Se da un lato il presidente Erdogan intende rafforzare la presenza di Ankara nei Balcani coltivando ottimi rapporti di alleanza con il suo pari serbo Vučić, dall’altro finanzia bosniaci e kosovari albanesi ergendosi a paladino dei musulmani. Ulteriore propaganda politica in vista delle elezioni turche del prossima 24 giugno
di Marco Siragusa
Roma, 15 giugno 2018, Nena News – A distanza di poco più di un mese dall’ultima visita ufficiale, il presidente serbo Vučić è tornato in Turchia come ospite speciale di Erdogan alla festa d’inaugurazione del gasdotto TANAP a Eskisehir. L’ultima volta i due si erano incontrati con l’intento di aumentare la cooperazione tra i loro paesi soprattutto nel settore del gas e delle energie rinnovabili. In quell’occasione, descritta da entrambe le parti come un grande successo, Vučić chiese al presidente turco di sostenere gli investimenti in Serbia e procedere verso un veloce miglioramento delle relazioni. Il buon clima di dialogo e l’intenzione di continuare a fare affari tra i due paesi sono stati ulteriormente confermati con la visita di martedì 12. La presenza di Vučić potrebbe apparire come fuori contesto dato che la Serbia non è direttamente coinvolta dal progetto del TANAP, il corrispondente asiatico del TAP che collega il tratto finale dall’Albania all’Italia.
Il percorso del gasdotto non coinvolge il territorio serbo ma stimola gli interessi e i progetti futuri per almeno due motivi. Il primo è la convinzione che lo sviluppo infrastrutturale ed economico della regione possa portare benefici anche a Belgrado magari con l’apertura, già paventata nel 2015 da Erdogan, di una nuova via del gas che attraversi proprio la Serbia diretta verso il centro Europa. Vučić non ha mai fatto segreto di voler ricreare un mercato unico nello spazio post-jugoslavo allo scopo di facilitare gli scambi commerciali tra i paesi della regione e attrarre un sempre maggiore flusso di investimenti esteri. Secondo il presidente serbo la ricostruzione di un mercato unico nei Balcani favorirebbe inoltre la stabilità e il mantenimento della pace, creando un clima di fiducia generale. La presenza di Vučić alla cerimonia di Eskisehir assume quindi un valore significativo se rapportata alle prospettive future di collaborazione.
Il secondo motivo, di natura prettamente politica, è legato al peso di Ankara nel mantenimento della stabilità dell’area. La Turchia infatti gioca un ruolo importante nella gestione dei già fragili equilibri bosniaci e kosovari e Vučić, in linea con la sua politica estera, non vuole certo inimicarsi una potenza in grado di influenzare le dinamiche politiche della regione. Dal punto di vista turco il miglioramento delle relazioni con Belgrado garantisce, oltre ad un discreto interesse economico, anche un certo margine di azione politica da poter sfruttare nei confronti dell’Unione Europea, influenzando magari lo stesso processo di adesione dei paesi dei Balcani Occidentali. Vučić non sembra troppo preoccupato del doppio gioco messo in campo da Erdogan che da un lato firma accordi economici con Belgrado e contemporaneamente dall’altro finanzia e sostiene i paesi e le popolazioni a maggioranza musulmana come bosniaci e kosovari albanesi.
Il giorno prima dell’incontro tra i due presidenti, la Turkish Cooperation and Coordination Agency (TIKA) ha sottoscritto un protocollo con il Ministro della Cultura, della Gioventù e dello Sport del Kosovo e la Kosovo Islamic Union per il restauro di due moschee in Kosovo: la Pristina Carshia Mosque e la Gazi Mehmet Pasha Mosque. Il valore simbolico di questa operazione è elevatissimo. Non si tratta infatti di un semplice accordo per la ristrutturazione di monumenti religiosi risalenti al periodo ottomano, ma del tentativo di porre la memoria del dominio ottomano e dei suoi valori culturali e religiosi come elemento di unità tra Turchia e Kosovo in una fase storica delicata e incerta.
La Carshia Mosque non rappresenta un normale monumento religioso bensì il simbolo dell’occupazione ottomana nella regione. La costruzione della moschea ebbe inizio nel 1389, data simbolo della nazione per i serbi, per festeggiare proprio la vittoria ottomana nella famosissima e mai dimenticata battaglia di Kosovo Polje che segnò la definitiva sconfitta dei serbi di fronte all’avanzata ottomana nella regione. La ristrutturazione della Carshia, soprannominata anche “Moschea di pietra” per via del suo minareto costruito totalmente in pietra ed esistente da oltre sei secoli, rimanda ad un passato glorioso da riabilitare per rinforzare i legami storici e favorire la pervasività turca nell’area.
La seconda moschea che verrà ristrutturata, la Gazi Mehmet Pasha Mosque, si trova nel centro della città di Prizren e fu il luogo in cui si tenne l’Assemblea della Lega di Prizren nel 1878. In quel periodo le terre albanesi e kosovare delineavano la terra di confine tra l’impero turco e i principati di Montenegro, Serbia, Bulgaria e Grecia. Il Trattato di Santo Stefano, che assegnava effettivamente queste terre di confine a popolazioni non albanesi, spinse quest’ultimi ad organizzare una resistenza politica e militare come già fatto precedentemente e in maniera vittoriosa dai serbi.
Il programma della Lega prevedeva l’unione delle province albanesi in un singolo vilayet, la creazione di un’assemblea nazionale, l’insegnamento della lingua albanese nelle scuole e l’assegnazione di una parte delle imposte riscosse al governo locale e non più all’Impero Ottomano. La nascita della Lega di Prizren è considerata dagli albanesi come il momento fondativo della nazione.
Anche in questo caso appare chiaro il reale interesse turco nella ristrutturazione della moschea: riscrivere la storia per riabilitare il lungo passato ottomano e dimostrare che la Turchia è l’unica grande potenza in grado di tutelare e difendere la storia e la cultura dei musulmani a sud di Belgrado.
Questo doppio gioco turco, come detto, non sembra preoccupare il presidente Vučić sempre più propenso a trovare una soluzione definitiva alla questione kosovara che pone i progressi del processo di adesione all’Unione Europea in una situazione di stallo. Stringere accordi economici favorevoli per la Serbia, in un periodo di incertezza economica, è il migliore strumento di propaganda politica che Vučić può utilizzare nel momento in cui si porrà in maniera ineludibile la questione del riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo.
Per Erdogan l’incontro di martedì è stato un ulteriore messaggio propagandistico in vista delle elezioni del 24 giugno. Abbandonato dai principali paesi europei, il presidente sta cercando di dimostrare come anche all’estero il suo operato venga valutato positivamente da quei paesi con cui la Turchia intrattiene fruttuose relazioni politiche ed economiche. Sostegno espresso dallo stesso Vučić che durante l’incontro ha affermato di ammirare “il presidente Erdoğan per ciò che ha fatto per il suo paese”. Più che un rivale Erdogan sembra esser preso come modello di riferimento dal presidente serbo, soprattutto per quanto riguarda la repressione del dissenso interno.
Le relazioni tra i due paesi sono destinate a migliorare ulteriormente nell’immediato futuro, verso quale direzione non è però possibile prevederlo con certezza. Le tensioni in Kosovo e in Bosnia potrebbero infatti presto mettere i due paesi in una posizione scomoda, schiacciati tra la necessità di ampliare gli scambi commerciali e la tendenza ad assumere il ruolo di ago della bilancia nella regione. Nena News