L’attivista di sinistra egiziano-palestinese, ex consulente di Arafat e fondatore del partito El-Dustour, è stato arrestato al Cairo due mesi fa, con l’accusa di terrorismo. Oggi la famiglia prova ad accendere l’attenzione sul suo caso e ne chiede l’immediato rilascio
Traduzione dell’appello a cura di Pino Dragoni/Nena News
Roma, 22 agosto 2019, Nena News – Ramy Shaath è un attivista egiziano-palestinese di primo piano, arrestato al Cairo più di un mese fa. Figlio di un ex ministro palestinese, è stato consulente per Arafat e poi ha scelto la strada dei movimenti dal basso, prima partecipando alla rivoluzione egiziana del 2011 poi contribuendo al lancio della campagna Bds Egitto. Incriminato in un processo che vede coinvolti altri attivisti laici e di sinistra con l’accusa di far parte di un gruppo terroristico, paga oggi la sua netta presa di posizione pubblica contro “l’accordo del secolo” di Trump. La famiglia oggi diffonde un appello che ne chiede l’immediato rilascio.
Ramy Shaath è un politico egiziano-palestinese di 48 anni. È il figlio di Nabil Shaath, ex vice primo ministro palestinese, ex ministro della Cooperazione internazionale, ex primo ministro ad interim, e attualmente consulente per gli Affari esteri del presidente Mahmoud Abbas.
Ramy è stato arrestato alle 00.45 di venerdì 5 luglio nella sua casa al Cairo dopo che almeno una dozzina di agenti di sicurezza pesantemente armati hanno fatto irruzione per perquisire l’abitazione senza mostrare alcuna autorizzazione. Durante l’assalto Ramy ha chiesto più volte ai due ufficiali in borghese a capo dell’operazione quali fossero le ragioni della loro presenza e se questa implicasse il suo arresto, ma nessuno degli ufficiali ha risposto o ha fornito alcun documento che autorizzasse le loro azioni.
Durante la perquisizione gli agenti hanno sequestrato computer, hard disk e telefoni cellulari. La moglie di Ramy, una cittadina francese residente in Egitto da oltre 7 anni, era presente al momento del suo arresto. È stata deportata arbitrariamente con la forza da questi agenti di sicurezza, che si sono rifiutati di fornire motivazioni e di lasciarle contattare il suo consolato, nonostante lei fosse ufficialmente sotto la sua protezione.
La conseguente sparizione di Ramy è stata denunciata dai familiari e dagli avvocati presso la stazione di polizia nella mattina di venerdì. Sabato 6 luglio, 36 ore dopo, Ramy è finalmente comparso davanti alla Procura della Sicurezza nazionale.
Anche se non gli era stato concesso di contattare il proprio avvocato o la famiglia, un legale che si trovata in quel momento presso la procura è stato autorizzato a presenziare all’interrogatorio di Ramy con il procuratore e assicurarsi che non fosse stato maltrattato. Poi abbiamo scoperto che Ramy era stato aggiunto alla lista di indagati di un altro fascicolo noto come “il caso Speranza” e accusato di “aiutare un gruppo terrorista”.
Nato nel 1971 a Beirut, Ramy è tornato al Cairo con la sua famiglia nel 1977 all’inizio della guerra civile libanese. Questi eventi lo hanno fortemente influenzato e lui ha dedicato tutta la sua vita alla difesa dei diritti dei palestinesi e alla libertà e la giustizia nella regione, sulla base della sua convinzione i diritti umani vadano difesi per tutti senza distinzione.
Ramy si è laureato nel 1995 al King’s College di Londra e ha ricevuto una borsa di studio Chevening dal British Council. È stato consulente politico e strategico dell’ex presidente palestinese Yasser Arafat. Dal Cairo ha giocato un ruolo attivo nei negoziati per la creazione di uno stato palestinese indipendente; dopo il fallimento dei negoziati si è ritirato dalla politica a fine anni ’90.
