Mentre l’esercito israeliano metteva a ferro e a fuoco la Cisgiordania e grida di vendetta divampavano da Gerusalemme alle colonie, il governo Netanyahu sapeva che i tre adolescenti erano morti. Tra censura, menzogne e manipolazione, la ricostruzione dell’ultimo mese di violenza in Palestina
di Max Blumenthal – Electronic Intifada
Roma, 12 luglio 2014, Nena News - Dal momento in cui il mese scorso i tre ragazzi israeliani sono stati dichiarati dispersi, il primo ministro Benjamin Netanyahu e l’apparato militare e di intelligence [Shin Bet, ndt] del paese hanno impedito il flusso di informazioni al pubblico. Attraverso una miscela tossica di propaganda, sotterfugi e incitamento, hanno infiammato una situazione precaria, manipolando gli israeliani nel sostenere la loro agenda fino a quando hanno reso un incubo assolutamente evitabile inevitabile.
Polizia israeliana, funzionari dell’intelligence e Netanyahu sapevano, a poche ore dal rapimento, che i tre ragazzi erano stati uccisi. E sapevano chi fossero i primi sospetti meno di un giorno dopo la segnalazione del sequestro.
Invece di rivelare questi dettagli al pubblico, lo Shin Bet ha imposto un ordine di censura sui media nazionali, proibendo ai giornali di riferire che i ragazzi erano quasi certamente stati uccisi, e vietando loro di rivelare l’identità dei loro sospetti assassini. Lo Shin Bet ha anche mentito ai genitori dei ragazzi rapiti, facendo loro credere che i loro figli fossero vivi.
Invece di ordinare un intervento limitato per catturare i presunti responsabili e recuperare i corpi dei ragazzi, Netanyahu ha organizzato una campagna internazionale di pubbliche relazioni aggressiva, chiedendo simpatia e indignazione da parte dei leader mondiali: questi ultimi hanno avuto l’impressione che i ragazzi scomparsi fossero ancora vivi.
Nel frattempo, le forze armate israeliane imperversavano in tutta la Cisgiordania occupata e bombardavano la Striscia di Gaza in una campagna di punizione collettiva ingannevolmente confezionata per gli israeliani e per il mondo come una missione di salvataggio.
I dettagli critici che erano a conoscenza di Netanyahu e dell’apparato militare e di intelligence, sono stati rivelati al pubblico israeliano solo dopo il rapimento di oltre 560 palestinesi, di cui almeno 200 ancora detenuti senza accuse; dopo il raid delle università palestinesi e il saccheggio di innumerevoli abitazioni; dopo l’uccisione di sei civili palestinesi da parte delle forze israeliane; dopo che la polizia dell’Autorità palestinese addestrata dagli americani aveva assistito i soldati israeliani nell’attacco ai giovani palestinesi nel centro di Ramallah; dopo il presunto furto da parte delle truppe israeliane di $ 3 milioni di dollari; e dopo che la stravaganza delle relazioni pubbliche internazionali di Israele aveva fatto il suo corso.
L’assalto in Cisgiordania è arrivato sulla scia del crollo dei negoziati guidati dagli Stati Uniti – per i quali questi ultimi hanno incolpato Netanyahu – e subito dopo la ratifica dell’accordo di unità di Hamas con l’Autorità Palestinese controllata da Fatah. Netanyahu stava ancora soffrendo per il riconoscimento da parte degli Stati Uniti del governo palestinese di unità nazionale quando è stato raggiunto dalla notizia del rapimento dei tre ragazzi. Visto che non bisogna mai perdere l’occasione di danneggiare i palestinesi, lui e la sua cerchia ristretta hanno pensato bene di attingere al sequestro per un valore massimo di propaganda.
Settimane dopo l’incidente, è ormai chiaro che il governo israeliano, i servizi segreti e l’esercito si siano dotati di una copertura per fornire a loro stessi spazio politico per una campagna militare che aveva poco a che fare con il salvataggio di eventuali adolescenti rapiti.
