Amnesty International denuncia la vendita di armi all’Egitto da parte di numerosi Paesi europei nonostante la sospensione (non vincolante) firmata nel 2013 dopo il massacro di Rabaa e le gravi violazioni dei diritti umani in atto
di Francesca La Bella
Roma, 27 maggio 2016, Nena News- Il 14 agosto 2013 l’Egitto fu teatro di uno dei più cruenti massacri della storia recente egiziana in piazza Rabaa al-Adawiya al Cairo. Dopo 40 giorni di occupazione della piazza da parte dei sostenitori della Fratellanza Musulmana e del deposto Presidente Mohamed Morsi, le forze armate governative sgomberarono l’area sparando sulla folla con un computo finale di centinaia di morti (600 secondo il Ministero della Salute egiziano, tra 800 e 1000 secondo Human Rights Watch, 2600 secondo la National Alliance for the Defense of Legitimacy, coalizione a sostegno di Morsi). L’evento smosse le coscienze dell’opinione pubblica mondiale rendendo evidente la violenza dilagante nel Paese a seguito del colpo di Stato del Generale Al Sisi.
In risposta a questi eventi, il 21 agosto 2013, il Consiglio degli Affari Esteri dell’Unione Europea, prese posizione, affermando che l’uso della forza da parte delle forze di sicurezza egiziane era da considerare sproporzionato e che alcune azioni dovevano essere messe in atto per tutelare il rispetto dei diritti umani della popolazione egiziana e la transizione verso la democrazia. Per questo motivo gli Stati membri dell’UE concordarono di: sospendere le licenze per l’esportazione verso l’Egitto di qualsiasi attrezzatura che avrebbe potuto essere utilizzata per la repressione interna; rivalutare i titoli di esportazione di attrezzature militari e di rivedere la politica di assistenza nel campo della sicurezza verso l’Egitto.
Il report di Amnesty International di denuncia della vendita di armi da parte di 12 membri dell’Unione Europea (Italia, Germania, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Bulgaria, Cipro, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria) all’Egitto in violazione all’impegno preso in sede europea farebbe riferimento proprio a questa decisione del Consiglio. Secondo l’organizzazione internazionale “Solo nel 2014, gli stati dell’Unione Europea hanno emesso 290 autorizzazioni all’esportazione di forniture militari all’Egitto, per un valore di oltre sei miliardi di euro, tra cui piccole armi, armi leggere e relative munizioni, veicoli blindati, elicotteri, armi pesanti per operazioni anti-terrorismo e tecnologia per la sorveglianza”.
Per quanto riguarda l’Italia, ad esempio, secondo i dati istat sulle esportazioni estere analizzati dall’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa (OPAL) le esportazioni italiane verso l’Egitto per il 2014 sarebbero state pari a 25 milioni di euro e buona parte dei prodotti esportati sarebbero state armi leggere utilizzate per la sicurezza interna.
Nonostante un contesto di progressivo deterioramento delle condizioni di tutela delle libertà individuali e di crescente utilizzo dell’uso della forza contro dissidenti ed oppositori politici, le misure di controllo delle esportazioni da parte europea sarebbero diventate sempre più labili permettendo al Governo egiziano di registrare, nel periodo 2011-2015 rispetto al 2006-2010, un aumento del 37% nei trasferimenti di armi in ingresso. Per quanto un ruolo significativo in questa crescita sia da imputare alla riapertura del canale di vendita statunitense, secondo il Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), think thank svedese, di fondamentale importanza risulterebbero essere gli accordi di scambio siglati con Francia e Germania.
L’istituto svedese avrebbe anche sottolineato come l’inconsistenza delle misure di sospensione fosse già insita nello stesso accordo del 2013. In contrasto con la maggior parte delle altre misure restrittive dell’UE relative alla esportazione di armi il Consiglio non avrebbe, infatti, emesso una decisione o un regolamento, ma avrebbe espresso solo un generale impegno politico. In mancanza di definizioni temporali, presenti invece per il congelamento degli asset degli ex membri del Governo Mubarak votata nel 2011 e valida fino al marzo 2017, o di una chiara definizione di “sospensione” e di “apparecchiature per la repressione interna”, la decisione del Consiglio, fin dalla sua proclamazione, sarebbe, così, rimasta una vaga dichiarazione di intenti priva di strumenti per essere resa vincolante.
Le violazioni non si limiterebbero, però, alla sola decisione del Consiglio, ma anche all’Arms Trade Treaty (ATT). Oltre ad impedire la vendita a Paesi sottoposti ad embargo, il trattato, infatti, sistematizza i diversi casi in cui è vietato il commercio di armi: violazione del diritto umanitario, violazione delle Convenzioni di Ginevra, terrorismo, genocidio. L’ATT considererebbe, inoltre, ostativo al commercio di armi per i soggetti firmatari la violazione da parte del soggetto ricevente delle norme internazionali sulla tutela dei diritti umani. Per quanto non esista un embargo vincolante sulla vendita di armi all’Egitto, i numerosi report di agenzie internazionali e le stesse risoluzioni del Parlamento Europeo dovrebbero, dunque, secondo Amnesty International indurre a valutare la possibilità di commercializzazione delle armi con l’Egitto in base alle normative del Trattato.
Anche il Parlamento Europeo, chiamato ad esprimersi in merito all’omicidio del ricercatore italiano Giulio Regeni, nella seduta del 10 marzo 2016, ha espresso la propria preoccupazione per l’evoluzione del contesto egiziano ribadendo il necessario impegno europeo ad implementare le previsioni degli atti del Consiglio. Nella risoluzione 2016/2608, il Parlamento Europeo descrive, infatti, un contesto di gravi violazioni dei diritti umani in Egitto: limitazioni alla libertà di stampa e di espressione; detenzioni arbitrarie; sparizioni forzate; tortura. Alla luce di questo contesto il Parlamento invita gli Stati membri ad aderire alle previsioni del Consiglio per quanto riguarda l’esportazione di attrezzature e tecnologia militare per la sicurezza. Aggiunge inoltre la necessità di “sospensione dell’esportazione di attrezzature di sorveglianza qualora ci sia evidenza dell’utilizzo delle stesse per la violazione di diritti umani”.
Anche in questo caso, però, non si tratta di un impegno vincolante e l’accordo tra Francia ed Egitto per la fornitura di armi per un valore stimato di un miliardo di euro firmato a metà aprile è l’ennesima prova della mancanza di volontà dell’Europa di prendere le distanze da Al Sisi e dal suo Governo. Nena News