Una band che viaggia “in direzione contraria”: mescola rock, jaz, blues e reggae e tenta di risvegliare le coscienze sopite dagli Accordi di Oslo e da un’occupazione lunga sei decenni. ASCOLTA
di Paolo Lasagna – Arab Tunes
Roma, 12 gennaio 2015, Nena News – Dal 22 ottobre al 15 novembre 2014 si è svolta la seconda edizione di Qalandiya International, la biennale di arte contemporanea che coinvolge svariati paesi, città e villaggi palestinesi . La serata conclusiva, tenutasi presso il Ramallah Cultural Palace, ha visto la presentazione di “12 Richter”, album d’esordio di Bil3aX, una nuova band palestinese nata all’interno del circuito universitario.
La band si forma intorno al 2011 su iniziativa di Faris Shomali e Gassan Sawalhi , studenti universitari e suonatori rispettivamente di oud e flauto traverso. L’idea di base è quella di formare un gruppo musicale palestinese che rappresenti qualcosa di unico sia in termini musicali che di contenuto. Dopo essersi guardarti un po’ intorno, i due giovani musicisti incontrano altri elementi interessati alla natura del progetto ed in breve tempo il gruppo prende vita grazie alle adesioni del bassista Khalil Turjman, del chitarrista Kamal Habash, del batterista Khalil Abu Ein e della cantante Carmel Ghoul .
Le differenti esperienze musicali e sociali di ogni singolo elemento fanno si che diversi stili contribuiscano alla formazione del suono della band. Reggae, jazz, blues, elementi di rock progressivo di matrice europea ed echi di indie music vengono amalgamati e rivisitati seguendo i canoni della musica contemporanea. La presenza dell’oud e del flauto, accanto ad una sezione ritmica di natura prevalentemente rock, dona al tutto un inconfondibile atmosfera orientale.
Le idee di tutti i componenti del gruppo, a dispetto dei diversi gusti musicali, trovano un punto di convergenza sull’obiettivo tematico e contenutistico del progetto, la rivisitazione della canzone politica in auge negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso elaborata secondo canoni differenti rispetto al passato.La ragione sociale scelta dal gruppo è di per sé abbastanza esaustiva.“Bil3aX” è infatti un termine arabo traducibile come “Al contrario”, “All’opposto”, ed è esattamente in direzione contraria che la band vuole andare.
La complessità della situazione politica, l’occupazione protratta nel tempo, le ripetute delusioni, il fallimento politico, istituzionale e sociale, l’aberrazione degli accordi di Oslo e ciò che ne è seguito sono tutti elementi che hanno contribuito a creare in Palestina un clima sociale in cui prevalgono noia, pessimismo e rassegnazione . L’album realizzato dalla band fotografa onestamente la situazione palestinese attuale, invero abbastanza deprimente, ma ha il pregio di affrontare tematiche importanti e profonde servendosi di elementi sdrammatizzanti quali ironia, sarcasmo e, a volte, romanticismo.
Il titolo dell’album è programmatico: “12 Richter”, un grado di magnitudo fuori scala, il terremoto perfetto. Anche le immagini scelte per la copertina non lasciano spazio a dubbi . Un disegno, molto simile ai lavori di Najii Ali, che raffigura un cassonetto in fiamme in mezzo alle quali si intravede la statua della libertà; un riferimento, neanche troppo velato, alla fine delle illusioni circa un possibile sostegno americano (e occidentale in toto) alla causa palestinese e alla fine dell’occupazione. Un’immagine di per sé radicale per presentare un album che mantiene ciò che promette nelle 8 canzoni che lo compongono.
Ogni singolo brano è indirizzato al risveglio della coscienza della comunità palestinese. La via individuata per un possibile riscatto passa attraverso il ripristino della resistenza in tutte le sue forme avendo come fonte di ispirazione la prima intifada. L’intero album è un invito all’azione, al boicottaggio non di Israele, ma della classe politica palestinese che , con le sue scelte , ha contribuito alla distruzione di ogni progetto di liberazione nazionale
Auto prodotto e auto distribuito l’album è il risultato dello sforzo collettivo di tutti i membri della band, unici interventi esterni sono stati quelli di Amal Kawash, Wafa Hourani e Amer Shomali , artisti contemporanei palestinesi che hanno contribuito alla realizzazione dei testi.
Alcuni media palestinesi, pur apprezzando l’album dal punto di vista musicale, ne hanno criticato l’atteggiamento, frutto, a loro dire, di un tumulto giovanile che con l’età adulta si smorzerà. Forse questi giovani musicisti si sono dati obiettivi un poco ambizioni, tentare di influenzare il processo decisionale politico e sociale in Palestina attraverso la musica non è sicuramente cosa facile. Resta il fatto che il prodotto del loro lavoro risulta convincente e fresco e che, sopratutto, non sono soli in questa battaglia. Il numero di musicisti e artisti che utilizza la musica per diffondere nuove idee e messaggi politici e sociali sta costantemente aumentando sia in Palestina che in tutta l’area del levante. Male fanno commentatori e giornalisti a considerare lo status quo politico e sociale palestinese come cosa immutabile e a sottovalutare una generazione che , a conti fatti data la situazione , sembra non aver nulla da perdere .
In fondo una quercia in origine era solo un ghianda.
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