Mercoledì e giovedì 12 e 13 febbraio al Teatro Ghirelli di Salerno la settima edizione della rassegna si dedicherà a cortometraggi e cibo tradizionale, con l’obiettivo di riaffermare l’identità culturale, sociale e politica della Palestina colonizzata
di Maria Rosaria Greco*
Salerno, 11 febbraio 2020, Nena News – Con “Cinema, hummus e falafel” prosegue la rassegna “Femminile palestinese”, quest’anno alla VII edizione. È una due giorni dedicata al cibo e al cinema palestinese che si terrà il 12 e 13 febbraio 2020, alle ore 19,00 al Teatro Ghirelli di Salerno.
Abbiamo iniziato con la mostra di design della comunicazione “Comunicare la Palestina, una narrazione diversa”, che rimane a Salerno fino all’11 marzo per poi andare a Milano presso la sede AIAP, l’Associazione Italiana Design della Comunicazione Visiva. Ora cambiamo registro, continuiamo la comunicazione con altre discipline e altre percezioni.
Cinema e cibo quindi sono protagonisti, e avremo con noi il giovane regista palestinese Hamdi Al Hroub, altri ospiti, ma prima di entrare nel merito è utile spiegare perché anche il cibo ha grande importanza in una narrazione diversa. Per noi infatti è un altro linguaggio fondamentale che racconta una appartenenza culturale.
Parliamo per esempio di hummus, uno dei piatti più antichi e diffusi in tutto il mondo arabo, è una salsa a base di pasta di ceci e pasta di semi di sesamo (tahina) aromatizzata con olio di oliva, aglio, succo di limone e paprica, semi di cumino in polvere e prezzemolo finemente tritato. Insieme all’hummus non possono mancare i falafel, altra preparazione tipica della tradizione araba, sono polpette fritte a base di ceci tritati con cipolla, aglio, prezzemolo e cumino.
Sono due piatti popolari, costano poco e sono ricchi di proteine, street food come tutte le preparazioni più povere, icone della tradizione araba e molto diffusi in Libano, Siria, Giordania, Palestina. In Palestina si trovano ovunque, li vendono gli ambulanti in ogni angolo. Puoi fare uno spuntino fantastico con pane arabo aperto in due, spalmato di hummus e imbottito con falafel e insalata mista. Per chi è attento alla dieta è bene sapere che hanno un basso contenuto di colesterolo.
Purtroppo accade da molti anni che questi piatti arabi (e altri come per esempio lo Za’atar) sono commercializzati in tutto il mondo come cibo “israeliano” e dichiarati da Israele piatti nazionali. Ora, per esempio, l’hummus, come moltissime preparazioni levantine, si fa con la tahina, cioè una crema che deriva dalla farina di sesamo e furono proprio gli arabi i primi a lavorarla. Il suo nome deriva dalla parola araba Tahin, che significa farina, perché sia la farina di sesamo che quella di grano si ottengono con la stessa procedura di macinazione dei chicchi.
Affermare che questi piatti non appartengono alla tradizione araba fa parte del progetto di colonizzazione della Palestina ormai in corso da decenni. È lo smantellamento dell’identità culturale collettiva di un popolo a cui viene sottratta sistematicamente la memoria, la terra, i diritti, la dignità, l’appartenenza culturale. Nessun palestinese deve sentirsi a casa propria in Palestina, nessun luogo è sicuro e neppure il cibo che, attraverso gli odori e i sapori, riporta alla memoria i propri avi, le proprie origini.
In questo modo Israele cerca di spezzare e annientare il rapporto vitale e naturale che esiste tra un popolo e la propria terra, una relazione ancestrale che genera l’identità in cui riconoscersi. Non solo, ma contemporaneamente, arroga a sé il diritto di appartenenza su tutto: terra, risorse, identità.
Quindi è interessante vedere come hummus e falafel diventano piatti nazionali di uno Stato in cui gli abitanti provengono negli ultimi decenni quasi interamente dall’Occidente, per cui i loro nonni certo non preparavano né hummus e né falafel, ma magari Barszcz (minestra di barbabietole), oppure kaša (polenta), o Soupe à l’Oignon (zuppa di cipolla), o ancora Wurst e Kartoffeln (wurstel e patate) o Currywurst (wurstel al curry).
Con “Cinema, hummus e falafel” vogliamo ricordare che hummus e falafel sono piacevolissimi piatti arabi e palestinesi. A conclusione, in entrambe le serate, dopo le proiezioni dei cortometraggi sulla Palestina, hummus e falafel per tutti, a cura del ristorante arabo Amir di Napoli
Ovviamente anche il linguaggio cinematografico ci permette di continuare un racconto diverso della Palestina. E lo faremo con la presenza di autori e protagonisti, con i quali proietteremo e parleremo dei cortometraggi in programma.
Innanzitutto la prima sera sarà con noi il regista palestinese Hamdi Al Hroub (Betlemme 1990), autore di “Mate Superb” (2013, Palestina – 12’58”), la storia di ragazzi palestinesi che fanno parkour, vietato a Gerusalemme da Israele, nel desiderio di riappropriarsi di una città occupata e a loro negata. Il parkour quindi diventa simbolo di libertà e di resistenza per superare barriere urbane e con esse tutti gli ostacoli di una occupazione opprimente.
Sempre il 12 febbraio, saranno presenti anche i registi Luca Taiuti e Marco Mario De Notaris, autori di “Omar” (2019, Italia – 24′) che racconta la vita di Omar Suleiman, esule palestinese da oltre 25 anni a Napoli, dove ha costruito il suo progetto di narrazione culturale fra teatro, lo storico caffè arabo di piazza Bellini e il ristorante Amir.
In entrambe le serate invece, oltre allo stesso Omar Suleiman, sarà con noi Luisa Morgantini, presidente di Assopace Palestina, già europarlamentare e da sempre impegnata nella tutela dei diritti umani e civili in Palestina. Con lei in particolare, il 13 febbraio, parleremo della Valle del Giordano con la proiezione e dibattito di “The fading valley” (2013, Palestina/Israele – 54′) della regista israeliana Irit Gal, che racconta il furto di acqua, di terra e della difficile vita dei villaggi beduini in estinzione perché senza acqua e senza elettricità. Il documentario coniuga lo splendido paesaggio della Valle del Giordano alla tragedia umana dei suoi abitanti senza diritti.
La settima edizione della rassegna Femminile palestinese prosegue al Teatro Antonio Ghirelli con altre iniziative per tutta la durata della mostra “Comunicare la Palestina”. Il progetto è promosso e sostenuto dal Centro di Produzione Teatrale Casa del Contemporaneo, con il partenariato di Accademia di Belle Arti di Napoli, AIAP, Università degli studi di Napoli l’Orientale, Comune di Salerno, Università degli studi di Salerno, Comunità palestinese Campania, Nena News Agency.
*Curatrice della rassegna Femminile palestinese