Il leader del partito Marada, amico intimo di Assad, è stato proposto come candidato alla presidenza dall’ex premier Saad Hariri, capo dell’alleanza del 14 Marzo fortemente anti-siriana. Una mossa studiata a puntino per provocare il caos nel blocco dell’8 Marzo guidato da Hezbollah. Ma che rischia di distruggere una volta per tutte i fragili equilibri politico-comunitari libanesi
di Giorgia Grifoni
Roma, 7 dicembre 2015, Nena News – Il prossimo 13 dicembre il parlamento libanese dovrà votare per eleggere un nuovo presidente. Una procedura standard in qualunque altro paese, ma non in Libano: alla sua trentatreesima votazione, dopo un anno e mezzo di seggio vacante, l’Assemblea di Beirut si prepara per quello che ha tutta l’aria di essere un nuovo, decisivo scontro. La ragione sta nella new entry della rosa presidenziale libanese: Suleiman Frangiyeh, leader del movimento Marada parte del blocco dell’8 Marzo, guidato da Hezbollah. Due settimane fa il suo nome è stato fatto per la prima volta non dai suoi alleati politici sciiti, bensì da Saad Hariri, leader del Movimento del Futuro a guida del blocco rivale del 14 Marzo.
Quello spettro politico che si è polarizzato nel 2005, anno di formazione dei due blocchi, rischia di spaccarsi ulteriormente nei prossimi giorni, perché Frangiyeh non è un leader qualunque: nipote di quello stesso Suleiman eletto presidente nel 1970 e che, nel 1976, poco dopo lo scoppio della guerra civile “invitò” il suo vecchio amico Hafez al-Assad a “pacificare il Libano” e a “proteggere i cristiani”, Frangiyeh è un amico intimo di Assad. Non sorprende, quindi, che la sua candidatura provochi il putiferio nel paese che forse più di ogni altro soffre a causa della guerra siriana. Sorprende però che a spingerlo sia stato Hariri, figlio dell’ex premier Rafiq assassinato nel 2005, omicidio del quale il primo sospettato è proprio Damasco.
“E’ una mossa studiata puramente per destabilizzare la politica interna del paese”. Il giornalista e analista politico libanese Moe Ali Nayel ne è sicuro: “Hariri l’ha fatto apposta per distruggere le alleanze di Hezbollah. L’8 Marzo – spiega – è il blocco politico più forte che ci sia ora. Si può dire che il 14 marzo, invece, sia finito: i cristiani sono divisi e deboli, i drusi di Walid Jumblatt sono usciti dall’alleanza per andare a posizionarsi nel mezzo. Hariri [autoesiliatosi a Parigi, ndr] è finanziariamente fallito e il suo partito del Futuro è morto”. Insomma, l’unica cosa che gli resta da fare è quella di proporre Frangiyeh, vicino ad Assad, e rimescolare le carte della partita politica libanese.
Un rimescolamento che farebbe comodo a Hariri. La sua avventura politica, iniziata dopo l’assassinio di suo padre sul lungomare di Beirut, è stata caratterizzata dalla lotta all’ingerenza siriana nel paese anche dopo il ritiro di Damasco: la rivalità con Hezbollah, vicino alla Siria, ha portato al peggioramento dei rapporti tra comunità sunnita e sciita al punto che le provocazioni del 2008 hanno rischiato lo scoppio di una nuova guerra civile. Dopo la caduta del suo governo, avvenuta nel 2011 per il ritiro dei ministri da parte del blocco 8 Marzo in ragione delle accuse al Partito di Dio di essere dietro all’assassinio di Hariri padre, Saad si è autoesiliato in Francia. Lo scoppio della guerra siriana, come spiega Nayel, ha esacerbato la polarizzazione della comunità sunnita libanese che, in mancanza di un leader, ha assistito a una crescente attrazione della sua classe medio-bassa per i salafiti e per il fronte al-Nusra. I sunniti più moderati, spiega invece un articolo pubblicato sul portale Now Lebanon, stanno invece andando a ingrossare le fila delle Forze Libanesi.
