Riyadh e i suoi alleati isolano Doha per le presunte dichiarazioni “offensive” fatte dall’emiro Tamim che le autorità qatariote smentiscono e descrivono come frutto di attacchi di hacker. L’obiettivo è quello di punire il Qatar sponsor dei Fratelli musulmani
di Michele Giorgio – Il Manifesto
Roma, 27 maggio 2017, Nena News – Il discorso, di fatto una dichiarazione di guerra all’Iran, pronunciato da Donald Trump davanti a decine di capi di stato e di governo sunniti riuniti una settimana fa a Riyadh, era stato letto come il primo atto di una rinnovata politica di scontro con Tehran guidata dagli Usa e dall’Arabia saudita.
Invece, partito Trump, i petromonarchi del Golfo hanno cominciato a lanciarsi gli stracci, in quello che appare come un regolamento di conti volto ad isolare il Qatar, un emirato piccolo ma ricco e molto influente, grazie ai suoi miliardi di dollari, nonché stretto alleato della Turchia di Erdogan.
Da tempo il Qatar è ai ferri corti con i cugini sauditi. Motivo? Il suo appoggio ai Fratelli musulmani nemici dei regnanti Saud e non in linea con il modello wahhabita-salafita che Riyadh diffonde nel mondo islamico. Già nel 2014 Doha era stata messa sotto pressione nel Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg, le sei petromonarchie) per l’appoggio che garantisce alla Fratellanza. Ora lo scontro si è allargato e coinvolge il presidente-dittatore egiziano Abdel Fattah al Sisi, in lotta con i Fratelli musulmani, sceso in campo dalla parte dell’Arabia saudita che al Cairo assicura ingenti aiuti finanziari e petrolio a prezzi stracciati.
Scintilla di questa crisi sono state delle “fake news”, notizie false, almeno così le descrive il Qatar. Due giorni fa sul sito dell’agenzia di stampa qatariota sono apparse presunte dichiarazioni dell’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim ben Hamad Al Thani, amichevoli nei confronti di Tehran – «L’Iran rappresenta un potere regionale e islamico che non può essere ignorato» – e offensive verso l’Arabia saudita.
L’emiro inoltre ha descritto il movimento Hamas, emanazione dei Fratelli musulmani, come «il legittimo rappresentante del popolo palestinese». Doha ha smentito tutto. Ha spiegato che «hacker arabi» erano entrati nei sistemi operativi e negli account sui social dei media statali del Qatar allo scopo di diffondere informazioni false e scatenare una crisi tra Paesi arabi.
Le spiegazioni non hanno convinto Riyadh e i suoi alleati – Emirati arabi, Bahrain ed Egitto – dove i siti internet riconducibili al Qatar, a cominciare da quello della famosa tv al Jazeera, sono stati oscurati mentre i giornali di proprietà saudita continuano a condannare le presunte dichiarazioni dell’emiro Tamim. Okaz ha accusato Doha di “aver rotto i ranghi” sunniti per affiancarsi ai “nemici” sciiti iraniani.
Il Qatar inizialmente è rimasto sulla difensiva, poi è passato al contrattacco, accusando gli avversari di aver organizzato un «complotto» per punirlo per essere stato elogiato da Donald Trump per il contributo che offre alla lotta al terrorismo – in realtà tutti sanno, americani inclusi, che proprio da generosi donatori residenti in Qatar, Arabia saudita e nelle altre petromonarchie giungono le risorse per gli uomini dello Stato islamico e di al Qaeda che hanno messo a ferro e fuoco Iraq e Siria – e per la sua alleanza militare con Washington.
«Certe parti, per attuare il loro piano, hanno atteso la fine del vertice di Riyadh, in cui il presidente Trump ha lodato la volontà dell’emiro Tamim di combattere tutte le forme di estremismo e terrorismo. Questa meritata lode ha generato una cieca gelosia in qualcuno. Grazie a Dio il complotto è stato sventato perché i cittadini del Golfo sanno distinguere la verità dalle notizie false», ha scritto Sadiq al Amari, editorialista di Asharq in evidente riferimento all’Arabia saudita. «C’è una campagna mediatica ostile contro il Qatar, che affronteremo» ha avvertito il ministro degli esteri, Mohammed Bin Abdul Rahman al Thani, aggiungendo che la campagna «è particolarmente attiva anche negli Stati Uniti».
I dubbi sulla “fedeltà” Doha nello scontro con l’Iran, secondo alcuni, avrebbero come obiettivo quello di spingere l’Amministrazione Trump a trasferire il comando militare centrale degli Stati Uniti nel Golfo dal Qatar in un’altra petromonarchia. Non l’Arabia saudita che considera tutto il suo territorio «sacro all’Islam» e non accessibile alle forze armate del potente ma “infedele” partner americano, ma comunque un leale alleato di Riyadh. Con ogni probabilità il Bahrain dove ha già sede la V Flotta Usa.
Michele Giorgio è su Twitter: @michelegiorgio2