Nella rubrica del sabato raccontiamo la scomparsa del leader 55enne. Andiamo poi in Congo con una nuova ondata di contagi per ebola e in Camerun con la morte in carcere del giornalista Samuel Wazizi
di Federica Iezzi
Roma, 13 giugno 2020, Nena News
Burundi
In una dichiarazione pubblica, il governo del Burundi ha ufficialmente comunicato la morte del presidente uscente Pierre Nkurunziza, 55 anni. Nkurunziza sarebbe morto in un ospedale di Karuzi, nel Burundi orientale. Il governo ha prontamente dichiarato lutto nazionale per sette giorni.
Al potere dal 2005, Nkurunziza avrebbe dovuto essere sostituito in agosto dall’alleato politico Evariste Ndayishimiye che all’inizio del mese è stato dichiarato vincitore delle ultime elezioni presidenziali.
Nkurunziza è entrato al potere in seguito alla guerra civile del 1993-2005 che ha ucciso circa 300mila persone e che ha costretto alla fuga centinaia di migliaia di civili. Lui e Ndayishimiye hanno combattuto fianco a fianco come ribelli nel conflitto.
Il processo di pace, concluso con gli accordi di Arusha, aveva specificato che il mandato di un presidente poteva essere rinnovato una sola volta. Ma Nkurunziza, che ha vinto un secondo mandato nel 2010, ha annunciato di voler beneficiare di un terzo mandato nel 2015, in quanto non scelto per la prima volta a suffragio universale.
Il tumulto che seguì tale scelta si è inasprito con la decisione del governo burundese di lasciare la Corte Penale Internazionale, dopo le indagini su crimini perpetrati dallo Stato tra cui omicidio, stupro e tortura. L’ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha riferito di oltre 300 omicidi extragiudiziali ed è stato successivamente espulso dal Paese.
Inoltre, il mese scorso, il Burundi ha espulso il rappresentante dell’Organizzazione Mondiale della Sanità tra le critiche per la gestione legata alla pandemia da coronavirus.
Nkurunziza è sopravvissuto a un tentativo di colpo di Stato poco dopo il voto del 2015. E lascia un’eredità di spietata repressione.
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Repubblica Democratica del Congo
Funzionari sanitari della Repubblica Democratica del Congo hanno riferito la presenza di un nuovo focolaio di ebola nel nord-ovest del Paese. Il Ministro della sanità Eteni Longondo ha dichiarato la morte di già quattro persone, legate all’infezione dal virus ebola, in un distretto della città nord-occidentale di Mbandaka. L’Institut National de la Recherche Biomédicale, con sede a Kinshasa, ha confermato la positività per ebola dei campioni di Mbandaka.
La provincia di Equateur, la cui capitale è Mbandaka, è stata precedentemente colpita da un focolaio di ebola tra maggio e luglio 2018, in cui sono morte 33 persone. L’epidemia più recente nel nord-ovest della Repubblica Democratica del Congo è l’undicesima nel Paese da quando è stata caratterizzata la malattia per la prima volta nel 1976.
Ha già ucciso più di 2.200 persone da quando è emersa nella provincia orientale del Nord Kivu nell’agosto 2018, diffondendosi poi nella vicina provincia di Ituri.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato l’epidemia un’emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale nel luglio 2019, dopo che il virus altamente contagioso ha minacciato di diffondersi nella grande città di Goma e nei Paesi vicini.
La situazione è cambiata con il lancio di due vaccini prodotti da Merck e Johnson & Johnson, ancora in fase di studio clinico e non ancora autorizzati, per l’immunizzazione di più di 300mila persone.
Il Paese sta inoltre combattendo un aggressivo focolaio infettivo legato al virus SARS-CoV-2, con 4.515 positività e 98 decessi correlati.
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Camerun
Il giornalista camerunese Samuel Wazizi, arrestato lo scorso agosto per aver criticato la gestione del governo Biya nella rivolta separatista, è morto in detenzione, secondo quanto affermato da Reporter Senza Frontiere.
Wazizi lavorava per l’emittente indipendente CMTV (Chillen Muzik and TeleVision), con sede nelle regioni del sud-ovest, aree in cui i separatisti di minoranza inglese nel 2017 hanno lanciato una campagna armata per l’indipendenza.
Reporter Senza Frontiere chiede un’indagine approfondita e indipendente sull’accaduto per stabilire la catena di responsabilità, di porre fine al silenzio intollerabile attorno al caso e di restituire il corpo del giornalista alla sua famiglia.
Wazizi, qualche giorno dopo l’arresto, era stato trasferito da una stazione di polizia della città di Buea al quartier generale locale del 21° battaglione di fanteria motorizzata dell’esercito. Da quel momento in poi, né alla sua famiglia né ai suoi avvocati è stato permesso alcun contatto con lui, né è stata fornita alcuna informazione.
Giornalisti, personaggi della società civile e opposizione hanno moltiplicato sui social media l’hashtag #JusticeforWazizi. Il Camerun è attualmente al 134° posto su 180 Paesi nel World Press Freedom Index di Reporter Senza Frontiere del 2020.
Il conflitto nato dalla discriminazione di lunga data tra la minoranza di lingua inglese del Camerun da parte della maggioranza francofona ha causato oltre 3mila vittime e costretto a fuggire dalle proprie case quasi 700mila persone. Nena News
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