Il film del regista Mohamed Diab racconta il golpe del 3 luglio 2013 e lo scontro tra i sostenitori dei Fratelli Musulmani e le forze di sicurezza. Ha avuto successo all’estero. Ora affronta un mare di critiche dopo l’uscita nelle sale egiziane
di Mohammed Saied – Al Monitor
(traduzione di Romana Rubeo)
CAIRO — “Clash,” l’acclamato film del regista egiziano Mohamed Diab, è uscito nelle sale d’Egitto la scorsa settimane. La pellicola, che racconta lo scontro tra i sostenitori dei Fratelli Musulmani e le forze di stato dopo la deposizione dell’ex Presidente Mohammed Morsi nel luglio 2013, è stato al centro di un acceso dibattito nel suo Paese sin dall’esordio al Festival di Cannes, nel maggio scorso.
“Clash veicola messaggi profondi, senza prendere le parti di una specifica fazione”, ha spiegato Rana al-Gami’i, dopo aver visto il film il giorno dell’uscita nelle sale egiziane in un cinema del governatorato di Giza. La cinefila appena ventenne ha dichiarato ad Al-Monitor, “Non parla solo di un incidente subito da un veicolo della polizia, come molti erroneamente pensano.”
Il 18 agosto 2013, dopo l’arresto di decine di persone in seguito alla repressione delle proteste dei sostenitori dei Fratelli Musulmani nelle piazze di Rabia al-Adawiya e Nahda, 37 manifestanti egiziani sono morti mentre si trovavano in un mezzo della polizia, fuori dal carcere di Abu Zaabal. Il decesso è avvenuto per soffocamento a causa dell’inalazione di gas, dopo una permanenza di sei ore all’interno del veicolo.
Gami’i ha sottolineato che “Clash” cerca di narrare la crisi della polarizzazione politica dell’Egitto dopo la Rivoluzione del 30 giugno, aggiungendo che la pellicola è riuscita a dare voce a tutti gli orientamenti politici dei personaggi presenti nel furgoncino, “senza schierarsi con l’una o l’altra fazione.” Al contempo, crede che Diab sia riuscito a modificare quello che, a suo avviso, è uno stereotipo del cinema egiziano, che associa automaticamente l’Islam ai Fratelli Musulmani.
Il film, i cui protagonisti sono Nelly Karim e Hani Adil, è una co-produzione tra Egitto, Francia, Germania ed Emirati Arabi Uniti.
Diab ha scelto di ambientare i fatti all’interno di un furgoncino della polizia, in uno spazio di soli 8 metri quadrati. Il genere riecheggia quello della tragedia greca, con le unità di tempo e di spazio. Il produttore esplora le laceranti contraddizioni che attraversano la società egiziana, le apparenti divisioni che nascondono grandi fattori di complessità. Dietro i sostenitori e gli oppositori ci sono gruppi turbolenti, sfiancati dalla povertà e fiaccati dai pregiudizi e dal rifiuto dell’“altro”.
Muhammad Abd al-Shakur, critico cinematografico egiziano, ha scritto che “Clash” è “uno dei prodotti migliori di quest’anno.” Lo ha descritto come un una scommessa artistica “che lascerà il pubblico senza fiato, inducendolo a ragionare.”
Secondo Diab, le autorità egiziane vorrebbero sospendere le proiezioni; a suo avviso, questo costituirebbe uno “scandalo internazionale”, visto che la pellicola è stata oggetto di attenzione da parte della stampa di tutto il mondo ed è stata selezionata tra i migliori film del Festival di Cannes dall’Hollywood Reporter. Al festival, “Clash” ha aperto la sezione “Un certain regard”.
Il 25 luglio, Diab ha scritto sulla sua pagina Facebook: “ Le autorità egiziane hanno pensato bene di far uscire il film nelle sale senza troppo clamore, per poi rimuoverlo dalla programmazione dopo pochi giorni.” Con una certa dose di sarcasmo, ha definito questa operazione un “brillante trucchetto.”
