In vista del voto anticipato del 17 settembre, Hadash, Ta’al, Ra’am e Balad tornano a formare un’unica coalizione dopo il calo subito ad aprile quando si presentarono spaccati in due
della redazione
Roma, 21 giugno 2019, Nena News – L’incapacità del premier israeliano Netanyahu di formare un governo dopo il voto del 9 aprile e la conseguente decisione di tornare alle urne il prossimo settembre regalano ai partiti arabi l’occasione di riparare agli errori. Dopo l’exploit del 2015 con la Lista Araba Unita terzo partito alla Knesset con 15 seggi, alle scorse elezioni – anche quelle anticipate dall’uscita dalla coalizione del ministro degli Esteri Lieberman – i quattro partiti palestinesi si erano spaccati.
Due liste diverse, da una parte la sinistra con Hadash di Ayman Odeh e Ta’al di Ahmad Tibi e dall’altra l’islamista moderato Ra’am e il nazionalista progressista Balad. La scelta di scindersi non era piaciuta agli elettori palestinesi, il 20% della popolazione israeliana, che già di per sé non vanno volentieri alle urne. Alla fine il duo Hadash-Ta’al è entrato in parlamento con sei seggi, Ra’am-Balad con quattro superando in un soffio la soglia di sbarramento a scapito del colono nazionalista Bennett, rimasto fuori dalla Knesset. Sei più quattro, dieci: cinque in meno del 2015.
Ora però la ghiotta occasione di riparare all’errore si ripresenta: il 17 settembre si torna a votare. E confermando i mormorii di queste settimane ieri i quattro partiti hanno annunciato il ritorno della Lista Araba Unita: “La maggior parte dei cittadini arabi [di Israele] vuole una lista congiunta – hanno detto – Per questo abbiamo lavorato insieme per formare un solo partito invece di dividerci in due”.
Il tutto sullo sfondo della legge dello Stato nazione del popolo ebraico, approvata un anno fa e passata un po’ in sordina nonostante il suo distruttivo potenziale politico, economico e identitario per la comunità palestinese, con gli arabi ufficialmente e per legge declassati a cittadini di serie B. Nel comunicato la rinata Lista Araba fa chiaro riferimento alla legge “razzista e coloniale” e alle politiche discriminatorie dello Stato di Israele, oltre alle politiche attuate nei Territori Occupati da Tel Aviv, dall’assedio di Gaza all’occupazione della Cisgiordania, con il suo bagaglio di confisca di terre ed espansione coloniale.
Tutte questioni che la Lista ora intende, così dice, mettere sul tavolo nel tentativo di bypassare quelle separazioni fisiche ed amministrative imposte in questi decenni dalle autorità israeliane e che hanno avuto l’effetto concreto di dividere in tante entità diverse il popolo palestinese e le sue forme di resistenza.
Restano al momento fuori dagli annunci le decisioni – che saranno prese in queste settimane, entro il 30 giugno quando l’accordo definitivo sarà reso noto – sulla persona che guiderà la Lista e su quali candidati presentare e in quali percentuali rispetto ai quattro partiti di origine. Fonti interne parlano di una scelta che si baserà sui risultati elettorali delle scorse elezioni, dove preponderante fu il ticket di sinistra Hadash e Ta’al.
Di certo andranno aggiunti quattro candidati – nell’idea di ottenere il grande risultato del 2015 – e ogni fazione punta sul proprio cavallo: Hadash sul druso Jaber Asakleh, Balad su Mazen Ganaim, Ta’al su una donna, Sondos Saleh e su almeno un rappresentante della comunità beduina del Naqab. Nena News