In vendita in edicola con la rivista Left la Graphic novel di Stefano S3Keno Piccoli. Il fumetto, in ricordo dell’attivista Vittorio Arrigoni e del fotoreporter Simone Camilli, ripercorre la vita di Vik a partire dagli anni ’90 fino al suo attivismo a fianco del popolo palestinese
di Alessandra Mincone
Roma, 21 aprile 2020, Nena News – “Guerrilla Radio, la possibile utopia” è la Graphic novel di Stefano S3Keno Piccoli, uscita nel 2015 per Round Robin Editore, e in vendita con la rivista Left per l’occasione del nono anno di anniversario dalla morte dell’attivista per i diritti umani e per la pace Vittorio Arrigoni. Il fumetto in ricordo di Vik e Simone Camilli, “che Gaza così avvolgente e così egoista ha voluto entrambi per sé”.
Una sequenza di immagini dirette e forti che permettono a tutti di ripercorrere la vita di Vik, una vita impegnata dagli anni ’90 fino alla sua morte per la libertà e per l’aiuto umanitario ai popoli oppressi, in particolare per il popolo palestinese.
Ad aprire questo fumetto giornalistico una semplice introduzione di Egidia Beretta, madre di Vittorio Arrigoni che ha accompagnato il fumettista romano durante tutto il lavoro, ben lieta di veder nascere un progetto capace di essere leggibile da una platea giovanile, che forse oggi non ha molti strumenti davanti agli occhi per conoscere e ricordare uno degli attivisti più appassionati che l’Italia abbia mai visto crescere: “Spero che siano i giovani, in particolare, a lasciarsi coinvolgere dalla storia di Vittorio Guerrilla Radio, ad avvincersi e a voler raccogliere il suo testimone.”
Guerrilla Radio, che ha ispirato il doveroso titolo alla Graphic Novel, era il blog creato da Vittorio Arrigoni, e che divenne il sito di informazione sulla Palestina tra i più letti in Italia, a onor del fatto che all’inizio dell’operazione Piombo Fuso nel dicembre 2008, l’attivista era l’unico corrispondente internazionale presente sul campo.
Le prime vignette ci catapultano prima nel 2014, al momento dell’operazione “Margine Protettivo”: con un’allusione pesante, di sconforto, quella di una seconda carneficina dopo “Piombo Fuso”, probabilmente per evidenziare che gli israeliani non avevano imparato altro da allora, se non far crescere in maniera spaventosa i volti delle morti tra i civili; un’ennesima tragedia espressa dalla figura ritratta del Dottor Jamal, nel suo sguardo tanto sfiduciato e perso, facile da immaginare nei tratti degli occhiali su due occhi puntati verso il basso, verso una scatola di resti umani e verso altre macerie.
Ma se invece Vittorio ci ha insegnato qualcosa, è che il posto tra le macerie è quello dove si può sempre trovare la propria ragione di esistere. Proprio per questo, Piccoli torna indietro nel tempo, al 1995.
All’epoca Vittorio Arrigoni si trovava in Perù, nella sua prima missione umanitaria con l’Operazione Mato Grosso.
Chissà quanti gli avranno chiesto perché non scegliesse normalmente di “andare in vacanza con gli amici a Formentera, invece che attraversare mezzo mondo per dare una mano a quei poveracci” – Invece Vittorio nel ’97 arrivò in Croazia, poi in Ucraina, Belgio, Austria e Romania. Nel ’98 era al suo primo viaggio nel continente nero, in Togo; e dopo nuovi cammini ad est fino alla Russia, fece ritorno in Africa, come in Ghana e in Tanzania.
Nel 2006, il capitolo del Congo: l’autore espone in maniera cristallina le ragioni politiche che spinsero 65 volontari italiani a monitorare un evento sembrato impossibile nei quarant’anni precedenti, ossia le elezioni della Repubblica Democratica del Congo. Eppure in questo capitolo, il fumettista preferisce risaltare un aneddoto in cui Vik si trova di fronte all’entusiasmo e alla gioia di chi era tornato a possedere un diritto, un congolese quasi del tutto ceco in difficoltà a segnare il suo simbolo sulla scheda ma fiero di esserci riuscito da solo.
