Da Ginevra l’Onu annuncia il via libera delle fazioni rivali ad un esecutivo comune, ma manca ancora l’ok ufficiale degli islamisti che rimandano la decisione a domenica.

Bernardino Leon, inviato speciale Onu per la Libia, insieme a delegati libici a Ginevra (Foto: AFP Photo/Fabrice Coffrini)
della redazione
Roma, 16 gennaio 2015, Nena News – Alla fine l’appello dell’Onu ha trovato orecchie pronte ad ascoltare. Questa mattina le Nazioni Unite, da Ginevra, hanno annunciato l’accordo tra le fazioni libiche rivali su un’agenda che preveda la formazione di un governo di unità nazionale. L’apertura arriva a due giorni dal lancio del tavolo negoziale a Ginevra, a cui però gli islamisti del governo di Tripoli non hanno ancora aderito, chiedendo più tempo.
“I partecipanti si sono accordati dopo un’ampia discussione su un’agenda che include il raggiungimento di un accordo politico per la formazione di un governo di unità nazionale e le misure necessarie alla sicurezza per porre fine agli scontri”, si legge nel comunicato Onu rilasciato poche ore fa. Secondo il Palazzo di Vetro, le parti si sarebbero anche impegnate a rilasciare i prigionieri politici, a fornire aiuti umanitari nelle zone più colpite dal conflitto interno, a riaprire gli aeroporti e a garantire la sicurezza dei movimenti via terra e via mare.
La prossima settimana, sempre in Svizzera, il dialogo proseguirà. Che sia la fine della divisione della Libia in due governi, due parlamenti, due entità amministrative rivali? Difficile dirlo: a Ginevra erano presenti rappresentanti del parlamento islamista di Tripoli e alcuni partiti alleati, ma per ora Libya Dawn, la principale forza politica della coalizione, non ha inviato una propria delegazione rimandando a domenica la decisione sulla propria partecipazione.
Tutto rinviato alla prossima settimana, quindi, per un sforzo diplomatico che l’Unione Europea ha definito “l’ultima chance per il paese”. Dalla caduta del colonnello Gheddafi, nel 2011, per mano della Nato che ha armato e finanziato milizie islamiste e non, la Libia ha vissuto una crisi senza precedenti che ha trovato il suo apice la scorsa estate con la creazione di due esecutivi rivali. A Tobruk il governo laico di al-Thinni (riconosciuto come il solo legittimo dalla comunità internazionale), a Tripoli quello islamista di Libya Dawn (che ha assunto il controllo della capitale).
Gli scontri non sono certo terminati: martedì, poche ore prima dell’apertura del tavolo del negoziato Onu, un aereo da guerra del governo al-Thinni ha attaccato un peschereccio contenente benzina e diretto al porto di Bengasi. Secondo Tobruk, quella benzina era destinata a rifornire le milizie islamiste che operano in Cirenaica e contro le quali l’esecutivo laico ha lanciato una campagna militare, aderendo alla crociata dell’ex generale Haftar.
Sul campo la situazione resta tesa, anche a causa dell’intervento di numerosi attori esterni. Gli scontri tra forze armate rivali sono giornalieri, sempre più frequenti gli attacchi terroristici da parte di gruppi islamisti libici e stranieri che operano in alcuni casi (come a Derna) sotto l’ombrello del califfato di al-Baghdadi.
A ciò si aggiunge l’incapacità di controllare la produzione del greggio, principale – se non unica – fonte di sostentamento del paese che ha visto crollare in 3 anni il livello di esportazioni: oggi la Libia produce 300mila barili al giorno contro il milione e 600mila del 2011. Un crollo che va a colpire la popolazione civile: a breve lo Stato non sarà in grado di pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici e i sussidi fiscali, né di coprire le spese per salute e educazione, settori già al collasso. Nena News
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