Nove i morti nel tentativo delle milizie islamiste di prendere il controllo dell’aeroporto. I poteri regionali e internazionali tentano la mediazione.
dalla redazione
Roma, 17 settembre 2014, Nena News – Bengasi torna teatro di duri scontri tra le milizie del generale Haftar e gruppi islamisti. Nove i morti ieri tra i soldati e 30 feriti, secondo fonti mediche, dopo che uomini armati islamisti hanno tentato di assumere il controllo dell’aeroporto della città, ad oggi nelle mani delle truppe alleate all’ex generale Haftar, protagonista della crociata anti-islamista in Cirenaica.
Dall’altra parte sta il potere centrale rappresentato da Tripoli e incapace, dalla caduta di Gheddafi nel 2011, di togliere le armi alle milizie nate per rovesciare il colonnello. Fino alla fuga: il parlamento ufficiale libico ha lasciato la capitale e ha trovato rifugio nella città orientale di Tobruk, dopo che milizie armate giunte da Misurata hanno occupato gli uffici governativi e le sedi delle istituzioni statali, per poi creare il loro parlamento e il loro governo.
Una situazione ormai incontrollabile che preoccupa chi fa affari con il greggio. A condizionare il prezzo del petrolio anche la decisione della compagnia petrolifera nazionale libica che ha ulteriormente ridotto la produzione del giacimento di el-Sharara dopo che alcuni missili sono caduti vicino la raffineria di Zawiya. La produzione interna libica ha subito un vero e proprio collasso e, vista la ricchezza prodotta dal paese, gli effetti sul mercato del greggio si fanno sentire.
Così le mani nel caos libico, figlio del rovesciamento di Gheddafi voluto dalla Nato e sostenuto da alcuni regimi arabi, le mettono in tanti. Dalla fine di agosto sono costanti i tentativi internazionali e regionali per risolvere la questione della sicurezza in Libia, dopo averla resa incandescente per tre anni con il finanziamento e l’armamento di quelle milizie che oggi non intendono abbandonare le armi.
Pochi giorni fa era stato l’Egitto ad organizzare un meeting sulla Libia a cui hanno preso parte i ministri degli Esteri arabi e che ha chiesto il disarmo delle milizie attive a Tripoli e Bengasi e l’avvio del dialogo nazionale che porti alla riappacificazione interna. E dopo Il Cairo si muove l’Algeria che ha organizzato per metà settembre un incontro tra le fazioni libiche, una sorta di negoziato a cui dovrebbero prendere parte il presidente del parlamento ora a Tobruk, Aqila Saleh Eidda Qoweidar, un rappresentante del Consiglio dei Rivoluzionari di Bengasi e i comandanti delle milizie del generale Haftar (che potrebbe partecipare personalmente al meeting algerino).
Secondo fonti riportare dal quotidiano egiziano Al Ahram, il consiglio della Shura dei rivoluzionari di Bengasi – di cui fanno parte il gruppo islamista Ansar al-Sharia, le brigate Rafallah al-Sahati e le brigate 17 Febbraio – hanno promesso di interrompere le azioni militari se il generale Haftar ritirerà le sue truppe e rilascerà i prigionieri catturati lo scorso 16 maggio. Il consiglio ha poi rigettato l’invito algerino se Haftar sarà presente.
E mentre la Libia resta nel caos e la sua capitale, Tripoli, in mano alle milizie di Misurata soffre di mancanza d’acqua, elettricità e carburante, di scuole chiuse e ospedali al collasso, si muovono anche i governi occidentali. Due i tentativi di mediazione diplomatica messi in campo dall’inviato britannico in Libia, Jonathan Powell, e da quello delle Nazioni Unite Leon. A monte sta però la mancanza di volontà delle parti di riconoscere la legittimità delle altre. Nena News