Raid israeliano nell’università di Birzeit, arrestati cinque studenti palestinesi. Al Cairo chiude l’Arabic Network for Human Rights Information: troppa repressione. Arabia Saudita, teologo uiguro rischia la deportazione in Cina
della redazione
Roma, 11 gennaio 2022, Nena News
Raid israeliano nell’università di Birzeit, arrestati cinque studenti palestinesi
Pomeriggio ad alta tensione ieri nella più nota università palestinese, Birzeit, vicino Ramallah: soldati israeliani sono entrati nel campus sotto copertura (vestiti come palestinesi) attraverso l’ingresso nord e hanno aperto il fuoco contro gli studenti, secondo quanto riportato da agenzie di stampa palestinese.
Due giovani sono stati feriti e cinque arrestati, i cinque studenti obiettivo del raid: Ismail Barghouti (ricoverato poi in ospedale per le ferite riportate), Qassam Nakhleh, Abdel Hafez Sharbati, Walid Harazneh e Muhammad al-Khatib, tutti attivi nel movimento studentesco.
Immediata la protesta di Birzeit che attraverso i social ha fatto appello alle istituzioni internazionali, alle organizzazioni per i diritti umani e ad altre istituzioni educative perché intervengano contro simili attacchi agli studenti palestinesi. Una breve dichiarazione è stata rilasciata anche dall’esercito israeliano che ha parlato di un ricercato nel campus a cui è stato sparato perché tentava di fuggire.
Non è certo la prima volta che i campus palestinesi diventano luogo di perquisizioni violente, raid e arresti. Ma anche di chiusure obbligate, lunghe mesi negli anni delle due Intifada, un modo per le autorità israeliane per ridurre al minimo lo spazio di dibattito e incontro delle giovani generazioni palestinesi.
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Al Cairo chiude l’Arabic Network for Human Rights Information: troppa repressione
E’ una delle più note associazioni egiziane e una delle ultime indipendenti ancora aperta in Egitto. Ma ieri ha deciso di chiudere: l’Arabic Network for Human Rights Information, fondata nel 2004 da avvocati e attivisti, impegnata da quasi due decenni a documentare violenze e abusi contro cittadini, prigionieri politici e giornalisti, è da sempre sotto attacco.
Lo ha reso noto ieri il direttore esecutivo, Gamal Eid, uno dei più noti avvocati egiziani e lui stesso ex prigioniero politico con divieto di espatrio dal 2016, secondo cui alcuni dei dipendenti in passato sono stati arrestati e aggrediti dalle forze di sicurezza, rendendo impossibile lavorare: “Continueremo a essere avvocati con una coscienza e come individui e difensori indipendenti dei diritti umani lavoreremo fianco a fianco con le poche organizzazioni che restano, con i difensori dei diritti umani e l’intero movimento che chiede democrazia”.
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Arabia Saudita, teologo uiguro rischia la deportazione in Cina
Aimadoula Waili, noto anche con il nome Hemdullah Abduweli, teologo uiguro in Arabia Saudita dal 2020, rischia di essere deportato in Cina dove la famiglia teme possa essere arrestato e torturato. Lo denunciano le figlie all’agenzia Middle East Eye.
Waili aveva raggiunto il territorio saudita per il pellegrinaggio alla Mecca dopo un anno trascorso in Turchia, di cui è residente. Si era poi dovuto nascondere grazie a una rete clandestina uigura nella monarchia, perché il consolato cinese a Riyadh ne aveva chiesto la deportazione. Nel novembre 2020 era stato però catturato e portato nella prigione di massima sicurezza Dhahban a Gedda, dove è da allora detenuto senza accuse.
Secondo le figlie, le autorità saudite avrebbero comunicato a Waili la deportazione in Cina “entro pochi giorni”. La paura è moltissima: il governo cinese è accusato da più parte di reprimere la minoranza musulmana uigura nella regione del Xinjiang, attraverso uno stretto controllo sociale e detenzioni arbitrarie. Secondo un’inchiesta della Bbc di due anni fa diversi paesi a maggioranza musulmana, dal Golfo all’Egitto, hanno collaborato e collaborano ancora con Pechino per deportare uiguri in cerca di asilo. Nena News