Di fatto sono apolidi e quella di un apolide è una vita senza nazionalità, senza cittadinanza, senza i documenti di base che garantiscono i diritti accordati a tutti gli altri.
di Michele Giorgio
Roma, 19 dicembre 2014, Nena News – Drammi che si aggiungono a drammi. Per i 3,3 milioni di profughi della guerra civile siriana i problemi si accumulano, giorno dopo giorno. Quasi 30.000 bambini siriani nati come rifugiati in Libano sono in un limbo giuridico, non registrati presso qualsiasi governo e privati di diritti fondamentali. Di fatto sono apolidi e quella di un apolide è una vita senza nazionalità, senza cittadinanza, senza i documenti di base che gli garantiscono i diritti accordati a tutti gli altri. Senza il certificato di nascita, i documenti di identità o un altro documento, sposarsi, andare a scuola o trovare un posto di lavoro diventa impossibile. E questi bambini siriani dovranno affrontare ostacoli enormi nella loro vita se non sarà trovata una soluzione al problema della marcata registrazione della loro nascita.
Per le rifugiate siriane che partoriscono acquisire la documentazione legale dal governo locale è la preoccupazione principale. L’Unhcr, l’agenzia dell’Onu che assiste i profughi, stima che il 70 per cento dei 42.000 bambini nati da genitori siriani in Libano, da quando nel 2011 ha avuto inizio la guerra civile, non siano stati registrati presso alcuna autorità. E questa cifra riguarda solo il milione e centomila rifugiati registrati con l’Unhcr perchè in Libano c’è almeno un altro mezzo milione di siriani che non sono mai stati registrati negli elenchi dell’agenzia dell’Onu e che ufficialmente non esistono.
A ciò si aggiungono le difficoltà che i genitori hanno nel dichiarare la nascita dei figli: non hanno soldi e documenti e spesso devono dedicare tutto il loro tempo alla ricerca di un lavoro. E non va sottovalutato neanche lo smarrimento o la perdita dei documenti da parte di tante coppie che sono scappate dalla guerra lasciandosi dietro tutto. Senza il certificato di matrimonio dei genitori un bambino non può essere registrato.
L’Unhcr e diverse organizzazioni non governative hanno avviato una campagna di sensibilizzazione per spingere i profughi siriani in tutto il Medio Oriente a registrare i figli. Si stanno facendo pressioni anche sui governi locali per faciltare le procedure. Sino ad oggi però i risultati sono stati modesti. Ad eccezione della Giordania dove il 70% dei bambini sirani profughi sono stati registrati. “E’ importante risolvere questo problema – spiega Isabella Castrogiovanni, una esperta dell’Unicef, l’agenzia dell’Onu a tutela dell’infanzia – un giorno, si spera, questi bambini torneranno in Siria e non avendo alcun documento legale saranno come fantasmi nel loro paese”. Nena News