Il leader islamista del PJD – che ha ottenuto più voti nelle elezioni parlamentari di venerdì scorso – dovrà formare una coalizione per poter avere la maggioranza assoluta (198 seggi su 395) necessaria a governare il Paese. I suoi principali avversari, i liberali del PAM, dovrebbero restare all’opposizione
della redazione
Roma, 11 ottobre 2016, Nena News – Una nota della corte reale ha fatto sapere ieri che il monarca Mohammed VI del Marocco ha affidato al premier uscente Abdelilah Benkirane il compito di formare un nuovo governo. Benkirane, leader del partito islamista “Giustizia e Sviluppo” (PJD), ha conquistato 125 seggi (su 395 totali) nelle lezioni legislative di venerdì battendo i suoi principali rivali di “Autenticità e modernità” (PAM, liberali vicini al re).
Una vittoria, quella degli islamisti, solo sulla carta per la verità: il PJD, infatti, non ha una maggioranza assoluta (198 seggi) ed è costretto ora a formare una coalizione con altri partiti nel tentativo di assicurarsi i 73 parlamentari necessari per governare. Di fronte al compito che lo aspetta, il primo ministro si è mostrato fiducioso: “Avrò a breve consultazioni con tutte le compagini politiche nel tentativo di formare un esecutivo. Spero che ce la faccia”.
Resta ora da capire come le principali forze politiche si organizzeranno. In campagna elettorale sia il PAM che il PJD avevano allontanato la possibilità di unirsi in coalizione. Né sono mancati gli screzi tra i due partiti anche in questi giorni: gli islamisti hanno sollevato dubbi sulla trasparenza delle elezioni in alcune sedi elettorali e hanno denunciato frodi e truffe a favore dei liberali che, a loro volta, hanno accusato gli avversari di una cinquantina di casi d’irregolarità a Tangeri.
La formazione di un nuovo esecutivo rappresenta un nuovo test per gli islamisti saliti al potere nel 2011 a seguito delle rivolte arabe che hanno rovesciato i leader di Tunisia, Egitto e Libia, ma che non hanno modificato molto il panorama politico marocchino. Dopo mesi di proteste nelle strade, infatti, la monarchia ha qui optato per alcune concessioni politiche. Tra queste, la più importante è stata rappresentata da una nuova costituzione che accorda maggiori poteri al parlamento rafforzando il ruolo del primo ministro che può ora sciogliere l’assemblea legislativa. Le aperture del “moderato” Mohammed VI (così tanto esaltate in Occidente) non devono trarre in inganno: il potere resta saldamente nelle mani del monarca che continua ad essere il padrone assoluto del Marocco.
I primi cinque anni di Benkirane sono stati insoddisfacenti. Non ha pagato la sua politica economica liberale: la disoccupazione è aumentata in particolar modo tra i giovani molti dei quali sono sempre più attratti dall’estremismo sociale e politico dei gruppi salafiti che dall’islamismo moderato del PJD. Il suo governo è stato duramente criticato per essersi mostrato debole nella lotta alla corruzione (cavallo di battaglia di “Giustizia e Sviluppo” nel 2011). Il premier non ha saputo poi dare soluzioni concrete alla siccità che ha ridotto alla fame molte famiglie contadine ed è stato punito alle urne dove ha perso molti consensi proprio nelle aree rurali del Paese. A destare la rabbia di non pochi cittadini in questi anni sono stati anche gli scandali nei suoi ranghi (alcuni legati alla droga e all’appropriazione illegale di terreni) e la sospensione di due vice presidenti accusati di “comportamenti sessuali poco ortodossi”. Ma il primo governo Benkirane sarà ricordato soprattutto per l’innalzamento dell’età pensionabile (da 60 a 63 anni entro il 2020).
Resta ora da capire quale atteggiamento assumerà il PAM (costituito nel 2008 dal consigliere del re Ilyas el-Omari) che ha conquistato venerdì 102 seggi. I liberali, forti soprattutto nei centri rurali laddove gli islamisti lo sono in quelli urbani, hanno attaccato in campagna elettorale la politica economica “catastrofica” del governo e hanno lanciato ripetuti allarmi per “l’islamizzazione” della società operata dal partito di Benkirane.
Se un’intesa con il PAM pare al momento da escludere, il PJD potrebbe formare il nuovo governo alleandosi con alcuni esponenti comunisti, liberali e conservatori come è accaduto nella scorsa legislatura. A essere osservatrice passiva delle vicende politiche del regno è la sinistra locale abbandonata in gran parte dalle classi medie urbane a favore dei partiti islamisti. Nena News