REPORTAGE. I palestinesi denunciano un aumento dell’aggressività dei coloni israeliani da quando Netanyahu ha deciso di non rinnovare il mandato agli osservatori della Tiph. Proseguono le iniziative locali e internazionali per la riapertura di via Shuhada, un tempo la principale arteria commerciale di Hebron
di Michele Giorgio – Il Manifesto
Hebron (Cisgiordania), 4 marzo 2019, Nena News – Regna il silenzio intorno al piccolo hotel divenuto qualche anno fa il quartier generale della Tiph (Temporary International Presence in Hebron), il contingente di osservatori di sei paesi – Italia, Norvegia, Svezia, Svizzera e Turchia – che per oltre 20 anni ha pattugliato le strade della zona H2, il 20% della città di Hebron sotto il controllo dell’esercito israeliano e dove si sono insediati circa 700 coloni. Bussiamo, chiediamo di poter parlare con il portavoce della missione e con uno degli osservatori italiani (tutti carabinieri). Sono i giorni in cui si ricorda il 25esimo anniversario del massacro di 29 fedeli musulmani nella Tomba dei Patriarchi compiuto dal colono israeliano Baruch Goldstein. La scorsa settimana palestinesi e volontari stranieri hanno commemorato quelle vittime e chiesto attenzione per la condizione di Hebron. Perciò la voce della Tiph, che fu istituita dopo quella strage, è importante. Niente da fare. «Non parliamo ai giornalisti, il nostro ruolo è terminato», ci dicono senza aggiungere altro.
Gli osservatori sono spariti dalle strade di Hebron da quando, un mese fa, Benyamin Netanyahu, all’improvviso, ha annunciato che Israele non rinnoverà più il mandato alla Tiph. «Non possiamo permettere a una forza nemica di operare contro di noi» ha detto il premier. Dietro la decisione ci sono le pressioni dei coloni che hanno sempre guardato con ostilità alla Tiph. Pur avendo scarsi poteri, il contingente internazionale in qualche modo ha assicurato protezione ai palestinesi nella zona H2. E quando la Tiph, ha scritto il giornale Haaretz, alla fine del 2018 ha presentato il suo rapporto su 20 anni di pattugliamenti a Hebron con dentro critiche esplicite ai coloni, la destra israeliana è insorta. Non hanno prodotto risultati le proteste dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) e le critiche, blande, dei paesi membri della Tiph alla decisione presa dal governo israeliano. Così gli osservatori – molti dei quali sarebbero già partiti – di fatto vivono barricati nel loro quartier generale in attesa di lasciare Hebron nei prossimi giorni. Si dice che siano in corso delle trattative per persuadere Netanyahu a fare retromarcia. Ma il premier israeliano non cambierà idea con la campagna per le elezioni del 9 aprile che è entrata nella fase decisiva e mentre cerca di tenere insieme tutta la destra, inclusa quella più estremista e razzista che fa riferimento al partito Otzma Yehudit.
Da Bab al Zawiyeh passiamo dalla zona H1 controllata dall’Anp alla H2. Quindi percorriamo via Shuhada fino alla Tomba dei Patriarchi. La lunga strada è quasi deserta, in giro ci sono alcuni giovani coloni e i soldati che presidiano Beit Hadassah e Avraham Avinu, due degli insediamenti ebraici. Centinaia di negozi e botteghe palestinesi sono chiusi da quasi due decenni su imposizione dell’esercito e per richiesta dei coloni. I palestinesi qui si rendono invisibili. I loro bambini vanno a scuola seguendo percorsi definiti in modo da non incontrare i coloni. Ma l’attrito è continuo. Un volontario italiano dell’International solidarity movement, Tommaso Memola, qualche settimana fa è stato arrestato dalla polizia israeliana assieme ad un giovane statunitense. «Eravamo davanti a una scuola con l’intento di tutelare i bambini palestinesi» ci racconta «ad un certo punto siamo stati aggrediti da Anat Cohen, una colona nota qui a Hebron per il suo comportamento violento. La polizia però ha arrestato noi, non lei».
Incontriamo Munir, proprietario di un negozio di souvenir nei pressi della Tomba dei Patriarchi. «La fine della Tiph è un disastro, i nostri problemi aumenteranno», prevede. Gli facciamo notare che anche i palestinesi criticavano la Tiph, mai intervenuta concretamente per fermare gli abusi. Altre erano le speranze degli abitanti di Hebron quando, dopo il massacro nella Tomba dei Patriarchi, ebbe inizio il primo mandato della Tiph. Missione poi sospesa e ripresa dopo la firma nel gennaio 1997 dell’accordo tra Netanyahu e lo scomparso presidente palestinese Yasser Arafat con cui Hebron fu divisa in due zone, H1 e H2, rispettivamente sotto il controllo dell’Anp e di Israele. Doveva essere una soluzione “temporanea” e invece le cose non sono più cambiate. «Lo so – ammette Munir – la Tiph non poteva fare nulla di concreto, eppure la sua presenza nelle nostre strade era rassicurante. Più occhi ci sono in giro è meglio è per noi».
Gli occhi della Tiph da qualche giorno sono stati almeno in parte sostituiti dal gruppo di osservatori palestinesi che ha messo in piedi Issa Amro, attivista dei diritti umani tra i più noti e portavoce di Youth Against Settlements, associazione a difesa dei diritti dei palestinesi a Hebron. Fino al 6 marzo, anche in Italia, “Open Shuhada Street”, la campagna annuale che chiede la riapertura di via Shuhada . «Coloni e soldati israeliani sono felici di non vedere più in giro gli osservatori della Tiph» ci dice Issa «ormai, quasi ogni giorno, ci sono abusi a danno dei palestinesi che non sono più documentati. Per questo abbiamo creato un gruppo di osservatori che con la loro presenza prova a offrire protezione ai bambini quando vanno a scuola. L’esercito però ha dichiarato varie parti della H2 ‘zona militare’ per restringere i nostri movimenti». Amro si dice preoccupato, il clima potrebbe aggravarsi a causa della campagna elettorale di Netanyahu, alla caccia di ulteriori consensi a destra, e per lo sdoganamento ottenuto a Otzma Yehudit. Alcuni dei leader di questo partito, eredi diretti del Kach fuorilegge perché razzista, vivono proprio a Hebron o nella vicina colonia di Kiryat Arba.
Al centro stampa di Avraham Avinu, due dei più noti esponenti dei coloni insediati a Hebron, Noam Arnon e Yishai Fleisher, si mostrano insolitamente accoglienti. I giornalisti, specie quelli stranieri, in genere sono considerati ostili e “amici” dei palestinesi. Il tono è volutamente moderato ma i giudizi sono molto netti. In queste abitazioni costruite a poche decine di metri dalla Tomba dei Patriarchi, la fine della Tiph è stata lungamente celebrata. Regna un clima da vittoria. «La Tiph ha commesso abusi contro la nostra comunità, abbiamo le prove filmate» ci dice Fleisher «il suo tempo era finito, non si poteva rinnovare all’infinito il suo mandato. Basta». Dalle elezioni del 9 aprile i coloni si aspettano «Un governo che sappia far fiorire la comunità ebraica di Hebron» spiega Fleisher «promuovendo il turismo e le attrazioni religiose ebraiche, a cominciare dalla Tomba dei Patriarchi». Nemmeno una parola per i 29 palestinesi uccisi 25 anni fa da Baruch Goldstein proprio nella Tomba dei Patriarchi.