L’amministrazione Usa a conoscenza del piano del governo di Abu Dhabi per costruire la crisi e l’isolamento di Doha, rivela il Washington Post. E mentre Tillerson torna negli Stati Uniti, ad emergere è l’ennesima sconfitta politica dei sauditi
della redazione
Roma, 17 luglio 2017, Nena News – La crisi del Golfo e l’isolamento del Qatar sarebbero partiti dagli Emirati Arabi: secondo il quotidiano statunitense The Washington Post, un attacco hacker emiratino è dietro il lancio della campagna contro Doha. Così sarebbero state create le fake news denunciate dai qatarioti con cui i rivali del Golfo avrebbero basato l’inizio dell’embargo.
Si tratta delle dichiarazioni presunte rilasciate dall’emiro del Qatar Sheikh Tamim Bin Hamad al-Thani, che in un lancio dell’agenzia di Stato definiva l’Iran “un potere regionale e islamico che non può essere ignorato”. Per Riyadh abbastanza per la resa dei conti con il rivale nella regione. E ora quella che da subito Doha aveva bollato come una costruzione sembrerebbe confermata dagli Stati uniti: il Wp riporta le voci di funzionari Usa secondo i quali da una settimana Washington è a conoscenza dei dettagli dell’attacco hacker, un piano discusso dal governo di Abu Dhabi e messo in pratica il 23 maggio.
Immediata la reazione emiratina: il ministro degli Esteri, Anwar Gargash, ha negato la rivelazione del quotidiano statunitense. “L’Eau non hanno avuto alcun ruolo nel presunto attacco hacker descritto nell’articolo”, si legge nel comunicato del ministro. Interviene anche l’ambasciata del Qatar negli Stati Uniti: “Il nostro paese ha la prova che alcuni iPhone localizzati nei paesi che attuano l’embargo sono stati usati nell’hackeraggio”.
La notizia giunge a pochi giorni dal viaggio nel Golfo del segretario di Stato Usa, Rex Tillerson, impegnato da settimane per risolvere diplomaticamente la crisi. Prima in Qatar, poi a Gedda in Arabia Saudita e poi di nuovo in Qatar, dove ha concluso la visita giovedì, tornando a casa con un memorandum d’intesa firmato da Doha per azioni congiunte contro il terrorismo e il suo finanziamento.
Se nei primi giorni dopo il 5 giugno, quando l’isolamento del Qatar da parte di Arabia Saudita, Emirati Arabi, Bahrain e Egitto è partito, l’amministrazione Trump ha appoggiato gli alleati accusando Doha di essere dietro le reti terroristiche di matrice islamista, ormai l’aria è cambiata. I rapporti energetici e commerciali tra Usa e Qatar sono troppo forti e radicati per essere messi in pericolo dalle ambizioni egemoniche saudite: da cui il ruolo di mediatore di Tillerson, ex presidente della Exxon e noto frequentatore dei salotti del Golfo.
Ma gli Stati Uniti non sono soli: oltre al sostegno subito ribadito dalla Turchia e quello successivo dell’Iran, altre potenze occidentali rimangono al fianco del Qatar. Ieri hanno preso il via le esercitazioni militari congiunte tra la marina di Doha e quella di Londra nelle acque dell’emirato, esercitazioni che seguono a quelle di metà giugno con la marina Usa e quelle del 22 giugno con la marina francese.
Ora ricomincerà la guerra di accuse reciproche, fake news e attacchi kacher. Ma il dato che resta è quello politico: l’Arabia Saudita ha fallito di nuovo, non riuscendo a convogliare tutta la propria rete di alleati nella lotta al rivale nel Golfo. Dopo la sconfitta in Siria e il pantano yemenita, Riyadh si ritrova ancora una volta indebolita. Nena News