Nuova misura restrittiva contro i rifugiati palestinesi in fuga dal conflitto siriano: il paese dei Cedri minaccia di multa le compagnie aeree che faranno salire i profughi. La condanna di Amnesty.
dalla redazione
Gerusalemme, 2 luglio 2014, Nena News – Vietato ai rifugiati palestinesi in Siria atterrare all’aeroporto di Beirut. Da due mesi il paese dei Cedri lavora di buona lena per chiudere le porte alla popolazione palestinese profuga e in fuga dalla guerra civile siriana (che troppo spesso ha avuto come target proprio i campi profughi palestinesi: l’esempio di Yarmouk è il più drammatico, centinaia di persone morte di fame a causa dell’assedio del campo). La novità è un documento emesso dal capo dell’ufficio degli aeroporti della Sicurezza Generale libanese e inviato alle compagnie aeree di tutto il mondo perché non facciano salire su voli diretti a Beirut rifugiati palestinesi provenienti dalla Siria, pena una sanzione pecuniaria. In realtà il comunicato risale al 3 maggio scorso, inserendosi così in una serie di misure prese in quel periodo dal Ministero degli Interni per impedire l’ingresso di palestinesi nel paese.
Immediata la condanna di Amnesty International che definisce la lettera alle compagnie aeree “un atto palesemente discriminatorio e una violazione degli obblighi previsti dal diritto internazionale”. “Nessuna persona che cerca rifugio dalla crisi siriana dovrebbe essere costretta a tornarci – ha commentato Sherif Elsayed-Ali, capo del dipartimento dei rifugiati di Amnesty – Tutti i profughi devono essere autorizzati a vivere in Libano senza la paura di arresti o deportazioni. Sfortunatamente le nuove restrizioni sono solo il più recente esempio delle politiche che discriminano i rifugiati palestinesi che fuggono dal conflitto siriano”.
E, seppure Beirut – spiega l’organizzazione – è sottoposta ad una pressione enorme senza ricevere alcun sostegno dalla comunità internazionale, ciò non giustifica il trattamento discriminatorio nei confronti di uno specifico popolo. Lo conferma anche l’UNRWA, agenzia Onu per i rifugiati palestinesi: a questi ultimi vengono richiesti documenti e procedure impossibili da perseguire. La conseguenza è la porta chiusa. Ci sono famiglie divise, alcuni membri bloccati in Siria e altri già in Libano, e numerosi casi di visti di residenza non rinnovati. Le prime misure restrittive erano state rese note a maggio dal ministro dell’Interno, Nohad al-Mashnuq: ai palestinesi che si fossero presentati al confine di Masnaa non sarebbero stati rilasciati visti di ingresso, se non della durata di 24 ore, giusto il tempo per raggiungere l’aeroporto di Beirut e volare verso altri lidi. E chi è già in Libano? A loro non sarà rinnovato il permesso di soggiorno. Unico modo per entrare sarà attraverso un visto di ingresso rilasciato dall’ambasciata di Beirut a Damasco, allegato ad un permesso di soggiorno da uno a tre anni. Una trafila che, nella sostanza, chiude le porte del Libano a chi fugge dal conflitto.
La decisione del governo giungeva a pochi giorni dalla deportazione di 41 palestinesi, arrestati all’aeroporto di Beirut e rispediti in Siria perché accusati di essere in possesso di documenti falsi. Una decisione che non è l’eccezione in Libano, dove la campagna anti-palestinese va rafforzandosi di ora in ora e ha radici lontane: Beirut non ha mai riconosciuto la cittadinanza libanese ai profughi del 1948, impedisce loro di accedere a determinate professioni, sposare cittadini libanesi e acquistare proprietà private fuori dai campi profughi. Ad oggi sono 455mila i rifugiati palestinesi iscritti nei registri dell’UNRWA residenti in Libano. Dopo lo scoppio della guerra civile siriana, oltre un milione di profughi è entrato in Libano, tra questi 50mila palestinesi. Nena News