Consiglio di Sicurezza – previsto per giovedì dai palestinesi – aleggia da ieri un mistero. I palestinesi con Wassel Abu Yussef avevano fatto sapere domenica che la loro risoluzione sarebbe stata votata mercoledì. Notizia smentita ieri dalla Giordania che rappresenta la Lega Araba al Consiglio di sicurezza Onu e che ha fatto circolare la risoluzione palestinese. L’ambasciatrice giordana presso l’Onu, Dina Kawar, ha infatti negato una possibile votazione a breve. “Al momento il Segretario Kerry sta incontrando diversi ministri in Europa. Perciò noi aspettiamo di capire cosa succede” ha detto ai giornalisti. Kawar ha aggiunto di non aver ricevuto alcun tipo di sollecitazione da parte palestinese per presentare per domani la loro richiesta al Consiglio di Sicurezza.
Nel frattempo, accanto alla bozza palestinese, gli europei lavorano per una risoluzione alternativa (“ammorbidita” per alcuni commentatori) per risolvere il conflitto israelo-palestinese. Secondo il quotidiano israeliano “The Times of Israel” la proposta europea (conosciuta come “francese” per il ruolo principale svolto da Parigi) prevederebbe il riconoscimento di Israele come “stato ebraico”. Un particolare non irrilevante, ma che, tuttavia, è stato snobbato da Netanyahu. Per il leader della destra israeliana qualunque soluzione che prevede la fine dell’occupazione militare è inaccettabile. Questo è lo “status quo” che ha sempre difeso con i denti nel corso della sua carriera politica. E di certo non scenderà a compromessi proprio ora che le legislative si avvicinano.
Intanto alta tensione in Cisgiordania dove stamattina, durante gli scontri tra soldati israeliani e palestinesi, è stato ucciso Mahmoud Abdullah Udwan (21 anni). Secondo fonti mediche locali, il giovane era sul tetto di casa nel campo profughi di Qalandia quando è stato sparato alla testa dall’esercito israeliano. Nena News