Re Abdallah ha convocato oggi il primo ministro Mulki a cui imporrà le dimissioni dopo giorni di manifestazioni popolari contro le misure imposte dall’Fmi, l’aumento delle tasse e del prezzo dei beni di prima necessità
della redazione
Roma, 4 giugno 2018, Nena News – Lo slogan “Non ci inginocchieremo” gridato da migliaia di persone da una settimana in Giordania ha mosso la monarchia hashemita: questa mattina, dopo un’altra notte di proteste di fronte all’ufficio del premier ad Amman, re Abdallah ha convocato il primo ministro Hani Mulki di cui fonti interne anticipano le probabili dimissioni.
Dallo scorso mercoledì le città giordane sono attraversate da inusuali proteste, contro l’aumento delle tasse sul reddito e la crescita dei prezzi di prima necessità come pane, carburante ed elettricità, frutto delle misure suggerite dal Fondo Monetario Internazionale per rilasciare un prestito di 723 milioni di dollari in tre anni e ridurre il debito interno dal 94% del Pil attuale al 77% entro il 2021. A sostenere le proteste oltre 50 parlamentari e i sindacati che stanno tentando da giorni una mediazione con il governo giordano per impedire l’aumento di almeno il 5% delle tasse per i dipendenti e tra il 20 e il 40% per le aziende.
Per il governo una misura volta a combattere l’evasione, per i cittadini un duro colpo alle classi medie e basse: gli esperti spiegano come un incremento della tassazione verso le aziende provocherebbe un aumento ulteriore dei prezzi a danno della cittadinanza in un paese in cui il 18,5% della popolazione è disoccupato e il 20% vive sotto la soglia di povertà. A ciò si aggiunge l’aumento del costo del carburante, cresciuto cinque volte dall’inizio dell’anno, e dell’elettricità, + 55% da febbraio. Una crisi che si lega al taglio degli aiuti finanziari da parte dei paesi del Golfo e alla presenza di quasi 700mila rifugiati siriani che hanno pesato sulle finanze pubbliche in assenza di un adeguato sostegno internazionale.
Re Abdallah ieri ha ribadito la necessità di “un dialogo nazionale ragionevole” e definito ingiusto “che un cittadino sopporti da solo il peso delle riforme”. Nel fine settimana il monarca aveva tentato di porre un freno alle proteste (le più grandi da anni) e allo sciopero generale indetto da decine di sindacati mercoledì congelando l’aumento del prezzo di carburante ed energia elettrica ma le manifestazioni sono proseguite venerdì notte e sabato, ad Amman – dove i sit in sono guidati dal Partito Comunista e dal movimento giovanile Hirak Shahabi – come nel resto del paese dove i manifestanti hanno lanciato pietre e dato fuoco a copertoni. Nella capitale alcuni manifestanti hanno bloccato le strade mentre in migliaia stazionavano fuori dall’ufficio del primo ministro Mulki.
Mulki ieri ha provato a mediare durante un incontro con i sindacati, ma nessun accordo è stato raggiunto secondo quanto riportato dal presidente della Federazione dei Sindacati giordani, Ali Obus. Ora, dopo l’annuncio di 78 parlamentari su 138 di voto contrario alla riforma delle tasse, si attende la rimozione del premier. Secondo al-Jazeera potrebbe essere sostituito dall’attuale ministro dell’Educazione, Omar al-Razzaz, figura popolare nel paese. Nena News