Alla Biennale di Venezia le collezioni della Fondazione Araba per l’Immagine (Aif). La sua missione è coniugare pratiche artistiche e conservazione della fotografia, per un racconto visivo che dalla metà del XIX secolo fino ai giorni nostri si propone come alternativa allo sguardo orientalista.

Body/Image Workshop: collaboration between AIF and experimental dancer, Alia Hamdan In occasion of Le Mois de la Francophonie at Institut Francais du Liban. March 2015.
di Sabrina Bombassei Vittor
Roma, 4 maggio 2015, Nena News - Per quanti si trovano nella capitale libanese, la Fondazione Araba per l’Immagine – Aif offre ora una ragione in più per scoprire i suoi spazi – a Gemmayzeh, uno dei quartieri vibranti di Beirut – ospitando una delle venues della mostra “Space Between Our Fingers”, curata da Rachel Dedman e sostenuta da Apexart-nyc.
In mostra fino al 30 maggio, Space Between Our Fingers indaga, “intessendo una conversazione tra diverse location della costellazione beirutina”, spiega la curatrice, le idee politiche e sociali che circoscrivono l’altrove e la dimensione fantascientifica per diversi artisti del Medio Oriente: Jananne al-Ani, Fayçal Baghriche, Ali Cherri, Ala Ebtekar, Joana Hadjithomas e Khalil Joreige, Assad Jradi, Mehreen Murtaza, Larissa Sansour.
È in questa cornice ideale che la Fondazione Araba per l’Immagine catalizza il dialogo tra il proprio archivio fotografico di lanci di razzi spaziali libanesi (della collezione Assad Jradi) e il murale Elective Purification di Fayçal Baghriche, ispirato alle enciclopedie per bambini di immagini delle bandiere del mondo ma volto a decostruire le nozioni di frontiera e di limite immaginando sulla terra un regno politico che assuma le forme democratiche di una costellazione “aperta” nello spazio.

Assad Jradi, Launch of the fourth Lebanese rocket, Dbayeh, Lebanon, November 21, 1963, Collection AIF/Assad Jradi, Courtesy of the Arab Image Foundation
Questa proposta sintetizza esemplarmente quelli che ne sono i tratti distintivi e l’originalità dell’Aif, cioè la volontà di coniugare pratiche artistiche e interessi di ricerca dei propri membri (attualmente 12 tra artisti e professionisti provenienti da Libano, Siria, Palestina, Egitto e Armenia, tra cui il co-fondatore e artista Akram Zaatari) con gli obiettivi di raccolta, conservazione e studio del patrimonio fotografico e di altri materiali visivi provenienti da Medio Oriente, Nord Africa e diaspora araba. Creata a Beirut nel fermento del dopoguerra in cui vedono la luce anche il Beirut Art Center e Ashkal Alwan, l’Aif inizia a documentare e diffondere le pratiche fotografiche autoctone – superando quota 600 mila fotografie, datate da metà XIX secolo ai nostri giorni, in gran parte già digitalizzate e che saranno fruibili online su una nuova piattaforma entro il 2016 – offrendo un’alternativa alla ben più nota fotografia orientalista.
Oggi l’Aif è un punto di riferimento in tutta la regione per quanto concerne gli standard di conservazione e catalogazione del materiale, organizzando numerosi workshop per professionisti dell’area mediorientale. Si iscrivono in questa logica di cooperazione transnazionale anche due ambiziosi progetti di cui la Fondazione è tra i partner capofila: il Modern Heritage Observatory (MoHO), volto a promuovere la conservazione dell’eredità culturale moderna (cinema, fotografia, architettura, musica) mediorientale e nordafricana; e il Middle East Photograph Preservation Initiative (Meppi), mirato al patrimonio fotografico dell’area e che gode della collaborazione di enti del calibro dell’Art Conservation Department dell’Università di Delaware, del Getty Conservation Institute e del Metropolitan Museum of Art.

Fayçal Baghriche, Elective Purification (Arab version), 2004-2010, Wallpaper, variable dimensions Courtesy of the Artist and Taymour Grahne Gallery
Ma la Fondazione resta in primis un incubatore dove creativi, professionisti e ricercatori possono sviluppare nuovi linguaggi fotografici o di mediazione. Essa vanta la produzione di 15 mostre ed 8 pubblicazioni, in partnership con musei, gallerie e altre realtà culturali, nonché una ricca biblioteca specializzata. Si iscrivono in questa visione il progetto in cantiere di una monografia dedicata a Van Leo, fotografo-ritrattista armeno basato nella Cairo cosmopolita degli anni ’40 e ’50, e le attività educative rivolte agli adolescenti, in collaborazione con coreografi, artisti e collezionisti, in cui le collezioni costituiscono il punto di partenza per esplorazioni multiformi.
Per quanti invece si trovano dall’altro lato del Mediterraneo e avranno la possibilità di visitare, dal 9 maggio, la Biennale di Venezia, parte delle collezioni dell’Aif è esposta nel padiglione iracheno, che propone scatti del fotografo Latif el-Ani degli anni cinquanta e sessanta. A testimoniare l’enorme valore che il lavoro archivistico assume per la ricerca artistica attuale. Nena News