Nella città siriana stazionano le truppe governative a difesa di una parte del territorio e circa 90mila civili, al momento isolati dall’Isis. Se gli islamisti saranno cacciati da Mosul, scapperanno a 340 miglia a ovest
di Robert Fisk – Counterpunch
Roma, 01 marzo 2017, Nena News – “La riconquista di Mosul ovest comincia”. Così diversi titoli nella stampa araba hanno annunciato. Ed è vero che l’esercito iracheno e le sue alleate milizie sciite, una manciata di soldati da Stati Uniti, Turchia e Gran Bretagna e le forze kurde hanno ripreso alcuni piccoli villaggi abbandonati dall’Isis vicino al vecchio aeroporto di Mosul. Ma probabilmente serviranno settimane – forse mesi – prima che possano dichiarare la vittoria sull’Isis. E anche se avranno successo, il vero effetto potrebbe ricadere su una città siriana a centinaia di chilometri a occidente.
Dietro le nuvole di polvere e i bombardamenti dell’ultima offensiva armata irachena contro l’Isis a Mosul ovest – e la usuale promessa di successo del premier iracheno e svariati generali americani – sta la città siriana di Deir Ezzor, i suoi difensori governativi e circa 90mila civili al momento isolati dall’Isis in due sacche di resistenza nel deserto. Riforniti da un elicottero e guidati da un feroce generale druso siriano, le forze del regime hanno resistito per cinque anni. Ma se l’Isis verrà cacciato da Mosul nelle prossime settimane, i suoi combattenti probabilmente scapperanno a 340 miglia a ovest verso la città siriana circondata per sostenere i loro compagni. La vittoria di Mosul, in altre parole, potrebbe significare la sconfitta a Deir Ezzor.
Non è così ovviamente che la storia viene raccontata. Dimenticando che offensive vittoriose contro l’Isis a Mosul sono state proclamate già quattro volte negli ultimi tre anni, è chiaro che il presidente Donald Trump – per tutte le sue illusorie comprensioni geografiche – ha bisogno di una vittoria contro il culto Isis in Medio Oriente. Si tratterebbe della prima promessa elettorale che sarebbe in grado di onorare; e senza dubbio il motivo per cui il generale Mattis – che si è guadagnato il soprannome di “cane pazzo” in Iraq – è stato a Baghdad a incoraggiare l’avanzata su Mosul delle forze arabe pro-americane.
Il primo ministro iracheno al-Abadi, che una volta ha promesso di liberare tutta Mosul entro la primavera dello scorso anno dopo la sua presa da parte dell’Isis nel 2014, ha disperatamente bisogno di un’altra vittoria contro un nemico i cui multipli attacchi kamikaze hanno decimato il 50% della sua miglior brigata. E per la battaglia nella città vecchia di Mosul e le sue antiche e strette strade nemmeno i carri armati e i veicoli blindati possono essere di grande aiuto all’esercito iracheno. I raid aerei su una popolazione di oltre mezzo milione di civili fa apparire incubi da Aleppo est, dove i leader occidentali urlavano le loro condanne per gli attacchi aerei di Siria e Russia sui combattenti jihadisti.
Nonostante la “nuova” offensiva irachena – che sembra molto simile alle precedenti visto che al momento ha permesso di liberare solo villaggi vuoti – lo scenario è pericolosamente familiare: circa 650mila civili intrappolati dietro le linee islamiste, poche vie di fuga e il grande fiume Tigri a fare da linea del fronte. Ironicamente Deir Ezzor, il cui fato è strettamente collegato a quello di Mosul, si trova lungo l’antico fiume gemello, l’Eufrate, che a ovest segna la linea del fronte tra Siria e Isis.
All’inizio dell’anno l’Isis è riuscito a tagliare in due il territorio controllato dal governo siriano a Deir Ezzor e le truppe siriane hanno potuto solo mantenere il controllo dell’aeroporto della città dopo che un massivo attacco aereo ha ucciso oltre 60 soldati siriani. Gli americani hanno detto che si è trattato di un errore. I siriani che è stato deliberato.
Incapace di cancellare i danni causati dall’ordine anti-immigrazione irachena di Trump, il generale Mattis ha potuto solo riparare ad altre ferite causate dal suggerimento del suo presidente, secondo il quale le forze americane avrebbero dovuto prendere il petrolio iracheno dopo l’invasione anglo-statunitense del 2003. L’America, ha detto Mattis agli iracheni, non è stata “in Iraq per rubare il petrolio di nessuno”.
Crederci, tuttavia, potrebbe essere un compito arduo per le forze irachene a cui ora è stato ordinato di aprirsi la strada nelle ardenti strade di Mosul ovest. Come al solito americani, britannici e turchi dispiegheranno le loro aviazioni, ma la maggior parte degli scontri sul terreno – e quindi dei morti – peseranno su iracheni, kurdi e i loro nemici dell’Isis.
Forse i 650mila civili intrappolati a Mosul ovest sono un numero esagerato. I 250mila uomini, donne e bambini di Aleppo est sono tornati più vicini a 90mila, una volta che la battaglia è finita e le statistiche hanno riacquistato credibilità. Ma le Nazioni Unite e le altre agenzie umanitarie si devono preparare al peggio, qualsiasi cosa generali, politici e giornalisti predicano.
I paragoni con la seconda guerra mondiale sono sempre disonesti, ma la propaganda del conflitto contiene lezioni per le guerre odierne. Hitler annunciò la “vittoria” a Stalingrado nell’autunno del 1942. Ci vollero sei mesi perché i russi riprendessero l’intera città. L’ultima battaglia per Mosul è cominciata solo quattro mesi fa.
Traduzione a cura della redazione di Nena News
Articolo falsamente catastrofista. 1) ormai da oltre un anno le forze irachene e della coalizione occidentale avanzano costantemente ed inesorabilmente. 2) Mosul verrà liberata nel giro di qualche mese (con buona pace di chi spera o auspica il contrario). 3) sin dall’inizio (e come è giusto che sia, anche perché esplicitamente richiesto dalla comunità araba) è stato deciso concordemente che le operazioni di terra venissero portate avanti dagli iracheni e dagli altri alleati curdi ed arabi. 4) chi auspica un intervento militare diretto via terra degli americani (peraltro non necessario visti i successi) vorrebbe che ci si trovasse di fronte ad un nuovo Vietnam …. non sarà così. 5) altro che piccoli villaggi disabitati, gli americani ed i loro alleati hanno sottratto al Daesh ormai ben oltre il 50% del territorio e l’avanzata appare inarrestabile. Buona Informazione e Buona Lettura