Centinaia di donne egiziane si raccontano sui social network in una nuova campagna contro molestie e violenze sessuali
di Rosa Schiano
Roma, 27 aprile 2017, Nena News – (prima parte qui)
Le violenze a piazza Tahrir nel post rivoluzione. La portata del problema della violenza sessuale in Egitto è venuta alla luce negli anni successivi alla sollevazione popolare del 2011 che ha rovesciato Hosni Mubarak, quando stupri di massa e violenze sessuali avvenivano nel corso di diverse manifestazioni. Da allora, gli sforzi comuni della società civile per combattere il fenomeno hanno incoraggiato le donne ad esporsi, nonostante l’insistenza di un ampio settore della società ne negasse l’esistenza.
Dopo la rivoluzione del 2011 e il picco nelle molestie, la questione è diventata una delle battaglie più dure condotte dalle donne egiziane.Il rapporto delle Nazioni Unite nell’aprile 2013 “Study on Ways and Methods to Eliminate Sexual Harassment in Egypt” indicava le molestie sessuali come un fenomeno endemico in Egitto, rivelando che il 99.3% delle donne egiziane aveva affermato di aver subito molestie e violenze sessuali – di esse solo il 6.6 % avevano chiesto aiuto alla polizia – mentre il 51.6 % degli uomini egiziani avevano ammesso di aver compiuto molestie. Lo studio aveva inoltre messo alla luce che i casipiù frequenti avvenivano nei pressi delle università, delle scuole, mercati e centri commerciali, sui mezzi di trasporto e nelle stazioni della metropolitana.
Se da un lato si può dire che la battaglia contro la violenza sessuale in Egitto abbia fatto passi in avanti negli ultimi anni, soprattutto rispetto al riconoscimento della diffusione del problema e alla maggiore solidarietà verso le vittime, da un altro lato, in assenza di ulteriori dati, è difficile dire se ci sia stato un corrispondente calo di molestie dalla pubblicazione di quel rapporto delle Nazioni Unite. Negli anni precedenti la rivoluzione del 2011, la società era per lo più indifferente alla questione – raccontano operatori – e persino organizzazioni della società civile e attivisti erano restii a sostenere le proprie compagne che sollevavano il tema.
Quando la violenza sessuale di gruppo si è manifestata con la sua brutalità durante le affollate proteste di piazza Tahrir negli anni che seguono il 25 gennaio, il silenzio si è rotto e la reazione pubblica è stata molto più solidale nei confronti delle vittime. Attività di gruppi egiziani come OpAntiSH sono state di grande importanzacome l’andare in strada a protestare e intervenire per evitare stupri e aggressioni, dare alle vittime aiuto medico, legale e psicologico, sensibilizzare e documentare. Alle brutali violenze è coinciso un impegno sociale sulla questione senza precedenti, a cui si sono aggiunti dibattiti sui media mainstream.
Secondo attivisti, il periodo inaugurato dalla rivoluzione se da una parte ha visto un incremento nelle aggressioni da un altro ha visto un passo in avanti nel modo in cui queste sono state viste dalla società. Il fatto che per la prima volta le donne ne abbiano parlato in pubblico sarebbe una scelta connessa al momento storico.
In un documento pubblicato nel febbraio 2013, l’organizzazione egiziana Nazra for Feminist Studies sottolineò quanto le violenze non fossero eccezionali ma parte di un problema più ampio: “Mentre riconosciamo la natura politica dei crimini nell’area di Tahrir, non possiamo separare ciò dalle molestie che le donne subiscono nella sfera pubblicain Egitto”. L’organizzazione denunciò che ai crimini sessuali, maggiormente brutali durante le manifestazioni di fine novembre 2012, nel corso delle quali furono documentati stupri di gruppo in piazza e nelle strade circostanti, seguirono flebili condanne e disinteresse da parte dei partiti politici e che tale clima di negazione e collusione ne favorì la prosecuzione durante le manifestazioni che hanno segnato il secondo anniversario della rivoluzione, iniziate il 25 gennaio 2013.
