La manifestazione ha attraversato ieri il centro della capitale al grido di “Liberate i prigionieri” e “Dignità e giustizia sociale”. Scontri con la polizia ad Imzouren e al-Hoceima città, quest’ultima, da ottobre al centro delle proteste anti-governative
della redazione
Roma, 12 giugno 2017, Nena News – Chi ha pensato che le proteste delle ultime settimane in Marocco fossero limitate alla sola area del Rif ieri si sarà dovuto ricredere: migliaia di persone, infatti, sono sfilate per le strade di Rabat per chiedere alle autorità locali il rilascio degli attivisti arrestati durante le mobilitazioni degli ultimi mesi.
Il corteo ha attraversato le vie principali della capitale riempendo la centralissima via Mohammd VI al coro di “Liberate i prigionieri” e “Libertà, dignità e giustizia sociale”. La manifestazione, promossa da varie organizzazioni e a cui ha aderito anche il partito islamico al-Adl wal Ihsan (Giustizia e Carità), ha visto la partecipazione di migliaia di persone. E’ difficile poterne stabilire con esattezza il numero: il ministero degli interni parla di 12.000-15.000 manifestanti. Gli islamisti, invece, ritengono che a scendere in piazza in “una marcia storica” sia stato un milione di persone.
Se è difficile poter dire con precisione quanti hanno preso parte al corteo, il dato certo è puramente politico: la lotta del Rif è giunta prepotentemente anche nella capitale. Sia chiaro: non che prima la solidarietà di altre città marocchine fosse mancate. Ma sicuramente non nelle dimensioni viste ieri a Rabat. Resta ora da capire se la manifestazione resterà un evento isolato o, piuttosto, costituirà la base di una mobilitazione più ampia che possa portare sotto i palazzi del potere la voce dei marginalizzati del Rif.
Un dato, però, appare incontrovertibile: la politica repressiva di Rabat non sta pagando. Semplicemente perché il malcontento popolare, diffuso non solo nel Rif, non può essere messo a tacere con i manganelli e con i blitz notturni degli agenti. Nelle ultime settimane le forze dell’ordine hanno arrestato decine di persone appartenenti al “Movimento popolare” (al-Hiraq ash-Sha’abi) che sta guidando la lotta soprattutto nella città portuale di al-Hoceima, fulcro delle proteste anti-governative da quando è stato ucciso lo scorso ottobre il venditore ambulante Moucine Fikri.
Il giro di vite imposto da re Mohammed VI contro i manifestanti è racchiuso nella freddezza dei numeri: 86 persone sono state finora rinviate a giudizio. Di queste, 30 sono accusate di aver “minato la sicurezza nazionale” e sono state arrestate. Tra i detenuti spicca il nome leader dell’al-Hirak, Nasser Zefzafi, in carcere dallo scorso 29 maggio.
Proprio Zefzafi è stato ieri il più celebrato nelle strade di Rabat: molti partecipanti al corteo portavano la sua immagine. Altri, invece, sventolavano le bandiere dell’Amazigh, la comunità berbera marocchina. La manifestazione nella capitale giungeva poche ore dopo le ormai consuetudinarie marce di protesta ad al-Hoceima e nella vicina Imzouren. In entrambe le città i manifestanti, sebbene in numero minore rispetto alle precedenti occasioni, hanno chiesto di nuovo la liberazione di tutti detenuti al grido “Siamo tutti Zefzafi”.
Non sono mancati i momenti di tensione con le forze dell’ordine: secondo la versione degli attivisti, gli scontri si sono registrati a Imzouren quando i poliziotti hanno cercato di impedire ai manifestanti di radunarsi. A quel punto, scrive il portale al-Araby al-Jadeed, decine di giovani con il passamontagna hanno lanciato pietre contro gli agenti che hanno risposto lanciando candelotti di gas lacrimogeno. I tafferugli sarebbero terminati solo all’alba e dopo un grosso dispiegamento delle forze di sicurezza (circo 50 macchine della polizia). Non è chiaro quale sia stato il bilancio delle violenze: le fonti locali, però, escludono la presenza di vittime.
Rabat prova a calmare la rabbia popolare usando sì il bastone, ma anche la carota. In questa ottica vanno lette le parole di giovedì del portavoce del governo marocchino Mustafa Khalfi. Khalfi, come va ripetendo dall’inizio dell’aggravamento della crisi, ha detto che l’esecutivo visiterà al-Hoceima “presto” (una data ufficiale ancora non c’è). Secondo quanto riporta Morocco World News, il premier Saad Eddine Othmani visiterà la città per “incoraggiare progetti di sviluppo che l’esecutivo ha stabilito come risposta alle richieste della popolazione [locale]”
Il governo, dunque, continua a fare promesse: a inizio mese sempre al-Khalfi aveva parlato di “dialogo aperto con la società civile” e annunciato l’invio di una delegazione per incontrare i leader del Movimento Popolare. Ma la comunità del Rif, regione da sempre in aperto conflitto con il governo centrale, appare alquanto scettica di fronte alle parole di chi finora non ha garantito né investimenti né redistribuzione del reddito, di uno Stato che si palesa solo con le uniformi della polizia, considerata responsabile di abusi umilianti verso i lavoratori.
Di queste richieste Zefzafi ne è simbolo: 39 anni, disoccupato, si è posto alla guida di una popolazione stanca. Al momento è detenuto ufficialmente perché ha “attaccato la sicurezza interna” e per aver interrotto la preghiera in una moschea di al-Hoceima esortando i fedeli a scendere in piazza. La repressione delle autorità marocchine è stata denunciata anche da Amnesty International che in un comunicato a inizio giugno ha accusato il governo di aver compiuto arresti di massa contro manifestanti “che chiedono la fine della marginalizzazione delle proprie comunità e migliore accesso ai servizi nella regione”. Nena News
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