In tre parti vi proponiamo l’analisi del think tank palestinese al Shabaka sugli aspetti economici dell’apartheid in Sudafrica e in Palestina: non solo un sistema di discriminazione razziale legalizzata ma anche un sistema di capitalismo razziale, che oggi si esplica nei limiti del movimento di liberazione sudafricano in termini di diseguaglianze tra minoranza bianca e maggioranza nera, ampio gap tra ricchi e poveri e mancata redistribuzione delle terre
di Haidar Eid e Andy Clarno – Al Shabaka
Roma, 2 settembre 2017, Nena News – (seconda parte qui)
Affrontare l’economia dell’apartheid israeliana
Una questione importante per il movimento di liberazione palestinese è come evitare le insidie del post-apartheid sudafricano nello sviluppo di una visione di post-apartheid in Palestina/Israele. Come predetto dai neri radicali, un focus esclusivo sullo Stato razziale ha condotto a seri problemi socio-economici in Sudafrica dopo il 1994. La liberazione palestinese non deve terminare con la stessa “soluzione” offerta dallAnc.
Ciò richiede attenzione non solo ai diritti politici ma anche alla questione difficile della redistribuzione della terra e delle strutture economiche per assicurare un risultato più egualitario. Un modo cruciale da cui iniziare è continuare il dibattito sulle dinamiche pratiche del ritorno palestinese.
È inoltre importante riconoscere che l’attuale situazione in Palestina è strettamente connessa ai processi di riformulazione delle relazioni sociali in tutto il mondo. Sudafrica e Palestina, ad esempio, vivono cambiamenti sociali e economici simili nonostante le traiettorie politiche radicalmente differenti. In entrambi i contesti, il capitalismo razziale neoliberista ha prodotto diseguaglianza estrema, marginalizzazione razziale e strategie avanzate di protezione dei potenti e sorveglianza dei poveri. Andy Clarno si riferisce a tale combinazione come apartheid neoliberista.
Nel mondo, benessere e entrate economiche sono sempre di più controllate da una manciata di capitalisti miliardari. Mentre la terra collassa sotto i piedi delle classi medie, il gap tra ricchi e poveri si allarga e le vite dei più poveri diventano ogni giorno più precarie. La ristrutturazione neoliberista ha permesso ad alcuni membri delle popolazioni storicamente oppresse di entrare a far parte dell’élite. Questo spiega l’emergere di un’élite palestinese nei Territori Occupati e di un’élite nera in Sudafrica.
Allo stesso tempo la ristrutturazione neoliberista ha radicato la marginalizzazione dei poveri intensificando sfruttamento e abbandono. I lavori diventano sempre più precari e intere regioni vivono un declino nella domanda di lavoro. Mentre alcune popolazione soffrono per un super sfruttamento nelle fabbriche o nelle industrie dei servizi, altre – come quella palestinese – è abbandonata ad una vita di disoccupazione e informalità.
I regimi di apartheid neoliberista come Israele dipendono da strategie avanzate di securizzazione per mantenere il potere. Israele esercita sovranità sui Territori Occupati attraverso il dispiegamento militare, la sorveglianza elettronica, l’imprigionamento, gli interrogatori e le torture. Lo Stato ha anche prodotto una geografia frammentata di enclavi palestinesi isolate circondate da muri e checkpoint e gestita attraverso chiusure e permessi.
E le compagnie israeliane hanno preso le redini del mercato globale di equipaggiamento avanzato per la sicurezza, sviluppando e testando attrezzature high-tech sui Territori Occupati. La più importante aggiunta al regime israeliana, tuttavia, è la rete di forze di sicurezza agevolata da Stati Uniti e Unione Europea, sostenuta da Giordania e Egitto e operativa attraverso lo sviluppo coordinato di esercito israeliano e forze dell’Anp.
Come Israele, altri regimi di apartheid neoliberista fanno affidamento su enclavi chiuse, forze di sicurezza pubbliche e private e strategie di sorveglianza razziale. In Sudafrica la securizzazione ha portato alla fortificazione dei quartieri benestanti, la rapida espansione dell’industria privata della sicurezza e l’intensa repressione di Stato dei sindacati indipendenti e dei movimenti sociali.
Negli Stati Uniti gli sforzi di produrre sicurezza per i potenti include comunità chiuse, muri di confine, incarcerazioni di massa, deportazioni di massa, sorveglianza elettronica, guerra dei droni e la rapida crescita delle forze di polizia, esercito, intelligence e di confine.
A differenza del Sudafrica, Israele resta un aggressivo Stato di colonialismo d’insediamento. In tale contesto, il neoliberismo è parte della strategia di eliminazione della popolazione palestinese. Ma la combinazione di dominio razziale e capitalismo neoliberista ha prodotto crescente diseguaglianza, marginalizzazione razziale e securizzazione avanzata in molte parti del mondo.
Mentre movimenti e attivisti costruiscono connessioni tra le lotte contro la povertà razziale e la sorveglianza in Palestina, Sudafrica, Stati Uniti e oltre, intendere l’apartheid israeliana come forma di capitalismo razziale può contribuire all’espansione dei movimenti contro l’apartheid neoliberista globale.
Può anche aiutare a spostare il discorso politico in Palestina dall’indipendenza alla decolonizzazione. Nel suo lavoro “I dannati della terra”, Frantz Fanon afferma che una delle insidie della coscienza nazionale è un movimento di liberazione che termina con uno Stato indipendente governato da un’élite nazionale che imita il potere coloniale.
Per evitarlo, Fanon incoraggia a spostarsi da una coscienza nazionale a una politica e sociale. Spostarsi dall’indipendenza politica alla trasformazione sociale e la decolonizzazione è la sfida che oggi affronta il Sudafrica del post-apartheid. Evitare questa trappola è la sfida di fronte alle forze politiche palestinese nella lotta di liberazione oggi.