La campagna di disinformazione che essi hanno intrapreso ha scagliato una popolazione pesantemente indottrinata – e comprensibilmente militarizzata – in una frenesia tribalistica, provocando un’ondata di incitamento ad alto livello, culminata con la scioccante uccisione per vendetta di un adolescente palestinese innocente e disordini in tutta Gerusalemme est.
Non è dato sapere quando finirà il caos e quanto lontano si diffonderà. Ma le sue origini sono sempre più chiare.
IMBAVAGLIARE LA STAMPA, MENTIRE AI GENITORI DEI RAGAZZI
Il 12 giugno, tre giovani israeliani ebrei, Naftali Frenkel, Gilad Shaar e Eyal Yifrach, scompaiono mentre fanno l’autostop da Kfar Etzion, un insediamento illegale nella Cisgiordania occupata. Alle 22.25 Shaar fa’ una chiamata in preda al panico alla polizia israeliana.
Durante la chiamata inquietante della durata di due minuti e nove secondi, si possono sentire i presunti rapitori mentre ordinano ai giovani a tenere la testa abbassata. In sottofondo, mentre Shaar chiede aiuto, si sente Radio Israele. Poi si sentono diversi colpi di pistola seguiti da un canto celebrativo, mentre i rapitori dicono: “Abbiamo i tre.” I ragazzi sono stati uccisi.
Ci è voluto fino alla mattina successiva perché la polizia collegasse la chiamata effettuata alla denuncia presentata dai genitori dei giovani. In un incontro con i funzionari dello Shin Bet, quel giorno, i genitori dei ragazzi hanno ascoltato la registrazione della telefonata.
Bat Galim Shaar, la madre di Gilad Shaar, ha chiesto che gli investigatori le spiegassero il perché degli spari in sottofondo, e se questo significasse che suo figlio era morto.
Secondo Bat Galim Shaar, la polizia ha detto che i proiettili erano “a salve”. Quando l’auto utilizzata dai presunti rapitori è stato scoperta bruciata al lato di una strada, lo Shin Bet le ha detto che nessuna traccia di DNA era stata trovata. Eppure, proiettili e sangue erano presenti in tutto l’interno della vettura. Lo Shin Bet aveva mentito ai genitori dei ragazzi scomparsi, al fine di alimentare false speranze che i loro figli fossero ancora vivi.
“Quando [lo Shin Bet] alle 6 di venerdì mi ha detto che l’esercito era al lavoro sul posto – ha detto Bat Galim Shaar alla televisione israeliana Channel 10 – mi sono sentita meglio meglio, come se fossimo in buone mani. Sono stata ingenua, ho detto a tutti che Gilad sarebbe tornato a casa prima dello Shabbat. ”
Dopo aver ingannato i genitori delle vittime, l’apparato militare e di intelligence israeliano si è mosso per nascondere la verità al pubblico, imponendo una censura che proibiva ai media del paese di riferire il suono degli spari nella chiamata registrata dalla polizia.
Secondo il testo dell’ordine di censura, che è stato pubblicato in inglese dal portale Mondoweiss, i militari avevano proibito ai giornalisti israeliani di pubblicare “tutti i dettagli dell’indagine” e “tutti i dati che potrebbero identificarne i sospetti”.
Non solo tutti i soggetti coinvolti nell’inchiesta – Netanyahu, lo Shin Bet, i militari – sapevano da subito che i tre ragazzi scomparsi erano quasi certamente morti, ma avevano anche individuato i due uomini che credevano fossero responsabili del crimine poco più di un giorno dopo che si era verificato.
Per legittimare gli obiettivi più ampi dei militari, anche questa informazione è stata nascosta.
