Tutta in salita la trattattiva tra Teheran e i Paesi del 5+1. Gli irianiani ostentano ottimismo, ma restano diversi nodi da sciogliere e Obama deve vedersela con i repubblicani che osteggiano l’accordo e hanno promesso battaglia al Congresso
della redazione
Roma, 18 marzo 2015, Nena News – Sono giorni cruciali nella trattativa sul programma nucleare iraniano in corso nella città svizzera di Losanna tra Teheran e i cosiddetti Paesi del 5+1 (Stati Uniti, Cina, Francia, Regno Unito, Russia, Germania), sotto l’egida dell’Unione europea.
Se si rispetterà la tabella di marcia, entro la fine del mese si dovrebbe giungere a un accordo quadro che detti le linee guida per un’intesa definitiva entro la fine di luglio, con l’obiettivo di garantire che l’Iran non si doterà dell’atomica in cambio della revoca delle sanzioni.
Il cammino del negoziato, però, è ancora in salita. Se dalla Repubblica islamica trapela un certo ottimismo, con Ali Akbar Salehi, a capo dell’agenzia atomica iraniana, che ieri ha dichiarato che è stata raggiunta un’intesa “sul 90 per cento” dei punti in discussione, ammettendo però che restano da sciogliere nodi fondamentali, dagli Stati Unita, invece, arrivano gli strali dei repubblicani che dominano il Congresso. Per il presidente Barack Obama, democratico, l’intesa con l’Iran sarebbe un grosso successo diplomatico, ma l’opposizione gli sta mettendo i bastoni tra le ruote.
La scorsa settimana un gruppo di 47 senatori repubblicani ha scritto una lettera aperta alla leadership iraniana spiegando che il Congresso potrebbe modificare l’accordo e che il prossimo presidente potrebbe persino stracciarlo. Un’iniziativa insolita a cui si aggiunge un progetto di legge che obbligherebbe Obama a sottoporre al voto del Congresso l’intesa. Problemi interni che la Repubblica islamica non ha, ha commentato il presidente del Parlamento Ali Larijani, spiegando che se l’Ayatollah Ali Khamenei approva l’accordo, nessuno si opporrà. Per l’Iran, che ha sempre negato di usare il proprio programma nucleare a scopi militari, sarebbe una boccata d’aria: le sanzioni soffocano la sua economia, anche se, fanno notare i detrattori del negoziato, non hanno impedito a Teheran di dotarsi di uranio arricchito negli ultimi anni. L’opposizione più strenua arriva da Israele, dotato di armi nucleari, che non concede alcun credito ai nemici iraniani e nega ogni possibilità di negoziato che preveda un alleggerimento delle sanzioni. Una linea che certamente resterà invariata dopo la conferma alle urne del premier Benjamin Netanyahu, appena uscito vincitore alle elezioni anticipate anche grazie a una campagna elettorale incentrata sulla sicurezza.
A Losanna i colloqui tra Iran e i Paesi dei 5+1 procedono a ritmo serrato. Il segretario di Stato Usa, John Kerry, meno ottimista di Salehi, ha parlato di “duro lavoro” diplomatico. È possibile che l’intesa slitti a causa dei festeggiamenti per il Nowruz, il capodanno persiano che cade il 21 marzo, ma questo per molti analisti dovrebbe essere l’ultimo round del negoziato iniziato nel 2013. Le pressioni su Obama e sul presidente iraniano Rouhani non lasciano molto tempo a ulteriori rinvii, secondo alcuni. Restano però diversi nodi da sciogliere, dettagli tecnici che l’Iran vorrebbe definire contestualmente all’accordo quadro.
Prima di tutto la durata dell’accordo. Secondo la Casa Binaca, l’Iran dovrebbe accettare limitazioni al suo programma nucleare almeno per i prossimi dieci anni, un periodo di tempo che si pone a metà strada tra i venti anni inizialmente ipotizzati da Washington e gli otto proposti da Teheran.
Inoltre, la riduzione del programma nucleare iraniano servirà a garantire che la Repubblica islamica non sia in grado di produrre una bomba atomica in meno di un anno, in caso decidesse di disattendere gli accordi. È il cosiddetto break-out time.
Altra questione cruciale sul tavolo è quella del numero e del tipo di centrifughe per l’arricchimento dell’uranio (utile alla produzione di armamenti) che l’Iran potrebbe mantenere in funzione. Quelle operative erano 10mila su 20mila totali. Gli Stati Uniti e le altre potenze del 5+1 vorrebbero una riduzione ad alcune centinaia, ma sarebbero disposti a trattare su 6.500, mentre Teheran punta a tenerne attive circa 9.000. La questione non è stata risolta e resta aperta anche quella del destino del reattore ad acqua pesante di Arak e di quello del sito sotterraneo di Fordow.
Altro punto saliente del negoziato è quello riguardante la ricerca e lo sviluppo nel settore centrifughe, che l’Iran vuole mantenere. Per i 5+1, invece, c’è il rischio che lo sviluppo di tecnologie più efficienti riduca il break-out time.
Infine, la questione delle sanzioni, di come e quando alleggerirle o eliminarle. Ovviamente l’Iran preme per la fine immediata, ma Washington ha sempre parlato di passaggi graduali: prima la sospensione e poi l’eliminazione. Inoltre, la questione è anche interna agli Usa, dove i repubblicani hanno minacciato nuove sanzioni contro l’Iran, a dispetto delle esortazioni di Obama che ha agitato il suo potere di veto. Il presidente dovrà imporre la sua autorità, ma alcune misure possono essere sospese soltanto dal Congresso e, inoltre, i repubblicani si stanno dando da fare per raccogliere una maggioranza dei due terzi in entrambe le Camere, con intese con i democratici “ribelli”, per scavalcare il veto presidenziale. Nena News