Nonostante il governo abbia criminalizzato le violenze sessuali per la prima volta la scorsa settimana, continuano le aggressioni contro le donne. L’ultima è avvenuta domenica notte durante le celebrazioni per la vittoria presidenziale di al-Sisi. Secondo le organizzazioni di difesa dei diritti della donna sono più di 250 i casi di stupri e aggressioni di gruppo registrati dal novembre 2012 al gennaio 2014.
della redazione
Roma, 10 giugno 2014, Nena News – Sta generando profondo sdegno in Egitto il video di una donna egiziana aggredita e denudata durante le celebrazioni per la vittoria presidenziale di Abdel Fattah al-Sisi. Nel filmato di due minuti una dozzina di uomini circonda la vittima sanguinante e nuda – identificata successivamente dalla polizia come una studentessa diciannovenne – mentre un ufficiale di polizia prova ad intervenire agitando in aria una pistola.
Al momento sono sette le persone arrestate per aver preso parte all’aggressione. I gruppi di difesa dei diritti delle donne, però, denunciano altri cinque casi avvenuti a Piazza Tahrir quella sera e accusano il governo di non fare abbastanza per fermare l’allarmante fenomeno delle violenze sulle donne. Secondo 29 gruppi femministi “sono stati documentati più di 250 casi di stupri di massa e aggressione sessuale di massa” dal novembre 2012 al gennaio 2014. “Combattere questo fenomeno – continuano le organizzazioni – presuppone una strategia nazionale di più ampio respiro”.
Nei quattro giorni di proteste della scorsa estate contro il presidente Morsi, le attiviste hanno documentato almeno 169 casi di violenze, 80 dei quali sono avvenuti in un’unica giornata. Secondo i gruppi di difesa dei diritti della donna, le aggressioni partono da un piccolo gruppo di uomini a cui si aggiungono velocemente molti altri uomini.
Ma le violenze sulle donne non avvengono solo durante i raduni politici, ma si verificano anche durante i concerti musicali e durante le celebrazioni della fine del Ramadan. Diversi casi di molestie e stupri sono stati registrati anche durante le feste per la vittoria della Coppa d’Africa di calcio nel 2008. “Il problema di [piazza, ndr] Tahrir è che ora ha la reputazione di essere un posto dove le aggressioni accadono” ha detto Eba’a el-Tamami, portavoce di HarassMap, organizzazione che lavora per contrastare il fenomeno delle molestie sessuali in Egitto.
Nei precedenti raduni a Tahrir, Opantish (Operation Anti-Sexual Harassment), “Le guardie del corpo di Tahrir” e altri gruppi femministi avevano in piazza squadre in difesa delle vittime, ma ora questi gruppi temono di essere considerati gruppi di dissidenti armati. Ecco perché domenica non erano presenti nelle strade del Cairo. Secondo Soraya Bahjat – in passato leader delle Guardie del corpo di Tahrir- in Egitto “c’è bisogno della presenza di unità di polizia specifiche e addestrate ad intervenire contro le aggressioni sessuali”.
Un sondaggio dell’Onu dello scorso aprile ha evidenziato che quasi tutte le donne egiziane sono aggredite a prescindere dagli abiti che indossano. Il 99,3% delle donne egiziane ha affermato di essere stata molestata sessualmente. Il 91% ha detto di non sentirsi sicura quando cammina per le strade.
Durante le sue interviste televisive in campagna elettorale, Sisi ha omaggiato in più di una circostanza le donne. Ma secondo alcuni osservatori il linguaggio utilizzato dal neo-presidente è “paternalistico” perché ha definito le donne la “voce calma, leggera e razionale nella casa”.
La scorsa settimana l’Egitto ha criminalizzato le molestie sessuali per la prima volta. Una decisione commentata da molte attiviste come il primo passo verso la soluzione del problema. Il Presidente uscente, Adly Mansour, ha emesso un decreto secondo il quale la molestia sessuale è un crimine punibile con un minimo di sei mesi di prigione e una multa di 3.000 lire egiziane. Le pene sono superiori per chi è recidivo.
Ma secondo Eba’a Tamimi di HarassMap “il più grande problema è quello culturale: la società non avverte [l’aggressione sessuale, ndr] come un crimine. Il poliziotto tende di solito a simpatizzare con l’aggressore o è addirittura lui stesso l’autore della violenza. Anche quando una donna va a denunciare il crimine subìto in una centrale di polizia, incontra le resistenze dei poliziotti che normalmente la invitano a desistere e a non denunciare il caso”. Nena News