La denuncia è del patriarca della chiesa ortodossa etiope Matthias. Dallo scorso novembre la regione settentrionale dell’Etiopia è insanguinata da un feroce conflitto tra l’esercito etiope e il Fronte Popolare di Liberazione del Tigray (Tplf)
di Federica Iezzi
Roma, 5 giugno 2021, Nena News –
Forte dichiarazione quella del patriarca della chiesa ortodossa etiope Abune Matthias, che ha parlato apertamente di genocidio nella regione settentrionale del Tigray, insanguinata da un feroce conflitto dallo scorso novembre.
A causa dei violenti scontri tra esercito etiope e Fronte Popolare di Liberazione del Tigray (TPLF), si contano più di due milioni di sfollati interni e migliaia di decessi.
Il governo etiope di Abiy Ahmed respinge duramente le denunce di crimini contro l’umanità, di violazioni diffuse e sistematiche a carico della popolazione del Tigray.
Gli attivisti per i diritti umani chiedono invece rapide risposte internazionali per fermare le atrocità ancora in corso, compreso l’intervento militare. Media etiopi hanno usato ripetutamente linguaggio dispregiativo e espressioni di odio nei confronti dell’etnia tigrina.
Non mancano segnalazioni di violenze etnicamente selettive nei confronti dei tigrini e restrizioni su viaggi, affari e residenza. Queste violazioni insieme a omicidi, stupri e fame, costruiscono l’entità di un genocidio.
Un chiaro riconoscimento da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, validerebbe una segnalazione alla Corte Penale Internazionale. Già chiare le obiezioni di Cina e Russia, che non riconoscono la fattispecie di genocidio nella regione del Tigray.
Il codice penale etiope risalente al 1957 proibisce il genocidio con un’importante variazione. Include ‘gruppi politici’ tra quelli protetti. Curiosità legale nata perché l’Etiopia ha utilizzato una delle prime bozze di Lemkin per la Convenzione delle Nazioni Unite sul genocidio, prima che l’Unione Sovietica insistesse sul fatto che i gruppi politici non dovevano essere inclusi.
Trent’anni fa, quando l’Etiopia ha processato i funzionari del regime militare deposto di Mengistu Haile Mariam, è stato invece deciso di utilizzare le accuse di genocidio per gli omicidi politici.
Particolare attenzione va anche data alla varietà di modi in cui la fame viene attualmente usata come arma di guerra, oppressione e punizione. Nazioni Unite, Stati Uniti e Regno Unito hanno espresso seria preoccupazione riguardo un’imminente carestia su vasta scala nel Tigray. Un totale di 5,2 milioni di persone nella regione, il 91% della sua intera popolazione, ha bisogno di aiuti alimentari di emergenza.
La grave situazione appare come il risultato di saccheggi, sfollamenti forzati, carenza di cibo, acqua e strutture sanitarie, stupri diffusi e ostruzione agli aiuti umanitari. Un rapporto interno del dipartimento di stato degli Stati Uniti redatto all’inizio di quest’anno parla di pulizia etnica nel Tigray occidentale.
In Etiopia è presente un’area grigia di violenza localizzata e mirata etnicamente, che coinvolge direttamente e indirettamente comunità diverse. Confini contestati tra regioni etnicamente definite e controversie sullo status delle minoranze all’interno di regioni dominate da altri gruppi, sono gli esempi più eclatanti. Violenze di questo tipo sono recentemente aumentate con etnie Oromo, Amharas, Somali e Gumuz.
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