In una seduta parlamentare burrascosa, ieri sera i deputati dei due principali blocchi politici del Paese non hanno trovato l’intesa su 8 nomi stabiliti dal primo ministro Abdlul Mahdi (tra questi i futuri titolari dei dicasteri degli interni e della difesa)
della redazione
Roma, 25 ottobre 2018, Nena News – La crisi politica irachena è racchiusa tutta in una immagine: ieri il parlamento ha votato a favore solo di una parte della squadra governativa decisa dal premier designato Adel Abdul Mahdi. Tra i 14 neo ministri approvati, ci sono Thamer Ghadhban al dicastero del petrolio e il curdo Fuad Hussein a quello delle finanze.
Restano però da decidere ancora 8 incarichi (tra cui quello degli interni e della difesa) e il tempo stringe: per la costituzione irachena, infatti, il premier ha tempo fino al 2 novembre per presentare al presidente Salih la squadra completa di governo. Un’operazione facile a dirsi, ma molto difficile a realizzarsi visto il clima tesissimo che regna nel Paese. Un caos che ieri sera è apparso evidente in parlamento quando, durante il discorso pre-voto di Abdul Mahdi, i maggiori partiti del paese (tra cui il blocco Sairun di Moqtada al-Sadr che ha vinto le elezioni di maggio) sono usciti dall’aula parlamentare.
Tensione alle stelle si è poi registrata quando il deputato di Sairun, Sabah al-Saidi, ha chiesto al presidente del parlamento Mohammad al-Halbousi di ritardare il voto così (ufficialmente) da dare ai parlamentari più tempo per studiare i candidati scelti da Abdul Mahdi. Una decisione ritenuta ostruzionistica però da alcuni partiti e analisti politici poiché mira a bloccare la nomina di altri nuovi ministri e, va da sé, la nascita di un nuovo governo. Una mossa che appare irresponsabile visti i gravi problemi che l’Iraq deve affrontare: una ricostruzione praticamente ferma dopo i 4 anni di guerra contro l’autoproclamato Stato islamico; le tensioni etniche settarie mai sopite; la difficile questione meridionale con la situazione incandescente di Bassora; l’equilibrio delle relazioni diplomatiche nazionali tra l’Iran e gli Usa; la difesa dei civili dal terrorismo di mano jihadista (due giorni fa un nuovo attentato vicino a Mosul ha provato almeno 16 morti).
Eppure segnali incoraggianti erano giunti a inizio mese quando l’Iraq sembrava che avesse risolto definitivamente la crisi istituzionale che va avanti da dopo le legislative di maggio. Il parlamento iracheno, infatti, era riuscito a trovare una intesa sul nuovo capo dello stato il curdo Barham Salih del partito dell’Unione patriottica del Kurdistan (Puk). Neanche il tempo di insediarsi, Salih aveva conferito allo sciita Adel Abdul Mahdi (76 anni) l’incarico di formare un nuovo governo. Qualificato economista che ha lungo studiato in esilio in Francia, Abdul Mahdi era stato scelto dai due blocchi rivali parlamentari. Ahmed al-Asadi, portavoce del blocco Binaa guidato da Amiri e dall’ex premier Maliki, disse allora che la sua nomina nasceva “per consenso grazie ad un accordo tra i due schieramenti”. Distensivo fu anche il commento del blocco opposto guidato da Sadr che parlò di “migliore scelta”. Ieri però i due schieramenti sono tornati a litigare. E la data del 2 novembre si avvicina inesorabilmente. Nena News