Il reporter investigativo, esperto della penisola del Sinai, aveva appena pubblicato un articolo sull’infiltrazione di alcuni elementi dello Stato islamico nell’esercito di stanza nel Delta del Nilo. E’ accusato di affiliazione ai Fratelli Musulmani, come centinaia di altri prigionieri politici già condannati a morte
della redazione
Roma, 10 dicembre 2015, Nena News - Nei confronti delle critiche, la Giunta militare che governa l’Egitto non transige. Ed ecco che a sole tre settimane dall’arresto di Hossam Bahgat, noto giornalista investigativo e attivista per i diritti umani, le autorità del Cairo hanno aggiunto un’altra tacca alla loro lista di “pericolosi criminali”: Ismail Iskandarani, reporter 32enne collaboratore del portale Noon Post e di vari think tank internazionali, oltre che ricercatore presso il Centro egiziano per i diritti economici e sociali.
Giornalista investigativo esperto di Sinai, come rende noto il portale Middle East Eye, Iskandarani è stato arrestato dieci giorni fa all’aeroporto di Hurghada al rientro da un soggiorno di sei mesi presso il Woodrow Wilson International Center for Scholars, dal quale aveva ricevuto una borsa di studio. Accusato di aver “diffuso notizie false” e di essere “affiliato ai Fratelli Musulmani”, Iskandarani è stato condotto nel carcere di Tora, dove languono centinaia di prigionieri politici. Proprio lui, che non ha mai nascosto il suo criticismo nei confronti della Fratellanza.
La sua famiglia, sentita da Middle East Eye, crede piuttosto che le accuse contro di lui siano state fabbricate ad hoc per via dei suoi articoli, incentrati sulle controverse operazioni militari della Giunta nella penisola del Sinai. Una sorta di no man’s land tagliata fuori dal resto del paese, di cui si sa poco e niente a parte le notizie di attacchi terroristici e che, dalla sua restituzione all’Egitto a seguito della guerra con Israele del 1973, è diventato un territorio di caccia esclusivo dell’esercito del Cairo.
Evidente, a tal proposito, è un suo articolo pubblicato lo scorso 14 novembre, nel quale Iskandarani rivelava l’infiltrazione di alcuni elementi dell’Isis tra i ranghi dell’esercito egiziano, e il loro tentativo di condurre un’operazione nella provincia di Dumyat volta a compromettere il controllo del Cairo sulle navi della Marina di stanza nel Delta del Nilo. Ma c’è dell’altro.
In un rapporto pubblicato lo scorso anno dal titolo “La guerra nel Sinai: una battaglia contro il terrorismo o il terrorismo coltivato per il futuro?”, Iskandarani sollevava seri dubbi sull’efficacia delle operazioni militari egiziane nella penisola e denunciava i metodi del Cairo poco riguardevoli nei confronti della popolazione locale, da sempre dimenticata dalle autorità centrali. Il giornalista aveva quindi esposto questi suoi punti di vista lo scorso ottobre nell’ambito di una conferenza sul terrorismo islamico organizzata a Berlino dal Consiglio tedesco per gli Affari Esteri.
Secondo alcuni reporter che hanno partecipato alla conferenza, l’ambasciata egiziana a Berlino avrebbe fatto numerose pressioni per indurli a rinunciare alla partecipazione. Alcuni di loro, si legge su Middle East Eye, sarebbero addirittura stati minacciati di arresto una volta rientrati in Egitto. Inoltre, alla conferenza sarebbero stati presenti alcuni membri dei Fratelli Musulmani, cosa che, secondo la moglie di Iskandarani, avrebbe favorito le accuse rivolte al marito di connivenza con il movimento messo fuorilegge nell’autunno del 2013.
Non è ancora chiaro come procederà la “giustizia” egiziana nei confronti di Iskandarani, ma appare sempre più chiaro il tentativo del presidente golpista Abdel Fattah al-Sisi di silenziare qualsiasi voce di dissenso nei suoi confronti. Particolarmente delicate, stando agli ultimi arresti, sarebbero le questioni riguardanti la sicurezza stessa dello Stato e le faglie all’interno dell’esercito, un punto su cui Sisi ha insistito molto in campagna elettorale e nei suoi rapporti con l’estero, quasi a volersi spacciare per guardiano del Nord Africa contro il terrorismo.
Intanto, cresce il numero dei giornalisti detenuti nelle carceri del paese. Secondo quanto rivelato dal quotidiano the Egypt Independent, ad oggi sarebbero almeno 32. Oltre alle centinaia, tra attivisti e sostenitori dei Fratelli Musulmani, colpevoli di essersi espressi contro i metodi autoritari del nuovo regime e di aver manifestato contro il colpo di stato che ha deposto il presidente eletto Mohamed Morsi il 3 luglio 2013. Nena News