Il bombardamento che ieri ha ucciso 7 persone è visto come il tentativo israeliano di far saltare l’accordo di riconciliazione tra i due principali partiti palestinesi
della redazione
Roma, 31 ottobre 2017, Nena News – “Eserciteremo il nostro diritto a rispondere, è il nostro dovere”. Così Daoud Shehab, uno dei leader della Jihad islamica, reagisce ai microfoni di al Jazeera al bombardamento israeliano che ieri ha distrutto un tunnel a sud della Striscia, vicino Khan Younis, ferendo dodici persone e uccidendo sette: Hussam Abdullah al-Sumairi, 32 anni; Muhammad Marwan Al-Agha, 22; Ahmad Khalil Abu Armaneh, 25; Omar Nassar al-Falit, 27; Hassan Aaba Hassanein; Mesbah Fayek Shbeir e Arafat Abu Morshed.
I soccorsi della protezione civile palestinese hanno portato in salvo altre persone intrappolate dopo il crollo del tunnel. Il Ministero della Salute ha fatto sapere che morti e feriti hanno inalato del gas e ordinato indagini per individuarne la natura.
È legittimo diritto della resistenza, dice dunque la Jihad Islamica, rispondere all’aggressione israeliana. Cinque delle vittime, secondo il Ministero della Salute, erano membri del braccio armato del partito, le Brigate al-Quds; gli altri due delle Brigate al-Qassam, di Hamas. L’esercito israeliano ha detto di aver fatto saltare il tunnel, vicino al muro che divide Gaza dal territorio israeliano, perché era in fase di costruzione. E ha aggiunto che poco dopo è stata realizzata un’esplosione con una “detontazione controllata”.
Reagisce anche Hamas: “Resistere all’occupazione in tutte le sue forme è un naturale diritto garantito al nostro popolo”, si legge nel comunicato del movimento islamista. Che, come accaduto sempre in passato, è considerato il primo responsabile di qualsiasi attività all’interno della Striscia da parte di Israele: “La costruzione di tunnel prova che nonostante la riconciliazione palestinese, la Striscia di Gaza rimane regno del terrorismo. Per quanto ci riguarda, la responsabilità è senza dubbio di Hamas, che governa Gaza”, ha commentato il ministro della Difesa, il falco di ultradestra Avigdor Lieberman. Lo ha ribadito anche il premier israeliano Netanyahu (sebbene Hamas non abbia compiuto azioni né ne abbia rivendicate dal cessate il fuoco siglato con Israele alla fine di agosto 2014), mentre l’esercito provava a calmare le acque dicendo di non voler alcuna escalation.
Il periodo storico è diverso dagli ultimi dieci anni: dopo l’accordo di riconciliazione siglato al Cairo da Hamas e Autorità Nazionale Palestinese, spetterà al governo di Ramallah assumere il controllo della Striscia. Le dinamiche non potranno che cambiare. Il presidente dell’Anp, Abu Mazen, per la prima volta si è espresso dopo il bombardamento del tunnel: dialogo tra palestinesi – ha detto – per discutere la migliore risposta al raid israeliano.
Perché se la distruzione dei tunnel sotto Gaza è stata l’ufficiale giustificazione data da Israele tre anni fa, quando lanciò la peggiore operazione militare di sempre contro la Striscia (Margine Protettivo, oltre 2.250 morti), non sono pochi i palestinesi – compresi i vertici dei principali partiti politici – che leggono nel raid di ieri il tentativo israeliano di minare le basi dell’accordo di riconciliazione. In passato è successo frequentemente: interventi militari hnno posto fine al dialogo tra Hamas e Fatah. Per questo ieri erano unanimi i commenti, dagli islamisti alla sinistra del Fronte Popolare: si tratta di un crimine cordardo a cui rispondere uniti.