Alla nuova lista nera si aggiungono altri 18 nomi. Erdogan fallisce nella mediazione mentre l’egiziano al-Sisi ribadisce il suo “no” alla rappacificazione con i qatarioti. La Russia, intanto, si candida al ruolo di mediatrice
della redazione
Roma, 25 luglio 2017, Nena News – Nonostante le raccomandazioni internazionali ad abbassare i toni dello scontro, la crisi del Golfo si è arricchita oggi di un nuovo capitolo: l’Arabia saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain ed Egitto hanno aggiunto 18 nuovi nomi alla blacklist formata da gruppi e individui che hanno legami con il Qatar e sono accusati di terrorismo.
A finire ora sulla lista nera, si legge in un comunicato pubblicato dall’agenzia statale saudita, sono nove tra associazioni e media e nove individui “direttamente o indirettamente collegati alle autorità qatariote”. “Noi – si legge nella nota – ci aspettiamo che Doha prenda le necessarie misure e persegua i gruppi e le persone vicine al terrorismo”. Secondo le scarne informazioni riferite alla stampa, tre delle nuove organizzazioni inserite nella blacklist hanno base in Yemen mentre sei in Libia. Tutte sono accusate di essere vicine ad al-Qa’eda. Tra le personalità segnalate, invece, ci sono 3 qatarioti, 3 yemeniti, 2 libici e un kuwaitiano accusati di aver “raccolto il denaro utilizzato per sostenere [i qa’edisti del] Fronte al-Nusra e altre formazioni terroristiche in Siria”.
Il boicottaggio del Qatar, iniziato il 5 giugno, dunque continua. Anzi si aggrava, evidenziando i fallimenti della diplomazia internazionale. L’ultimo fiasco è stato quello del presidente turco Erdogan la cui visita di tre giorni in Arabia Saudita, Kuwait e Qatar conclusasi ieri non ha portato alcun risultato come la pubblicazione di oggi dei nuovi nomi della blacklist ha chiaramente dimostrato. Eppure il presidente megalomane, appena tornato ieri a Ankara, ha ostentato sicurezza: il suo viaggio “produttivo”, infatti, “ha contribuito” a risolvere la crisi anche se per la sua fine è necessario ancora del tempo. Il leader islamista ha poi pubblicamente sponsorizzato i tentativi di mediazione portati avanti dal Kuwait.
La visita turca nella regione non è giunta a caso: il boicottaggio del Qatar da parte di Riyadh e gli altri tre stati arabi ha posto Erdogan in una delicata posizione: da un lato Ankara è una stretta alleata dei qatarioti (è rimasto forte il suo sostegno pubblico a Doha in questo ultimo mese e mezzo), dall’altro non vuole guastare le sue buone relazioni con gli altri partner del Golfo, in particolar modo con i sauditi. Proprio per questo motivo il leader islamista ha provato ad utilizzare toni conciliatori spiegando che il suo viaggio nell’area non era “nell’interesse di nessuno, ma ha rappresentato una passo importante per ricostruire la stabilità e la confidenza reciproca”.
L’ottimismo espresso da Erdogan, però, sembrava già fuori luogo ieri quando da Alessandria il presidente egiziano al-Sisi ribadiva il “no” secco del suo governo a porre fine al blocco sul Qatar. “L’Egitto resta ferma sulla sua decisione e non retrocederà su questo punto” ha affermato in modo lapidario l’ex generale.
Parole che sono ben lontane da quelle dell’emiro del Qatar shaykh Tamim bin Hamad al-Thani che venerdì si era detto pronto a dialogare a patto che venga rispettata la sovranità del suo paese. Una posizione ribadita oggi anche dal suo ministro della difesa Khalid bin Mohammed al-Attiyah che a Russia Today ha detto che il dialogo con i quattro stati arabi deve essere preceduto dalla rimozione del blocco sul suo paese. “Se gli stati che attuano l’assedio sono riluttanti a toglierlo, il Qatar sarà costretto a rivolgersi alle procedure legali internazionali per rimuoverlo”.
E se gli Usa finora si sono dimostrati incapaci di portare l’area alla calma, ad approfittare del vuoto politico è la Russia. Il ministro degli esteri russo Lavrov ha di fatto candidato il suo Paese a giocare un ruolo di mediatore nella crisi in corso: “Siamo interessati che questo stallo venga superato prendendo in considerazione le preoccupazioni reciproche così da trovare soluzioni che possano essere accettate da tutti” ha detto Lavrov sul canale Rudaw secondo una trascrizione fornita dal sito web del ministero degli esteri russo. “Se le parti [del conflitto diplomatico] ritengono che la Russia possa essere in qualche modo utile, noi saremmo pronti a rispondere a questi appelli”. Nena News