Al-Menei sarebbe stato ucciso in un raid dell’esercito, ma altre fonti parlano di un attacco di una milizia rivale. Da aprile Il Cairo considera ufficialmente il gruppo organizzazione terroristica.
dalla redazione
Roma, 23 maggio 2014, Nena News – Il leader del gruppo islamista e beduino Ansar Bait al Maqdis, Shadi al-Menei, è stato ucciso ieri notte in uno scontro a fuoco a Maghara, nella Penisola del Sinai dove la milizia è particolarmente attiva. L’organizzazione ha rivendicato negli ultimi mesi numerosi attacchi, uno dei più noti quello al bus di turisti sudcoreani fatto saltare in aria lo scorso febbraio.
Le forze militari egiziane hanno aperto il fuoco contro quattro uomini a bordo di un’auto, sospettati di voler compiere di lì a poco un attacco contro un gasdotto. Ma le notizie per ora non sono chiare: altre fonti affermano che al-Menei è stato ucciso da 15 miliziani di un gruppo rivale per vendetta. Secondo quanto riportato in un comunicato stampa dell’esercito pubblicato su Facebook, invece, i militari egiziani avrebbero compiuto un’operazione in cui hanno perso la vita sei miliziani. Nel comunicato non si fa il nome di al-Menei, ma diversi ufficiali dell’esercito hanno fatto sapere alla stampa che il leader del gruppo è stato ucciso.
Dopo la deposizione di Morsi da parte dell’esercito egiziano, il 3 luglio 2013, le proteste dei sostenitori islamisti non si sono mai fermate e sono state affiancate ad attentati terroristici e attacchi a basi e checkpoint militari da parte di gruppi armati di ispirazione qaedista. Tra questi il temibile Ansar Bait al Maqdis, creato nel 2011 dopo la caduta di Mubarak, accusato di aver provocato la morte di oltre 200 soldati e ufficiali egiziani: gruppo salafita di ispirazione qaedista, pur non avendo mai accettato la partecipazione della Fratellanza alle elezioni egiziane, avrebbe poi sostenuto il gruppo.
È attivo in Sinai, uno dei terreni caldi dello scontro tra Stato e milizie: a monte non solo la caduta di Morsi, quanto piuttosto le condizioni di vita nella Penisola, da sempre lasciata ai margini politici ed economici del Paese. Scarsissimi investimenti, infrastrutture insufficienti e dura repressione delle attività non legali portate avanti dalle comunità beduine, contrabbando in primis.
Ad aprile una corte del Cairo ha definito il gruppo organizzazione terroristica, dopo la petizione mossa dal parlamentare Ibrahim Mahlab nei confronti del presidente ad interim Adly Mansour. Nei giorni precedenti anche Gran Bretagna e Stati Uniti avevano aggiunto la milizia nella lista delle organizzazioni terroristiche internazionali.
La sola risposta alla sollevazione del Sinai è la forza: Il Cairo ha lanciato nei mesi scorsi campagne militari per “estirpare il terrorismo” e ridare sicurezza all’area e al Paese. Tra le politiche attuate, ci sono le dure restrizioni nei confronti della Striscia di Gaza: il nuovo governo egiziano accusa Hamas di sostenere militarmente e finanziariamente i gruppi islamisti attivi in Sinai, attraverso i tunnel sotterranei che collegano la Striscia all’Egitto. Come conseguenza, oltre 1.100 tunnel sono stati distrutti dall’esercito egiziano, il valico ufficiale di Rafah viene aperto sporadicamente e ai pescatori gazawi è impedito avvicinarsi alle acqua territoriali egiziane. Nena News