Migliaia di manifestanti sono scese in piazza ieri a Suleymaniya e nella provincia di Halabja per protestare contro l’assenza di servizi pubblici efficienti e per chiedere le dimissioni dell’attuale governo e nuove elezioni
della redazione
Roma, 19 dicembre 2017, Nena News – Tensione altissima nel Kurdistan iracheno dove ieri alcuni manifestanti a Suleimaniya hanno dato fuoco alle sedi dei principali partiti politici e dei servizi di sicurezza. Le proteste, registrate anche in alcune parti della provincia di Erbil e in quella orientale di Halabja, sono state disperse dalla polizia soltanto grazie all’uso massiccio di granate e gas lacrimogeni. Nei duri scontri con le forze dell’ordine non si segnalano però vittime, ha riferito all’Afp Abdel Razak Sharif, il deputato del partito d’opposizione Movimento per il Cambiamento (Gorran).
“Abbasso ai ladri”, “Morte a Barzani” e “Cada il governo che ha perso le regioni contese” erano alcuni degli slogan che hanno scandito i manifestanti. Su alcuni cartelli si poteva leggere: “Basta con 26 anni di furti e decisioni sbagliate”. A far scendere in piazza ieri le decine di migliaia di persone sono l’assenza di servizi pubblici efficienti e i mancati pagamenti dei salari dei dipendenti pubblici, in molti casi in ritardo di tre anni. Non a caso l’obiettivo della rabbia popolare sono stati i simboli del potere centrale: ovvero gli uffici del partito dell’ex presidente del Kurdistan iracheno Barzani (il Kdp) e quello rivale del Puk che fa capo al clan Talabani. I manifestanti, però, non hanno chiesto solo salari e servizi migliori, ma anche le dimissioni dell’attuale leadership del governo autonomo curdo e nuove elezioni.
La tensione nel Kurdistan iracheno è altissima ormai da mesi. Dopo le dimissioni di Barzani lo scorso ottobre, infatti, alcuni sostenitori del suo Kdp incendiarono la sede del Gorran, del Puk e di Radio Ashti nella città di Zakho, nella provincia di Dohuk. I sostenitori dell’ex presidente motivarono allora gli attacchi come atti di vendetta per le posizioni avute da Puk e Gorran durante la crisi politica esplosa ad inizio ottobre con le autorità centrali irachene. Crisi che è sfociata nel ritiro dei combattenti curdi Peshmerga dalle aree occupate durante la loro offensiva contro l’autoproclamato Stato Islamico (Is). Secondo i militanti di Kdp, i loro rivali del Puk avrebbero inoltre favorito presunti piani dell’Iran contro l’indipendenza del Kurdistan irachena.
Più che di complotto, però, il ritiro dei Peshmerga dai territori strappati all’Is (particolarmente dolorosa fu la perdita della città petrolifera di Kirkuk) è stato figlio del referendum sull’indipendenza del Kurdistan iracheno voluto fortemente (e vinto in modo schiacciante) dall’allora presidente Barzani. Una mossa che apparse subito un azzardo politico visto che le potenze regionali e internazionali avevano manifestato sin dall’inizio la loro netta contrarietà all’indipendenza della regione autonoma curda. Noncurante dell’opposizione occidentale e regionale, l’anziano leader tirò dritto per la sua strada nel tentativo di ricompattare la sua popolazione e distoglierla dai problemi reali (corruzione, crisi economica e disoccupazione alle stelle).
Godendo di ampio sostegno, Baghdad riuscì ad approfittare dell’ostinazione del Kdp per avanzare senza difficoltà in quei territori che i curdi, dopo averli strappati all’Is con costi umani ed economici elevati, volevano far rientrare nel loro stato indipendente. Un errore pagato a caro prezzo anche dallo stesso presidente che a fine ottobre ha annunciato le sue dimissioni ufficializzando ancora di più la grave crisi politica interna che sconvolge la regione autonoma curda. Nena News