Secondo il leader del movimento sciita libanese Nasrallah i governi della regione si sono limitati a “timide proteste” contro Washington dopo la decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele
AGGIORNAMENTI
ORE 15.15 LIBANO. SUMMIT INTERRELIGIOSO: DIFENDERE GERUSALEMME E SOSTEGNO A DIRITTI PALESTINESI
Ogni tentativo unilaterale volto a imporre Gerusalemme come capitale esclusiva dello Stato di Israele rappresenta un atto “ingiusto”. Lo ha detto oggi il Patriarca maronita Bechara Rai, aprendo il summit inter-religioso cristiano-islamico da lui convocato per esprimere una posizione comune riguardo alla questione di Gerusalemme. Rai ha anche ribadito la necessità di applicare tutte le risoluzioni internazionali che riconoscono e tutelano il profilo unico e lo statuto speciale di Gerusalemme. Da parte sua il Mufti islamico della Repubblica libanese Abdellatif Daryan Daryan ha ribadito la propria opposizione ai processi di “ebraicizzazione” di Gerusalemme, confermando il sostegno ai palestinesi “nella loro lotta per la giustizia” . Al summit hanno partecipato anche il Mufti Kabalan in rappresentanza dei musulmani sciiti, il Catholicos armeno apostolico Aram I, il Patriarca siro cattolico Ignatius Youssif III Younan, il Patriarca cattolico greco-melkita Youssef Absi.
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di Stefano Mauro
Roma, 14 dicembre 2017, Nena News – E’ stata una manifestazione con centinaia di migliaia di persone, libanesi e palestinesi dei campi profughi, quella di lunedì scorso nella parte meridionale di Beirut per protestare contro la decisione di Trump di “eleggere” Gerusalemme, o meglio Al Quds, come capitale unica di Israele. “Sta al popolo palestinese guidare la terza Intifada contro questa decisione” – ha dichiarato in un comizio televisivo il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah – “e sta alla Resistenza, palestinese e libanese, assumersi le proprie responsabilità per favorire l’unione di tutte le fazioni ed i partiti palestinesi e sostenere la causa di Gerusalemme contro il complotto americano”.
Nel suo discorso Nasrallah ha evidenziato come la decisione di Trump abbia infiammato e causato l’irritazione non tanto dei governi della regione, che si sono limitati a timide proteste contro Washington, ma soprattutto delle popolazioni arabe dal Maghreb fino al Medio Oriente.
Secondo il segretario di Hezbollah è evidente il fatto che gli USA non si possono e non si potranno più porre come i paladini o i mediatori nel processo di pace. In questi anni hanno dimostrato di essere solamente “i paladini di Israele o i paladini dell’ascesa del terrorismo jihadista dopo la disintegrazione dell’Iraq e la guerra in Siria”. Il quotidiano Al Akhbar ha riportato come la scelta di Trump fosse già stata sottoposta e condivisa dall’Arabia Saudita tramite gli stretti rapporti tra il genero di Trump, Jared Kushner, e il delfino di Riyadh, Mohamed Bin Salman (MBS).
Le dichiarazioni provocatorie dello stesso MBS nei confronti di Abu Mazen di “non considerare più Gerusalemme, ma piuttosto Abu Dis, come futura capitale di un possibile stato palestinese” ha aumentato solamente le defezioni di alcuni paesi, anche di alleati come Marocco o Giordania, nei confronti dell’Arabia Saudita.
Una simile decisione rischia di incendiare, però, tutta l’area con nuovi e sanguinosi conflitti. Non sembrano vane, ad esempio, le minacce di Nasrallah quando dichiara di voler aumentare l’appoggio del movimento sciita in termini di sostegno militare, logistico ed economico per la causa palestinese. Sulla stessa frequenza il comunicato del generale Qassem Soleimani, comandante della Brigata Al Quds dei Pasdaran (battaglione specializzato in azioni di sostegno in aree di conflitto esterne all’Iran), che ha dichiarato di aver comunicato con i comandanti di Hamas, Jihad Islamico e Fronte Popolare Liberazione Palestina a Gaza per garantire il proprio supporto per contrastare la violenta repressione di Tel Aviv contro le proteste palestinesi.
Proprio ieri il vice segretario del FPLP, Abu Ahmed Fuad, ha annunciato che “tutti i gruppi della Resistenza sono pronti per una nuova Intifada, grazie anche al sostegno ed all’esperienza di Qassem Soleimani”, invitando lo stesso Abbas a partecipare ed unificare la leadership per una nuova lotta contro Israele.
La situazione sembra sul punto di poter esplodere anche in Iraq. Lo scorso venerdì, ad esempio, il leader del gruppo Harakat Al Nujaba (considerato come l’Hezbollah iracheno), Akram al Kaabi, ha minacciato di voler attaccare tutte le forze di occupazione americane presenti nel paese, dopo il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele da parte degli USA. Lo stesso Moqtada Al Sadr, considerato più vicino agli stati del Golfo, ha esortato Riyadh ad interrompere le sue guerre in Yemen, Siria e Bahrein ed a inviare i suoi jet militari per la difesa di Gerusalemme.
Nel suo ultimo editoriale sul quotidiano online Rai Al Youm, Abdel Bari Atwan afferma come Trump abbia fatto, insieme a sauditi e israeliani, l’ennesimo errore di valutazione, dopo la Siria. “Washington e Riyadh stimavano una reazione apatica della popolazione araba mentre, al contrario, i palestinesi oggi lottano insieme al rinnovato sostegno dei loro fratelli arabi e musulmani per ottenere la vittoria visto che Gerusalemme rimarrà la capitale della Palestina, l’intera Palestina”. Nena News