Ad esserne colpite furono donne indipendentemente dalla loro affiliazione politica, la maggior parte di esse erano manifestanti, volontarie con gruppi anti molestie o donne che per caso passavano per la piazza. Nazra sottolineava che le donne egiziane avevano preso parte alla rivoluzione, che erano state pubblicamente attive negli ultimi decenni e che il prezzo di questa partecipazione erano stati i costanti tentativi di esclusione dallo spazio pubblico da parte di forze sociali o movimenti politici reazionari. Secondo l’organizzazione, lo sminuimento del problema e la connivenza sociale con le molestie ne aveva incoraggiatol’aumento fino ad un livello estremo.
La legge. Agli inizi di gennaio di quest’anno il parlamento egiziano ha approvato pene più severe per chi compie reati sessuali, raddoppiando la pena minima ad un anno (precedentemente era di sei mesi), aumentando la sanzione da un massimo di 5.000 pounds egiziani (circa 253euro) ad un massimo di 10.000 pounds (circa 507 euro) e raddoppiando la pena in caso di recidiva. La legge va a emendare l’articolo 306 del Codice Penale egiziano. Un emendamento ha riguardato anche gli abusi sui minori, dove le pene detentive sono state inasprite a tre anni di carcere e sanzioni trai 20.000 e i 50.000 pounds.
Una prova del cambiamentosociale avvenuto negli ultimi anni può essere vista, secondo attivisti, nell’uso del termine “molestia” da parte delle autorità, così come in azioni quali l’apertura di una unità anti violenza nel campus dell’Università del Cairo nel 2015, la marcia nel 2016 contro le molestie, la maggiore volontà delle donne di raccontare esperienze e altre questioni femminili in pubblico ma il sistema dovrebbe essere migliorato garantendo, ad esempio, l’anonimato per chi denuncia i reati.
Se il tema delle molestie è entrato nel dibattito pubblico nei media mainstream, non sarebbe ancora così per quello dello stupro, la cui discussione resta limitata così come quella sulla violenza sessuale che avviene nella sfera privata. Il mese scorso il centro egiziano per i diritti delle donne (ECWR) ha riportato che i crimini legati alla violenza sulle donne, in particolare la violenza domestica, di tipo psicologico, fisico o sessuale, sono aumentati in modo allarmante. Nel mese di novembre, il centro aveva lanciato una campagna dal nome “Be Aware&Speak Up” (“Sii consapevole e alza la voce”) al fine di combattere la violenza, incoraggiare le donne a denunciare abusi e chiedere giustizia.
Le iniziative della società civile. Sono diverse le associazioni locali attive, come l’organizzazione HarassMap che, oltre a delineare una mappa delle aree dove il fenomeno delle molestie è più diffuso, fornisce una piattaforma alle vittime di abusi, permette loro di denunciare in maniera anonima la violenza sessuale ed è presente nei campus universitari organizzando seminari e sensibilizzando studenti. Fondata nel 2010, HarassMap si pone la missione di impegnare la società egiziana a creare un ambiente che non tolleri le molestie sessuali. Nel mese di dicembre l’università del Cairo ha ospitato un bike rally, una iniziativa che è rientrata in una campagna di sedici giorni per la sensibilizzazione contro le molestie sessuali.
“Il tuo silenzio è molestia” è invece il nome di una recente campagna fotografica contro il silenzio. Lanciata da tre donne, ha adottato un approccio nuovo, puntando il dito sui passanti che non intervengono quando una donna viene molestata: una sequenza di foto descrive la lotta quotidiana delle donne egiziane nelle strade cittadine, a bordo del trasporto pubblico, nei mercati, nei luoghi di lavoro con l’obiettivo di svegliare un senso di responsabilità collettiva.
Il progetto mette in scena situazioni di molestie, mentre un passante assiste in silenzio con la bocca chiusa da un nastro nero. Le donne si sentono così doppiamente vittime della molestia e del silenzio. Vittime ritratte sono donne con il velo esenza velo, per affermare che non è l’abbigliamento a provocare la molestia. Tra le ideatrici della campagna, l’attrice Nourhan Mohamed, che con altre colleghe ha scelto di utilizzare l’arte per lottare contro problemi sociali con particolare attenzione alle questioni femminili. Nena News
Rosa Schiano è su Twitter: @rosa_schiano