Jamal Bannura è uno degli autori palestinesi ancora poco conosciuti e tradotti che ha scelto di esprimersi nel racconto breve. Le tematiche dei suoi scritti sono quelle classiche della letteratura palestinese: la sensazione di isolamento dell’individuo, la sua incapacità di reagire, l’impossibilità di integrazione in una nuova società
di Cristina Micalusi
Roma, 20 ottobre 2014, Nena News - L’opera di Jamal Bannura è portatrice di un messaggio letterario a prescindere da quello politico veicolato. È questa la strada che la casa editrice Q ha intrapreso da qualche tempo per sottolineare come la prima produzione letteraria araba, e palestinese in particolare, non sia immatura, come i più credono.
Vi è in questo libro di racconti brevi un nuovo linguaggio detto allusivo, dove il rapporto luogo/tempo vissuto dai protagonisti è una delle peculiarità di questa letteratura. Il luogo è la patria perduta, il campo profughi, la terra o la prigione.
Il tempo invece sono i sogni, i ricordi e i rimpianti scandito da date-simbolo della storia palestinese.
Ma l’autore non precisa quando sono stati composti e li colloca tra la seconda metà degli anni settanta e gli anni ottanta. Ciò significa che le opinioni del lettore non corrisponderanno al tempo in cui egli vive.
Il lettore è chiamato a esprimere un giudizio sul conflitto israelo-palestinese in base agli strumenti offerti dalla realtà dei racconti. E un primo giudizio sarà il constatare la non equidistanza tra i due attori in scena: la vittima e il carnefice. Soprattutto se questi racconti vengono letti oggi, dopo il fallimento degli Accordi di Oslo, l’inefficienza dell’Autorità Palestinese, il degrado di Gaza e quasi tutto il corpo sociale palestinese. Non c’è più fiducia in un percorso di pace equo.
La precarietà della propria vita e l’impossibilità a programmarla diventa la quotidianità di quasi tutti il popolo palestinese.
Come viene fuori dal racconto “24 Ore di arresto” dove un gruppo di insegnanti ha osato manifestare e scioperare per avere un riconoscimento economico più adeguato e viene richiamato dall’Autorità israeliana. Il finale non è drammatico come avrebbe potuto essere oggi.
Così leggere oggi il racconto “L’Assedio” è significativo di come le cose siano cambiate poco e forse in peggio. Qui l’assedio continua nel casa trasformata in prigione, nella sua terra che non può coltivare, che morirà per mancanza di cure e che dunque non tornerà alle nuove generazioni.
C’è la volontà di mantenere viva l’idea non di un luogo ma di quel luogo, divenuto ormai mitico, rappresentato dagli aranceti, dagli uliveti, dai villaggi e dalla solidarietà reciproca.
Nel racconto “Per Non Dimenticare” la storia ripercorre il rapporto di uno zio, che ha dedicato tutta la sua vita alla famiglia e sua nipote che sta nella resistenza. Il nocciolo della novella è l’accettazione da parte dello zio non solo della vita politica attiva della ragazza ma la il riconoscimento attraverso essa della libertà della donna. “Khawla tu sei la speranza a cui noi aspiriamo”.
E la speranza, nonostante Oslo e patti a seguire, deve vincere anche solo leggendo questi racconti.
Jamal Bannura è uno degli autori palestinesi ancora poco conosciuti e tradotti che ha scelto di esprimersi nel racconto breve. Nato a Beit Sahour in Cisgiordania nel 1938, è professore, giornalista e autore di testi teatrali.
Ha cominciato a scrivere sotto lo pseudonimo di Salah al-Din.
Le tematiche dei suoi scritti sono quelle classiche della letteratura palestinese: la sensazione di isolamento dell’individuo, la sua incapacità di reagire, l’impossibilità di integrazione in una nuova società. Nena News
Titolo: Per Non Dimenticare e altri racconti
Autore: Jamal Bannura
Edizioni Q
Anno: 2014