di Marco Siragusa
Roma, 31 maggio 2018, Nena News – Negli ultimi anni i paesi del Golfo hanno mostrato sempre più interesse verso i Balcani Occidentali come destinazione per i propri investimenti. Le motivazioni di questo crescente interesse vanno ricercate su diversi piani: quello culturale, data l’importante presenza musulmana nell’area; quello politico, legato alla necessità di contrastare l’egemonia dell’Ue; ma soprattutto quello economico con la volontà di sfruttare al massimo le possibilità derivanti dall’apertura verso l’esterno delle economie della regione. Particolarmante significativi sono i progetti di investimento delle petromonarchie del Golfo in Serbia e Bosnia-Herzegovina.
Serbia
Indubbiamente il più imponente progetto lanciato negli ultimi anni è quello riguardante il cosidetto “Belgrade Waterfront”. Si tratta di un investimento, presentato ufficialmente nel 2014, di oltre 3 miliardi di dollari cofinanziato dall’impresa Eagles Hills con sede ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, che godrà del 68% dei futuri profitti. Il progetto prevede la “riqualificazione” del quartiere di Savamala a Belgrado, situato sul lungo fiume della Sava e un tempo importante quartiere commerciale della città grazie anche alla costruzione del primo ponte stradale, il Brankov Most. Oggi il quartiere è considerato uno tra i più importanti centri culturali e alternativi della città, come dimostrato dai numerosi locali e dalle diffusissime opere di street art presenti nelle facciate degli antichi palazzi che lo compongono. Il progetto del “Belgrade Waterfront” può tranquillamente essere considerato come parte fondamentale del processo di “gentrificazione” che sta coinvolgendo la capitale serba negli ultimi anni. Le antiche abitazioni della zona così come le antiche linee ferroviarie e le piazze, un tempo luoghi di importanti scambi commerciali, verranno sostituite dalla costruzione del più grande centro commerciale di tutti i Balcani (per una superficie complessiva di circa 140mila metri quadrati), hotel di lusso, migliaia di nuove abitazioni destinate soprattutto ai turisti stranieri e alle fascie più alte della popolazione locale e una gigantesca torre di vetro.
Aldilà dell’importanza dal punto di vista economico e urbanistico, questo progetto risulta centrale anche per le conseguenze che ha provocato in termini di mobilitazione popolare e lotta alla corruzione. Le modalità di assegnazione e progettazione sono state infatti tutt’altro che trasparenti per quanto riguarda il loro iter burocratico. In un paese che soffre ancora oggi di un evidente deficit democratico, l‘avvio dei lavori del Belgrade Waterfront è stata l’occasione per la nascita e lo sviluppo del movimento civico più grande e importante dai tempi della cacciata di Milosevic, nel 2000. Questa iniziativa civica, “Ne (da)vimo Beograd” (Non (affon)diamo Belgrado), nata nel 2014, si è fatta promotrice di manifestazioni di massa, conferenze informative sul progetto e denunce formali alle autorità pubbliche contro la mancanza di trasparenza e la totale assenza di interlocuzione con i cittadini.
Gli interessi dei Emirati non riguardano però solo il settore edile e la riprogettazione urbanistica di Belgrado ma abbracciano anche il settore dei trasporti e ovviamente del turismo. Nel 2013 infatti la società Ethiad Airways ha acquisito dal governo serbo il 49% della proprietà della compagnia aerea di bandiera Jat Airways (Jugoslovenski aerotransport), da quel momento rinominata Air Serbia. Ad Ethiad è stata inoltre riconosciuta la gestione formale di Air Serbia per cinque anni. In questo modo la compagnia araba si è garantita una fetta importante del crescente mercato turistico serbo con la copertura di oltre 40 destinazioni tra Europa, Mediterraneo e Medio Oriente. Il valore complessivo riguardante la sola partecipazione azionaria in Air Serbia è stata pari a circa 200 milioni di $ sotto forma di prestiti trasformati successivamente in quote azionarie.
Bosnia-Herzegovina
La creazione di enclave di lusso in un panorama tutt’altro che economicamente fiorente è stato alla base di un altro investimento, questa volta a pochi chilometri da Sarajevo, da parte della Buroj Property Development, una compagnia con sede a Dubai. Il progetto edilizio dal valore di oltre 2,5 miliardi di euro prevede la costruzione della “più grande citta turistica del Sud-Est Europa”, come affermato sul sito ufficiale della compagnia, composto da ville di lusso, decine di hotel, un ospedale e ovviamente gli immancabili centri commerciali. La conclusione dei lavori della nuova città turistica, avviati nel Settembre 2016, è prevista per il 2020. L’importanza attribuita a questo progetto è espressa dalla strategia dell’azienda che nel suo sito ufficiale afferma che “l’area di Sarajevo rappresenta la sede del nostro lancio nel mercato europeo”. È evidente quindi come gli investimenti in Bosnia rappresentino la testa di ponte per ampliare i propri investimenti anche nel cuore della vecchia Europa.
La zona di Sarajevo risulta strategica anche per un’altra compagnia, la Gulf Estate Company di proprietà del kuwaitiano Ahmed al Kanderi. Il progetto riprende in piccolo quello appena descritto con la costruzione di un resort di lusso completamente finanziato dalla compagnia araba, per un valore di circa 25 milioni di euro, senza la partecipazione del governo bosniaco.
Gli investimenti arabi nel paese sono stati favoriti dalla creazione nel 2000 della Bosna Bank International (BBI) da parte delle banche dei paesi del Golfo. La banca agisce secondo i principi della finanza islamica, l’unica in tutta la regione, ed organizza annualmente il Sarajevo Business Forum con la partecipazione di numerosi capi di Stato arabi. I principali finanziatori sono l’Islamic Development Bank (Arabia Saudita), Dubai Islamic Bank (UAE), Abu Dhabi Islamic Bank (UAE).
Come si può evincere dal tipo di investimenti effettuati in questi anni, il principale settore coinvolto è quello edile. La scelta non è certo casuale ed è dettata da diversi fattori. Intanto la volontà di aumentare gli scambi con un’area culturalmente affine alle porte d’Europa e approfittare delle possibilità di sfruttamento del territorio in termini ambientali ed economici. Il settore edile inoltre può rivelarsi alternativo a quello infrastrutturale anche perchè i margini d’azione in tale settore sono ad oggi piuttosto ridotti data la pervasività d’intervento di altri attori globali come la Cina, la Turchia o la stessa UE.
Non è difficile intuire come i benefici derivanti da questi mega progetti urbanistici avranno ben poche ricadute verso le popolazioni coinvolte, sia in termini occupazionali e che di miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. I paesi del Golfo stanno infatti sviluppando un mercato d’elite, rivolto ad un pubblico benestante, meglio ancora se proveninte dai paesi arabi. Nena News