Nei suoi romanzi la scrittrice palestinese racconta della sua terra senza tralasciare la questione dei diritti civili delle donne. Secondo l’autrice, la questione del gender è connessa a quella della nazionalità e può essere risolta soltanto combattendo in maniera congiunta ogni forma di oppressione
di Cecilia D’Abrosca
Roma, 29 giugno 2017, Nena News – Sahar Kalifeh esplora momenti di vita palestinese attraverso il suo viaggio letterario, fatto di nodi narrativi, colpi di scena e inversioni, che hanno a che fare con la storia umana. Il nucleo delle sue riflessioni, espresse attraverso il processo di scrittura, è legato ad aspetti dell’esistenza quotidiana, a ciò che accade nel presente. Sahar Kalifeh non attende che gli eventi raggiungano uno stato di fermento, ma li cattura e ne restituisce il senso via via che evolvono; un tale metodo, dà al suo lavoro il valore di documento che trascende ogni valutazione letteraria, trovandosi al cospetto di una fonte autorevole e densa della storia contemporanea.
La Palestina non rimanda ad un concetto univoco e unitario. L’immaginario, che ad essa si lega, è frammentato e disomogeneo. Ciò che la Palestina evoca è un eccesso di immagini, che generano preconcetti, che poggiano su interpretazioni derivanti da analisi sommarie della realtà palestinese, solo in minima parte attraversate dall’oggettività. La Palestina è un campo di osservazione che parla un linguaggio articolato, multidimensionale e polisemico, che non sfiora l’approssimazione, che in ambito internazionale insegna, orienta e guida. Si pensi, ad esempio, alle forme di resistenza culturale praticate nel campo delle arti e della letteratura.
Scrittori, poeti, giornalisti, artisti si esprimono attraverso le parole e i testi di diversa natura, che formano e informano, denunciano, spingono alla riflessione e alla revisione di concetti in grado di illuminare porzioni del reale. E’ altresì noto il ruolo attivo delle donne nell’azione di resistenza. Motivate, in prima istanza, dal richiamare l’attenzione sulla condanna della loro condizione di donne arabe in una società maschilista e patriarcale, non attraversata da forme di cittadinanza attiva nè da movimenti associativi di stampo politico o culturale.
Le donne sprigionano il loro talento, in molti casi, represso per volere familiare o del coniuge, liberando nella scrittura e nella poesia, ad esempio, l’insieme di sensazioni, intuizioni ed emozioni che definiscono la natura umana. Combinando l’azione militante al bisogno di espressione personale, rivendicano i propri diritti e il bisogno di cambiare la storia del popolo palestinese. Sahar Khalifeh, scrittrice e poetessa palestinese è una di loro. Combattente e scrittrice, autrice di romanzi, saggi e poesie che hanno come sfondo gli accadimenti politici e i relativi tumulti sociali, ma anche la questione femminile nel mondo arabo.
Ha scritto testi di natura politica, come ad esempio, al-Subbar (The Cactus, 1976) e Abbad al-Shams (The Sunflower, 1980), in cui descrive le situazioni più diffuse generate dall’occupazione e la risposta della resistenza palestinese. Mentre nell’opera Bab el-Saha (The Door to the Courtyard, 1990), l’autrice narra la storia della Intifada Palestinese. Nella parte finale del romanzo al-Mirath (The Inheritance, 1997), Sahar Khalifeh, invece, ripercorre gli eventi che seguirono gli accordi di Oslo e l’istituzione dell’Autorità Palestinese. L’essenza palestinese, dice, è stata spezzata, erosa dall’occupazione, dagli interessi individuali e dai privilegi concessi a pochi.
Sahar Khalifeh si dedica allo studio ed analisi di passaggi decisivi della storia contemporanea della Palestina senza tralasciare la questione dei diritti civili delle donne. Fa riferimento alla mancanza di emancipazione femminile, incitando alla ribellione e al raggiungimento dell’uguaglianza degli individui.
La trattazione di questi temi trova ampio spazio nei romanzi, Lam N’aud Jawari Lakum (We are Not Your Slaves Any More, 1974) e Mudhakkirat Imra’ah Ghair Wki’iyyah (Memoirs of an Idealistic Woman. 1986). L’intelligenza creativa di Sahara Khalifeh si manifesta nella connessione dialettica tra la questione del gender e quella della nazionalità. Il profilo di donna, inserito nei testi, è riconducibile a quello di “martire della società”, seppure con lievi variazioni di contenuto tra un’opera e l’altra. L’autrice ricorre a questa tipologia femminile per rafforzare il significato simbolico associato alla sua posizione in difesa delle donne.
Nei suoi romanzi, predispone una sorta di “campo di azione”, a livello del quale, pone uomini contro donne. Nei casi in cui, le condizioni del loro confronto, spingono ad unirsi contro un nemico nazionale comune, Khalifeh non dimentica di lasciar fuori, ed evidenziare, le grida delle donne nei confronti degli uomini. I fatti e i personaggi dei suoi romanzi indicano che, la questione di genere non può essere risolta lottando gli uni contro gli altri, ma in maniera congiunta, impegnandosi a combattere ogni forma di oppressione.
Ogni donna, sostiene Sahar Khalifeh, appare storicamente “programmata” per aderire ad una visione dell’essere donna, prospettata dall’uomo. Come risultato, molti di loro hanno sviluppato un atteggiamento aggressivo verso le donne, altri, sostengono i diritti delle donne. La scrittrice pone l’enfasi sul fatto che, il coinvolgimento di entrambi i generi nella battaglia per i diritti, garantirebbe il rafforzamento della posizione delle donne, da un alto, e una attenuazione dell’indole maschilista, dall’altra. L’osservazione comune alle sue opere, riguarda il carattere arretrato della società palestinese, che attiverebbe un controllo e un condizionamento operato sulla vita delle persone, rendendo difficile, per loro, staccarsi da un meccanismo che, con il tempo, conduce all’alienazione.
Biografia
La biografia di Sahar Khalifa influenza le sue scelte di vita legate alla scrittura e all’impegno civile. Nasce nel 1941 a Nablus, all’età di 18 anni è costretta a sposare un uomo con il quale resterà trenta anni e dal quale avrà due figlie. Consegue la laurea in Letteratura inglese e americana alla Università di Bir Zeit, nei Territori occupati palestinesi, e un dottorato in American Studies all’ Università dell’Iowa. Insegna Letteratura all’ Università di Iowa e di Bir Zeit. Fonda il Women’s Affair Center in Nablus, poi a Gaza City e ad Amman: una organizzazione che punta a riconoscere un ruolo sociale e politico alle donne.
La sua opera più popolare è il romanzo Wild Thorns (1984), pubblicato la prima volta in arabo nel 1976. In essa affronta il conflitto tra la Palestina e l’esercito israeliano, da una molteplicità di punti di vista, quello maschile e femminile, dei giovani e degli anziani, degli arabi e degli israeliani. Gli altri lavori di Sahar Khalifa, sono: We Are Not Your Slave Girls Anymore (1974), The Sunflower (1980), e Memories of an Unrealistic Woman (1986), un romanzo che trae spunto dalla sulla sua esperienza di matrimonio, The Door of the Courtyard (1990), e The Inheritance (1997). I suoi lavori sono stati tradotti in tedesco, inglese, russo, ebraico, svedese.