La nostra rubrica sul continente africano vi porta anche in Etiopia dove il conflitto nel Tigray, iniziato 7 mesi fa, ha fatto migliaia di vittime e sfollato 1,7 milioni di civili
di Federica Iezzi
Roma, 22 maggio 2021, Nena News
Africa subsahariana – Secondo l’ultimo report pubblicato dall’Internal Displacement Monitoring Center (IDMC) e dal Norwegian Refugee Council (NRC), conflitti, violenza e disastri naturali hanno costretto le popolazioni a fuggire all’interno dei propri Paese, muovendo il numero di Internally Displaced Persons a un livello record.
Ciò è avvenuto nonostante le rigide restrizioni al movimento imposte in tutto il mondo nel tentativo di fermare la diffusione del virus SARS-CoV-2. E’ l’Africa subsahariana l’area più colpita. Sono 55 milioni i civili che vivono nella condizione di sfollati interni. Più del doppio dei circa 26 milioni di persone che sono fuggite oltre confine come rifugiati.
Il rapporto ha rilevato che almeno tre quarti degli sfollati interni lo scorso anno sono state vittime di disastri naturali, legati a condizioni meteorologiche estreme. Cicloni intensi, calamità e inondazioni hanno colpito aree altamente esposte e densamente popolate.
E quasi 10 milioni sono i civili fuggiti da conflitti e violenze. La maggioranza dei quali oggi si trova in Repubblica Democratica del Congo ed in Etiopia. Il rapporto ha aggiunto che l’escalation della violenza e l’espansione dei gruppi armati in Etiopia, Mozambico e Burkina Faso hanno alimentato l’anno scorso alcune delle crisi di sfollamento in più rapida crescita nel mondo.
https://twitter.com/IDMC_Geneva/status/1395247899345362944?s=20
Etiopia
Giunto al settimo mese, si stima che il conflitto in Tigray abbia ucciso migliaia di persone e sfollato 1,7 milioni di civili, creando una disastrosa crisi umanitaria in una regione già povera.
Il primo ministro etiope Abiy Ahmed ha ordinato un’operazione militare di terra e aerea nel Tigray all’inizio di novembre 2020 dopo aver accusato l’allora partito al governo della regione, il Tigray People’s Liberation Front (TPLF), di aver attaccato campi dell’esercito federale, un’accusa respinta dai funzionari del partito stesso.
Abiy, le cui forze sono sostenute da truppe eritree e da combattenti della regione etiope dell’Amhara, ha dichiarato la vittoria alla fine di novembre, quando l’esercito è entrato nella capitale della regione, Mekelle.
Tuttavia, i combattimenti, così come violenze, massacri e stupri, non si sono mai arrestati. E’ alle porte della regione un’incombente carestia, con una conseguente malnutrizione ingravescente e diffusa. Questi i timori espressi dal direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus.
Negli ultimi sei mesi, le Nazioni Unite, le agenzie umanitarie e la comunità internazionale hanno ripetutamente chiesto il pieno accesso umanitario alla regione che ospita sei milioni di persone, di fronte ai crescenti timori di un conflitto prolungato con effetti devastanti sulla popolazione civile.
Secondo l’ultimo rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA), l’entità dell’insicurezza alimentare è devastante.
Mali
Il governo di transizione del Mali è pronto ad una amministrazione di grandi intese, tra le crescenti critiche alle autorità dominate dall’esercito, che hanno preso il potere in agosto rovesciando il presidente Ibrahim Boubacar Keita.
Il primo ministro Moctar Ouane è stato immediatamente riconfermato per avviare il processo, nonostante le sue recenti dimissioni.
Ouane era stato nominato primo ministro dopo che gli ufficiali militari hanno rimosso il presidente eletto Ibrahim Boubacar Keita, fortemente sotto pressione per la gestione dei disordini armati nel Paese del Sahel.
Sotto la minaccia di sanzioni internazionali, i militari hanno ceduto il potere a un governo provvisorio, che si è impegnato a riformare la Costituzione e a portare il Mali a regolari elezioni entro 18 mesi.
Il mese scorso, il governo ad interim del Mali ha annunciato che terrà un referendum costituzionale il 31 ottobre, a cui seguiranno le elezioni nel febbraio del prossimo anno.
Ma i conflitti e le controversie politiche nella nazione, patria di 19 milioni di persone, hanno lasciato alcuni dubbi sul fatto che le autorità si attengano al programma. Anche il mediatore della Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS) per il Mali, l’ex presidente nigeriano Goodluck Jonathan, appare preoccupato per la mancanza di pianificazione del ciclo di riforme.
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