L’accordo con Frangiyeh, secondo quanto filtrato dalla stampa libanese, includerebbe la nomina di Hariri a primo ministro. Ma l’ex premier gioca con il fuoco, perché la sua mossa rischia di far collassare definitivamente il suo blocco. Infatti, negli ultimi 18 mesi la corsa alla presidenza ha provocato non pochi mal di pancia. Entrambi i blocchi continuano a presentare gli stessi, controversi candidati – che per la Costituzione libanese devono essere cristiani maroniti – ovvero per l’8 Marzo Michel Aoun, leader del Movimento patriottico libero (FPM), noto alle cronache per essere stato uno dei signori della guerra civile e instancabile oppositore della presenza siriana in Libano negli ultimi 30 anni prima del ritiro; per il 14 Marzo Samir Geagea, leader delle Forze Libanesi e noto criminale di guerra liberato dal carcere durante un’amnistia negli anni 2000, oltre ad altri due candidati minori. Entrambe le figure sono inaccettabili dai blocchi opposti: la fiducia dei cristiani intorno ad Aoun è finita con la sua decisione di entrare nell’alleanza dell’8 marzo quando tutte le altre fazioni si alleavano tra loro contro Damasco, mentre il passato di Geagea e la sua intransigente opposizione ad Assad ne fanno un candidato impossibile da digerire per l’8 marzo.
Annunciando il sostegno alla candidatura di Frangiyeh, Hariri ha lasciato intendere che egli fosse il candidato del consenso. Ma se è improbabile che si possa trovare un consenso intorno alla sua figura tra gli anti-siriani del 14 Marzo, è altrettanto improbabile che egli non verrà accettato neanche dal blocco rivale: nonostante la comunanza di interessi con Hezbollah sulla Siria, il Partito di Dio rischia molto nell’appoggiarlo. “Hezbollah e suoi alleati – spiega Nayel – si sono incaponiti nel nominare Aoun, il loro maggiore alleato cristiano. Frangiyeh non è stato mai menzionato prima, e ora che sembra che l’idea della presidenza gli piaccia e che voglia andare avanti nella corsa, Aoun e il FPM sono scontenti e si sentono minacciati all’interno del loro blocco politico. Ora, possiamo assistere al seguente scenario: Frangiyeh metterà pressione sull’8 Marzo per farsi eleggere e Aoun potrebbe minacciare di mettere fine all’alleanza [e portarle via i suoi 20 deputati, ndr]. Oppure, Hezbollah rifiuterà la candidatura di Frangiyeh per Aoun e il 14 Marzo andrà comunque avanti e lo eleggerà presidente. Quest’ultimo scenario è proprio quello più temuto da Hezbollah”.
Una “mossa classica nel gioco degli scacchi – aggiunge Nayel – che sono sicuro non sia stata un’idea di Hariri”. Se può sembrare assurdo che i grandi poteri dietro al Movimento del Futuro – in primis l’Arabia Saudita – accettino un presidente libanese vicino ad Assad, qualche giorno fa i dubbi sono stati dissipati proprio dall’ambasciatore saudita a Beirut Ali Awad Asiri: “Benediciamo questa iniziativa nazionale”. La stampa libanese è unanime nel riconoscere che Frangiyeh gode già dell’appoggio di Stati Uniti e della Francia, e le voci che la comunità internazionale si stia spazientendo sul pantano presidenziale libanese si fanno sempre più insistenti. E’ tempo, quindi, di eleggere un presidente. Resta da capire, oltre al blocco dell’8 Marzo, cosa faranno i leader cristiani del 14 Marzo. Le rivalità, infatti, vanno ben oltre l’affiliazione politica: nel 1978 il padre di Suleiman, Tony, venne ucciso in un agguato assieme alla moglie e alla figlioletta a Ehden, vicino Zgharta, il “feudo” dei Frangiyeh. Per la strage i sospetti si concentrarono su Samir Geagea, Elie Hobeika – la mente del massacro di palestinesi nei campi profughi di Sabra e Shatila del 1982 – e Bashir Gemayel, leader delle Falangi libanesi divenuto presidente nel 1982 con l’appoggio di Israele e di lì a poco assassinato. Geagea, Hobeika e il fratello di Bashir, Amin, siedono in Parlamento. “Anche il nonno Suleiman – conclude Nayel – venne eletto in circostanze simili nel 1970: sembra che il Libano non abbia imparato nulla dalla sua stupida storia”. Nena News
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