Polemiche interne per la partecipazione della Rasd al vertice in Costa d’Avorio. Vittoria politica del Polisario in un periodo di stallo, con la missione Onu a un binario morto e aiuti ai profughi dimezzati
di Stefano Mauro
Roma, 28 novembre 2017, Nena News – L’Unione Europea si appresta ad incontrare i paesi della Unione Africana nel 5o Vertice bilaterale del 29 – 30 Novembre ad Abidjan, in Costa D’avorio. Il vertice, che vedrà la presenza dei capi di stato dei paesi africani ed europei, avrà come tema principale quello dell’investimento e della crescita per i giovani. Una priorità soprattutto per il continente africano di cui oltre il 60% della popolazione è al di sotto dei 25 anni. Gli altri argomenti di discussione saranno la pace e la sicurezza, la governance (relativa a democrazia, diritti umani e migrazioni), lo sviluppo economico, il clima ed il lavoro. Centrali, soprattutto secondo le aspettative europee, saranno i primi due temi: il flusso migratorio dalle coste nordafricane e l’instabilità di numerose aree a causa del terrorismo di matrice jihadista e del rientro dei foreign fighters.
Dovrebbero essere riconfermati tutti i programmi di sostegno e cooperazione nelle aree che presentano maggiori criticità: Sahel, Corno d’Africa e Golfo di Guinea. L’UE concederà il rifinanziamento di tutte le missioni di pace – Sahel, Somalia, RCA – ed in cambio pretenderà che i paesi dell’Africa sub-sahariana e del Nord Africa si impegnino a bloccare il flusso di migranti verso il continente europeo. In poche parole soldi in cambio di una limitazione del flusso migratorio, senza tenere conto dei diritti umani, del traffico e delle violenze nei confronti dei migranti in numerosi paesi. Sul tema dei diritti e del traffico di umani, dopo le recenti immagini della CNN, il presidente della UA, Moussa Faki, ha annunciato che la Commissione Africana dei Diritti dell’Uomo e dei Popolo (CACDHP) avvierà un’inchiesta su violenze a danno di migranti in paesi come la Libia.
Un vertice che già prima di iniziare ha vissuto numerose difficoltà e polemiche. Dopo oltre un mese di fitte trattative, infatti, la Repubblica Araba Sahrawi Democratica (RASD) parteciperà al vertice di Abidjan. Notizia fino alla settimana scorsa niente affatto scontata, a causa dal boicottaggio intrapreso dal ministro degli esteri del Marocco, Nasser Bourita. Rabat non accettava la presenza al vertice, ed all’interno della stessa UA, della RASD visto che è uno stato non legalmente riconosciuto dall’ONU. Lo stesso ministro degli esteri francese Le Drian aveva sostenuto la posizione marocchina sull’incostituzionalità di uno stato non riconosciuto.
La mancata convocazione della RASD aveva provocato la reazione dei paesi africani che la sostengono – Algeria, Sud Africa, Nigeria e numerosi paesi dell’Africa australe – e che avevano minacciato il boicottaggio del vertice. Solo la mediazione dell’Alto Rappresentante per gli Affari Europei, Federica Mogherini, e del presidente dell’UA, Moussa Faki, è riuscita ad ottenere, la scorsa settimana, “la partecipazione di tutti gli stati dell’ Unione, RASD compresa”. Da parte sua, Brahim Ghali, segretario generale del Fronte Polisario e Presidente della RASD, ha espresso stima nei confronti della UA e della UE visto che “questa convergenza di obiettivi ha vinto sulle manovre esercitate dal Marocco e dai suoi sostenitori (Francia, ndr) per escludere dal vertice la RASD, paese fondatore e legalmente riconosciuto dall’Unione Africana”.
Una vittoria politica che mitiga le numerose difficoltà della RASD. La missione di pace ONU (MINURSO), nonostante la recente visita del nuovo inviato il tedesco Horst Khoeler, sembra essere ad un binario morto prima della sua scadenza (aprile 2018). La politica di Rabat diventa ogni giorno più aggressiva con arresti indiscriminati di attivisti e giornalisti sahrawi – come avvenuto a Gdeim Izik- con le proteste di numerose ONG circa la violazione dei diritti umani. Allo stallo politico ed alla repressione si aggiunge, infine, la diminuzione di fondi che ormai non riescono più a sostenere e mantenere livelli decenti per la popolazione nei campi profughi nel deserto algerino a Tindouf – tra 100 e 200mila persone – con enormi difficoltà per cibo e sanità. Nena News