Espressione artistica che caratterizza i contesti dominati dai conflitti sociali, viene utilizzata dagli artisti mediorientali per incidere sulla realtà trasformando l’esperienza dell’osservatore/fruitore in azione condivisa, in armonia con gli sviluppi politici di una area del mondo
di Cecilia D’Abrosca
Roma, 27 marzo 2017, Nena News – L’arte partecipativa è una componente sostanziale del mercato dell’arte mediorientale, dotata di valenza civile e politica, si configura come espressione artistica caratterizzante i contesti dominati da conflitti sociali che, necessitano di un accurato approccio metodologico e di analisi. Si tratta di una forma artistica completata ed animata dall’osservatore, il quale è chiamato ad interagire con l’opera, su indicazioni dell’artista.
Richiamare l’arte partecipativa e pensarla in relazione alle regioni del Medio Oriente, legittima ad riconoscere l’esistenza di un’arte che implica, nella sua manifestazione e realizzazione, la presenza, il coinvolgimento e la cooperazione tra l’ideatore/esecutore, ovvero l’artista, e il suo pubblico, che usufruisce e sperimenta l’esperienza artistica.
Questa forma d’arte comincia a colpire l’attenzione degli storici e degli artisti a partire dagli anni Sessanta, quando il confine tra produzione e consumo artistico diviene sottile e la partecipazione diffusa tocca ogni nodo nevralgico del sapere, delle arti, della politica. Le prime tracce di questa espressività contemporanea si ravvisano nella pratica dell’happening. In cosa consiste? Letteralmente, il termine “happening” (che compare per la prima volta in uno spettacolo di A. Kaprow), indica qualcosa che sta avvenendo “qui ed ora”; l’happening è una forma di arte-spettacolo, in cui v’è uno spazio dedicato alla rappresentazione di “qualcosa che sta accadendo”. È un momento artistico che si consuma nell’istante in cui ad esso si assite e, richiede una “azione partecipata”, che significa: inserimento di un pubblico nella scena rappresentata, visibile, fermo restando una premessa: negare il prodotto artistico, l’oggetto e spostarsi sull’atto e sul momento della creazione.
Molti studiosi, da Jean-Luc Nancy a Guy Debord, hanno teorizzato il ruolo sociale cui assurge l’arte e quello dello spettatore, desunto dal processo artistico e di consumo dell’oggetto realizzato. Solo negli anni Novanta questa forma spettacolare viene accettata ed “istituzionalizzata” come arte partecipativa e socialmente impegnata; indicando con tale denominazione, la compartecipazione dello spettatore/osservatore ad “un processo di lavoro politicizzato”, citando la storica dell’arte Claire Bishop.
L’arte partecipativa (o partecipata) è interattiva e comunitaria; concetto trasversale che, alcuni artisti mediorientali mettono in pratica attraverso forme spettacolari “partecipate” che coinvolgono più autori, è il caso dell’arte della miniatura attiva in Persia e di alcuni momenti performativi in Medio Oriente, di matrice religiosa, che si concretizzano nella forma del rituale, dove, è imprescindibile la presenza di fasce della comunità dei credenti per costruire il significato finale dell’opera.
Quello che, nei tempi moderni, contraddistingue gli artisti mediorientali è un lavoro finalizzato ad incidere sulle condizioni sociali e politiche, in grado di trasformare l’esperienza dell’osservatore/fruitore in azione condivisa, in armonia con gli sviluppi sociali e politici di una area del mondo. Per controbilanciare gli episodi sociali di dissenso, gli artisti incoraggiano i cittadini ad esprimere, in modo dinamico, sentimenti ed energia creativa, ché aiuterebbe a guarire una comunità offesa e ferita o, farle acquisire una consapevolezza politica.
Passaggi storici influenti sono rappresentati, ad esempio, dai movimenti di protesta in Iran e in Turchia, nel 2009 e nel 2013, che, a partire da allora, hanno indotto gli artisti a sollecitare un’attitudine collaborativa da parte dei cittadini e a trasferire la propria arte in spazi non convenzionali quali, periferie, siti dismessi, parchi semi abbandonati, sviluppando, da queste premesse, un progetto definito dall’azione dei cittadini che agiscano come performer, assegnando una funzione civile al momento della partecipazione al compimento del prodotto d’arte. Si pensi ad una fotografia aerea di un paesaggio industriale o ad una immagine scattata in un luogo in cui è disposta un’opera d’arte semidistrutta, arricchita da “partecipanti” o, un percorso in una galleria d’arte arricchito da opere dei partecipanti o da testo scritto, o alle installazioni lungo le vie del centro cittadino o in una piazza cittadina.
Il mercato relativo all’arte si avvia, dunque, ad essere il risultato di un processo internazionale modellato dalle questioni preminenti nei dibattiti di argomento politico e sociale, dai quali, emerge la centralità dell’individuo e delle tematiche inerenti al suo benessere. L’arte incorpora quel nucleo di bisogni che l’artista tende a tradurre in azioni, momenti, happening a sfondo politico, ambientale, che attribuiscono agli spettatori un ruolo di co-protagonisti del progetto dell’autore dell’opera. Nena News