Molto tempo dopo, nel 2010, quando cresceva in Egitto un movimento per la democrazia e la giustizia sociale, Ramy si è unito alla coalizione di attivisti che ha guidato la rivolta popolare che ha portato alla cacciata del presidente Mubarak nel febbraio 2011. Negli anni successivi ha contribuito a fondare diversi partiti, movimenti e coalizioni che hanno giocato un ruolo attivo nella transizione democratica del paese, tra cui il partito El-Dostour, di cui è stato segretario generale prima della sua creazione ufficiale.
Nel 2015 è stato tra i fondatori e coordinatore del movimento Bds in Egitto, una coalizione nazionale lanciata da più di dieci partiti, unioni studentesche, sindacati, ong e figure pubbliche in difesa del diritto dei palestinesi all’autodeterminazione.
Proprio prima del suo arresto, Ramy aveva espresso molto nettamente la sua opposizione all’“Accordo del secolo” e a qualsiasi partecipazione egiziana alla conferenza in Bahrein. Oggi Ramy è detenuto a causa delle sue attività politiche legittime e pacifiche e imputato in un processo penale senza alcuna prova a suo carico, tranne alcune “scoperte” della polizia che né lui né i suoi avvocati hanno potuto visionare.
La Sicurezza di Stato egiziana ha perseguitato Ramy per molti anni a causa delle sue posizioni pubbliche contro tutte le forme di oppressione politica in Egitto e per la sua difesa dei diritti dei palestinesi contro l’occupazione e l’apartheid israeliani. Ad esempio nell’aprile 2012 le autorità egiziane si sono rifiutate di rinnovare il suo passaporto sostenendo che fosse cittadino palestinese e non egiziano. A marzo del 2013 Ramy ha vinto la causa contro questa decisione e ha ottenuto nuovamente il suo passaporto. Ma nel 2018 lo stato ha fatto appello contro quel verdetto tentando nuovamente di negare a Ramy la sua nazionalità.
Dal momento del suo arresto Ramy è detenuto nel carcere di Torah. Ha passato il primo mese di detenzione in una cella di circa 30 metri quadri insieme ad altre 30 persone, alcune delle quali affette da malattie. Non c’era nessuno spazio per stendersi e non era concesso nessuna attività fisica all’esterno.
La sua famiglia è molto preoccupata da queste dure condizioni, soprattutto considerato che Ramy soffre di colesterolo alto, che richiede attività fisica regolare, una dieta sana e cure farmacologiche. Nella prima settimana di agosto è stato trasferito in una cella leggermente migliore, con meno persone, e gli è stata concessa ogni giorno un’ora all’esterno, ma la sua famiglia e i suoi amici rimangono molto preoccupati.
I suoi parenti (che sono riusciti a visitarlo una volta a settimana per 20 minuti) hanno tentato di ottenere il suo rilascio dalle autorità egiziane, data innanzitutto l’assenza di basi giuridiche o prove che giustifichino il suo arresto. Ma nonostante le garanzie date ai negoziatori che Ramy sarebbe stato rilasciato, la sua detenzione preventiva è stata da allora costantemente rinnovata.
Oggi chiediamo il rilascio immediato di Ramy, vista l’assenza di accuse fondate e prove contro di lui, e chiediamo che sua moglie possa tornare al Cairo il più presto possibile, per sostenere il marito e perché la capitale egiziana è il suo luogo di residenza oltre che di lavoro.
Fino al rilascio di Ramy riterremo le autorità egiziane responsabili della sua incolumità personale. Inoltre respingiamo ogni tentativo di infangare la reputazione di Ramy e della sua famiglia sui mezzi di informazione diffondendo false accuse contro di lui riguardo il suo sostegno o partecipazione a gruppi terroristici.
ho condiviso ed ora sono in egitto, domani al cairo
vedo se vedo altri appelli