È da queste foto a matita che emerge tutta la profonda umanità di Vittorio, in imbarazzo per le grandi e piccole sorprese, sempre rispettoso degli uomini che camminavano a piedi nudi, gli uomini che gli davano le risposte per chi gli chiedeva in modo commiserato se quella non fosse solo la sua via di fuga, mentre nei diari congolesi scriveva molto di più, per esempio della “felicità perduta, succhiata fuori dalle sanguisughe di traumi a lungo termine”.
Magari la maggior parte di noi, incluso Vik, non ha mai pensato che ci sia qualcosa di male a scegliere una vita di lavoro nella ditta di famiglia e di cenare la sera a casa con moglie e bambini. Ma la sua vita si è espressa nel sacrificio che l’essere umano dovrebbe essere disposto a compiere, quando la normalità diventa una gabbia di silenzio che include nel nostro raggio visivo tutte le soppressioni altrui. D’altronde “la storia la fanno le persone semplici, gente comune, con famiglie a casa e un lavoro ordinario, che si impegnano per un ideale straordinario come la pace”.
Stefano Piccoli disegna del primo viaggio di Vik in Palestina, a Gerusalemme; racconta il suo ruolo, fondamentale, indispensabile, nel prestare soccorso sulle ambulanze, testimonia con un pugno in faccia di vignette gli arresti, le aggressioni subite, i processi e le espulsioni, fino alla taglie sulla sua testa una volta entrato nella lista nera di Israele. Ridà forma alle azioni di Arrigoni senza mai dimenticare le linee di sorrisi sul suo viso e sui volti di tutti i palestinesi che lo incontravano: da quelli che lo accolsero insieme alla prima imbarcazione internazionale sbarcata sulla Striscia dagli anni ’60, agli uomini al bar, le donne incinte e i bambini a giocare per le strade di Gaza. Piccoli ci restituisce l’immagine più dura e pura di Vittorio: l’uomo che diventa lo scudo umano, prima come capitano di una barca del Movimento Free Gaza e poi sulle ambulanze sotto i bombardamenti al fosforo bianco, senza mai esitare nella libera scelta di restare con i suoi fratelli palestinesi.
Ed è proprio quando fu il Piombo sulla Striscia, che nelle pagine di Stefano l’angoscia e l’amarezza si fanno struggenti. Forse pochi altri fumetti hanno saputo rappresentare le figure sonore con tale triste rumore: tremiti silenziosi, lancette degli orologi e bombe. Si leggono i secondi stimati per l’esplosione di una casa, eppure il tempo di lettura si dilata, quasi nella insana speranza che scandendo i numeri, contando più lentamente, si possa dare più tempo ai civili per scappare.
Ma nemmeno Vik ha avuto il tempo per scampare alla morte. Non ha potuto quando nella notte tra il 16 e 17 aprile del 2011 fu rapito e ucciso da un gruppo terroristico di jihadisti salafiti, che misero fine all’essere umano ma non al suo sogno di umanità.
Bertolt Brecht scrisse “sventurata la terra che ha bisogno di eroi”. Vittorio Arrigoni, né eroe né martire, era un giovane, ostinato, ribelle, guerriero, pacifista, scudo umano. Il suo funerale fu disertato da chi ricopriva le cariche istituzionali che avrebbero potuto impedire quel sacrificio pagato con la vita.
Ma ne rende più giustizia Piccoli, che accompagna persino nella morte la storia di Vittorio con le pagine del libro. Come fatto dai suoi fratelli, che celebrarono quell’essere umano in una lunga marcia di automezzi in fila per scortare il suo corpo fino al confine, sventolando bandiere italiane e palestinesi. Nena News