La storia raccontata dal quotidiano israeliano Haaretz: per la seconda volta in un anno l’esercito israeliano ha tolto alle comunità di Masafer Yatta e ai loro 1.500 abitanti palestinesi l’uso del solo mezzo di soccorso medico che possiedono
della redazione
Roma, 8 gennaio 2020, Nena News – In un anno è successo due volte, l’ultima lo scorso giovedì: i militari israeliani hanno confiscato l’unica ambulanza a disposizione delle comunità palestinesi delle colline a sud di Hebron, a Masafer Yatta. A raccontarlo è il quotidiano israeliano Haaretz, che spiega come la confisca – la seconda – impedisce ai 1.500 residenti palestinesi di accedere a un minimo di servizi sanitari.
L’ambulanza, di proprietà dell’Autorità Nazionale Palestinese, è utilizzata da un team di tre persone, un medico, un infermiere e un autista, e si occupa di coprire una vasta area del sud della Cisgiordania occupata che Israele considera zona militare chiusa, la cosiddetta Firing Zone 918, unilateralmente creata alla fine degli anni Settanta del secolo scorso.
Un’area povera, soggetta a demolizioni continue di strutture di fortuna (basti pensare alla più nota Susiya) mentre le colonie israeliane vicine godono di servizi pieni e di un’espansione significativa. A chiuderle, a sud, è il muro che ha mangiato ulteriori terre coltivabili e le esercitazioni compiute dall’esercito israeliano, che ha scelto la zona perché simile al territorio del sud del Libano.
Secondo quanto riportato da Haaretz, la scorsa settimana l’ambulanza è arrivata a Khirbet al-Majaz quando è stata fermata da una pattuglia israeliana che ha impedito al team di passare perché sprovvisto di una preventiva coordinazione con l’Amministrazione civile (l’ente israeliano che gestisce le questioni non militari nei Territori Occupati). I tre palestinesi sono stati fermati per un’ora dall’esercito e l’ambulanza confiscata.
Era successo anche a febbraio 2019, stessa dinamica. L’ambulanza è stata riconsegnata solo sei mesi dopo dietro il pagamento di 3mila shekel, circa 600 euro. Come spiegato al quotidiano dall’autista, Adel Jabour, per sei mesi le comunità di Masafer Yatta non hanno goduto di alcuna assistenza medica.
“Il veicolo è stato confiscato dai supervisori dell’Amministrazione civile perché viaggiava in una zona di fuoco, vietata i veicoli dalla legge – hanno commentato le autorità israeliane – Sottolineiamo il fatto che l’atto è stato compiuto secondo le nostre procedure e che la scorsa volta ai residenti era stato detto di non entrare in quest’area senza previo coordinamento”.
Ma la Firing Zone 918, circa 78 chilometri quadrati, non è solo una zona militare chiusa creata in un territorio occupato. E’ anche casa a dodici comunità che, tra enormi difficoltà, provano a resistere. Circa 1.500 persone, un numero estremamente ridotto negli anni a causa delle politiche di trasferimento silenzioso attuate dal governo israeliano, ma anche a causa di politiche dirette: nel 1999 l’esercito ha espulso 700 residenti nella Firing Zone 918 definendo illegale il loro vivere lì. Solo un’ingiunzione della Corte Suprema israeliana, nel marzo 2000, ha permesso loro di tornare.
Sono lì ma sotto costante pressione, come scrive l’associazione israeliana B’Tselem: Israele impedisce loro di costruire nuove strutture, demolisce case e distrugge cisterne per l’acqua