NASCONDERE I SOSPETTI
Il 17 giugno il sito di notizie in lingua araba Rai Al Youm ha riferito che la polizia israeliana e gli agenti dello Shin Bet avevano fatto irruzione nelle case di Marwan Qawasmeh e Amer Abu Eishe, i principali sospettati, a sud della città di Hebron. In quanto portale palestinese di stampa con sede a Londra, Rai Al Youm non è stato oggetto dell’ordine di censura dei militari israeliani ed era quindi libero di pubblicare i nomi dei due sospetti rapitori.
Citando un report del portale israeliano Walla! che era stato ripulito dall’ordine di censura o altrimenti reso inaccessibile, Rai Al Youm ha sintetizzato il racconto dal padre di Abu Eishe come segue: “Sabato all’alba [due giorni dopo la segnalazione del presunto sequestro], le forze speciali dell’esercito israeliano hanno fatto irruzione nella casa e interrogato i figli della famiglia cercando di trovare tutte le informazioni che li avrebbero aiutati a capire dove si trovassero, ma non hanno avuto successo”.
Il padre di Abu Eishe ha aggiunto che lo Shin Bet aveva arrestato anche la moglie di suo figlio per interrogarla. Uno zio di Qawasmeh ha dichiarato che quattro dei fratelli di suo nipote e sua moglie erano stati arrestati il giorno dopo il presunto rapimento e interrogati.
Rai Al Youm ha aggiunto: “Molti dei corrispondenti militari dei media israeliani hanno riferito venerdì scorso una dichiarazione attribuita a un funzionario della sicurezza palestinese, in cui ha detto che l’Autorità Palestinese è sulle tracce di due persone di Hamas scomparse giovedì scorso [il giorno del sequestro] e che le forze di sicurezza dell’Anp hanno fornito le informazioni che dovevano a Israele. E ora è chiaro che questa storia era vera e che Israele li sta cercando e li ha accusati di essere dietro il rapimento.”
Allison Deger, corrispondente di Mondoweiss, ha visitato la casa di Qawasmeh e ha confermato che l’esercito e lo Shin Bet aveva portato via alcuni membri maschili della famiglia per un interrogatorio il 14 giugno.
In una normale indagine penale di alto profilo, i nomi dei sospetti fuggitivi sono ampiamente pubblicizzati. Gli investigatori affiggono poster dei criminali ricercati in spazi pubblici mentre i funzionari di polizia organizzano conferenze stampa in cerca di aiuto da parte del pubblico. In questo caso, tuttavia, i servizi di intelligence di Israele hanno scelto di mantenere le identità dei loro sospetti in un segreto gelosamente custodito per due settimane.
Mentre Netanyahu e i suoi principali deputati accusavano tutti i membri di Hamas per il rapimento, l’ordine di censura dello Shin Bet aveva soppresso tutte le informazioni relative alle identità dei sospetti fino al 26 giugno. Per quel che ne sapeva il pubblico israeliano, i rapitori avrebbero potuto essere ovunque in Cisgiordania, in qualsiasi scuola o casa o caffè o pollaio dove chiunque lontanamente affiliato a Hamas avrebbe potuto riunirsi.
Dopo aver manipolato una popolazione particolarmente suggestionabile attraverso l’attenta gestione delle informazioni, i militari avevano ottenuto tutta la latitudine politica di cui avevano bisogno per scatenarsi nelle città lontane dal luogo del delitto.
Durante un raid dell’università di Bir Zeit vicino a Ramallah, le truppe israeliane hanno sequestrato centinaia di bandiere di Hamas e le hanno portate via in camion, come se avessero ottenuto preziose testimonianze. Quando l’esercito ha bombardato la Striscia di Gaza, l’unica giustificazione di cui aveva bisogno era che il territorio costiero assediato era governato da Hamas.
Un sondaggio pubblicato il 2 luglio ha rivelato che il 76 per cento degli ebrei israeliani ha approvato le azioni dell’esercito e ha espresso un sostegno schiacciante per lo Shin Bet.
In breve tempo, l’ordine di censura aveva prodotto il risultato sperato. Nena News (Continua)
Traduzione a cura della redazione di Nena News
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