Nel documento inviato mercoledì alla Corte penale internazionale, vengono denunciati la “continua espansione d’Israele, il trasferimento forzato della popolazione palestinese e la politica israeliana dello spara per uccidere”. Il centro Mada, intanto, attacca Ramallah lanciando una campagna per limitare “l’autocensura” dei giornalisti palestinesi
della redazione
Roma, 22 settembre 2017, Nena News – Quattro ong palestinesi hanno inviato mercoledì un documento di 700 pagine alla Corte penale internazionale (ICC) denunciando i “crimini di guerra” e i “crimini contro l’umanità” compiuti da Israele nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme est.
In una nota al-Haq – una delle organizzazioni coinvolte alla stesura dell’informativa insieme al Centro palestinese per i diritti umani (Pchr), l’associazione al-Dameer e il Centro al-Mezan – riferisce che nel fascicolo spedito all’Icc sono denunciate “la continua espansione israeliana e le sue politiche volte ad alterare la realtà demografica del territorio palestinese”. “Le organizzazioni palestinesi per i diritti umani – continua al-Haq – presentano prove che mostrano come Israele perseguiti la popolazione occupata palestinese e la sottoponga a crimini di persecuzione e apartheid”. Le ong, inoltre, denunciano con forza il trasferimento forzato di palestinesi nonostante questi siano considerati, secondo il diritto internazionale, “persone protette”.
Il riferimento è qui in particolare alla ricollocazione imposta da Tel Aviv ai beduini della Cisgiordania che vivono nelle terre dove Israele vuole espandere illegalmente le sue colonie. Proprio il trasferimento di popolazione è, secondo il direttore di Pchr Raji Sourani, un “crimine di guerra eccezionale” perché comporta “la confisca di ampi tratti di territorio palestinese, la vasta distruzione di proprietà palestinese e la lacerazione del tessuto sociale e del modo di vivere palestinese”. Sourani non ha dubbi: le politiche di Tel Aviv in Cisgiordania sono “evidentemente quelle di colonizzazione”.
Altro “crimine” registrato dalle ong sono le uccisioni di 300 palestinesi da parte delle forze armate israeliane a partire dal 13 giugno 2014. Questi dati, sostengono le organizzazioni, dimostrano come lo stato ebraico abbia implementato una politica di “spara per uccidere” ai danni della popolazione locale. “Negli ultimi 50 anni – afferma Shawan Jabarin di al-Haq – Israele ha sottoposto i palestinesi ad una occupazione aggressiva che ha negato loro i diritti umani basilari e li ha sottoposti a odiosi crimini”.
“L’informativa alla Corte penale internazionale esprime la speranza che chiunque commetta crimini contro i palestinesi sia poi ritenuto colpevole. Noi siamo convinti che nessuna pace vera e duratura possa aver luogo senza giustizia”. Le ong hanno pertanto chiesto al procuratore dell’Icc Fatou Bensouda di aprire “un’indagine sui crimini israeliani nei Territori Occupati”. “L’indagine – si legge nel comunicato – è un passo necessario per porre fine alla cultura dell’impunità che è a lungo prevalsa sui crimini commessi dagli israeliani e per incriminare il livello politico e militare [dello stato ebraico]”.
Ma ad essere attaccata mercoledì è stata anche l’Autorità palestinese (Ap). Il Centro palestinese per lo sviluppo delle libertà dei media (Mada) ha infatti voluto lanciare una campagna sui social per limitare “l’autocensura” dei giornalisti palestinesi. Un problema che, secondo uno studio di Mada, è destinato a salire dopo l’adozione da parte di Ramallah della Cyber Crime Law. Il decreto, rilasciato dal presidente dell’Ap Mahmoud Abbas lo scorso 24 giugno, è stato descritto dai gruppi per i diritti umani come misura “draconiana” e “la peggiore legge nella storia dell’Autorità palestinese” perché comporta l’arresto e impone multe a chi pubblica, crea e condivide informazione ritenute “pericolose” dall’Autorità palestinese.
Secondo il direttore di Mada, Mousa Rimawi, è necessario “congelare” la legge che ha già causato numerosi violazioni della libertà giornalistica. Non che la situazione fosse migliore prima della Cyber Crime Law in Cisgiordania però: un rapporto pubblicato a inizio anno sempre da Mada ha rivelato come nel solo 2016 si siano contate ben 383 violazioni contro i media in Palestina. Un numero alto, ma pur sempre minore rispetto alle 599 contate nel 2015. Nena News