Il Governo di Accordo Nazionale ha annunciato di ritirarsi dal Comitato militare congiunto riunito ieri a Ginevra dopo che, alcune ore prima, le forze del rivale Haftar annunciavano un attacco ad “una nave turca carica di armi” nel porto della capitale libica. L’Onu intanto lancia l’allarme: “La guerra ha prezzo incalcolabile per i civili”
della redazione
Roma, 19 febbraio 2020, Nena News – Non arrivano belle notizie per la Libia da Ginevra dove il Governo di Accordo Nazionale (Gna) ha deciso ieri sera di sospendere la sua partecipazione ai negoziati sponsorizzati dall’Onu per giungere ad una intesa di cessate il fuoco. In una nota, il Consiglio presidenziale ha denunciato con toni duri l’attacco di qualche ora prima del “nemico” Haftar (capo dell’autoproclamato Esercito nazionale libico, Enl) al porto di Tripoli e ha detto che risponderà “fermamente” e “al momento appropriato”. I colloqui, si legge ancora nel comunicato, sono sospesi “fino a quando non saranno prese posizioni irremovibili nei confronti dell’aggressore e dalle sue violazioni”. L’Alto Consiglio di stato del Gna ha poi detto che deciderà sabato prossimo se partecipare o meno al dialogo politico portato avanti dall’Onu a Ginevra che si basa sul formato del Comitato militare congiunto 5+5 (ovvero 5 rappresentanti ufficiali del Gna e altrettanti esponenti di Haftar), nato con il summit internazionale di Berlino dello scorso 19 gennaio. Nel recente incontro tra le due parti rivali libiche, le Nazioni Unite avevano detto che c’è un “ampio consenso sull’urgenza di salvaguardare la sovranità e l’integrità territoriale” del Paese e sul “fermare ed espellere il flusso di combattenti non libici”.
Parole che sanno di beffa alla luce della decisione di ieri del Gna e delle ripetute violazioni della tregua annunciata da russi e turchi lo scorso 12 gennaio. Le immagini di ieri dal porto della capitale libica mostravano una colonna di fumo nera alzarsi da una nave. L’Enl, che lo scorso aprile ha dato il via ad un’offensiva contro il Gna e assedia da allora la capitale, aveva subito annunciato di aver colpito una nave turca ormeggiata al porto e un deposito di armi e munizioni “in risposta alle violazioni del cessate il fuoco” da parte di gruppi allineati al Gna del premier al-Sarraj. Una posizione che non ha convinto l’inviato dell’Onu in Libia Ghassan Salameh che ha definito i raid di ieri “una grave violazione” del cessate il fuoco.
Preoccupata per i bombardamenti al porto è la compagnia nazionale libica (Noc) che ha detto ieri di aver urgentemente evacuato tutte le sue petroliere presenti nell’area dopo che un missile è caduto a pochi metri di distanza “da un nave cisterna di gas liquefatto altamente esplosivo (Gpl)”. “L’attacco di oggi [ieri, ndr] avrebbe potuto causare un disastro umanitario e ambientale – ha affermato il direttore della Noc Mustafa Sanalla che poi ha aggiunto – La città non ha altre strutture per lo stoccaggio del carburante per cui le conseguenze saranno immediate: ospedali, scuole, centrali elettriche e altri servizi vitali saranno interrotti”.
Notizie che potrebbero essere devastanti per un Paese come la Libia sull’orlo del baratro, diviso in due governi rivali che si fanno la guerra. Un Paese dove, ha detto l’altro giorno il coordinatore umanitario dell’Onu Yacoub al-Hilu, il prezzo pagato dai civili è “incalcolabile”. Il conflitto, ha spiegato al-Hilu, sta avendo “un grave impatto sui civili in tutte le parti della Libia su una scala mai vista prima”. Sono infatti quasi 900.000 le persone che necessitano di aiuti umanitari, più di 345.000 gli sfollati. Senza poi dimenticare la presenza di armi esplosive che, ha osservato il coordinatore delle Nazioni Unite, “hanno provocato inutili perdite di vita”. Nel solo 2019 gli attacchi contro i civili e le infrastrutture civili sono raddoppiate causando l’uccisione o il ferimento di 650 persone. Nena News