L’ufficio censura ha approvato la programmazione del film il 22 luglio, vietandolo ai minori di 12 anni; è uscito nelle sale il 27 luglio, mentre il giorno 24 sono iniziate le proiezioni private.
Diab è critico contro quelle che lui definisce “campagne sistematiche” per distorcere l’immagine del film e dei suoi autori e produttori, senza fare nomi. Ne è stato un segnale, a suo avviso, il “ritardo dell’autorizzazione, che ha preceduto solo di 24 ore la prima programmazione prevista, e il rinvio di qualsiasi decisione in merito alla locandina.”
La tv governativa ha attaccato la pellicola nel corso della puntata del 15 maggio del programma principale “L’Egitto sono io”: la didascalia recitava “ Il film ‘Clash’, del regista Muhammad Diab e le sue implicazioni rivoluzionarie e politiche,”; Diab viene descritto come un “regista che cerca di proporre un’immagine distorta della società egiziana.”
A Diab viene rimproverato di descrivere l’Egitto come una prigione mobile, uno stato che ha represso ogni libertà personale; che attraverso le sue opere e i post sui social network ha diffuso ideali ostili alle istituzioni, soprattutto al Ministro degli Interni.
“Dopo la rivoluzione del 30 giugno, sono avvenuti scontri sanguinari, condotti dai Fratelli Musulmani, nel tentativo di arrestare la transizione pacifica al potere. …” È questa la battuta iniziale del film. Diab sostiene che i censori abbiano insistito affinché fosse inserita nell’introduzione, sebbene egli rifiuti l’idea di indottrinare gli spettatori e schierarli contro una fazione in particolare, prima ancora della visione del film. Diab chiede al pubblico di recarsi a vederlo, per sventare quello che giudica “un vero e proprio complotto contro il film”.
Mohamed Hefzy, uno dei produttori, ha dichiarato ad Al Monitor che non condivide le affermazioni di Diab e che i censori “non lo hanno obbligato” a fare nulla, e che ha avuto personalmente modo di relazionarsi con loro su questo punto, a suo avviso “soddisfacente”, nonostante il parere contrario di Diab.
Hefzy è convinto che “i Fratelli Musulmani abbiano davvero commesso atti di violenza dopo la Rivoluzione del 30 giugno” e che “ lo spettatore dovrebbe restare neutrale e non schierarsi politicamente.” Ha anche sottolineato come il film enfatizzi la dimensione umana, senza appoggiare una fazione anziché un’altra.
Hefzy non condivide neanche le preoccupazioni di Diab circa un complotto ordito dalle autorità egiziane; ha infatti dichiarato: “forse alcuni funzionari amministrativi o interni all’ufficio censura credono di fare il bene del regime impedendo la proiezione della pellicola, ma non credo che lo Stato sia contrario. Prova ne è il fatto che abbiano acconsentito alla programmazione nelle sale. Non vogliamo puntare il dito contro nessuno; il pubblico è sovrano.”
Magidah Khayrallah, critica cinematografica egiziana, non condivide le critiche indirizzate al film e il clima di sospetti creato intorno al regista. Secondo Khayrallah, questo dipende dalla visione contenuta sulla pellicola di alcune particolari circostanze, che potrebbero mettere in cattiva luce il regime.
A suo parere, il film è eccellente, e potrebbe essere classificato come politico nonostante il carattere fortemente umanistico con cui vengono narrati i fatti, da lei descritti come “repressivi”, che hanno seguito la Rivoluzione del 30 giugno.
Tariq al-Shinawi, critico d’arte che ha già avuto modo di vedere “Clash” due volte (la prima al Cairo, la seconda dopo Cannes) rifiuta di bollarlo come politico; a suo avviso, si occupa di tematiche sociali e si tratta di una delle pellicole più rilevanti nella storia del cinema egiziano. A proposito dell’approvazione da parte dell’ufficio censura, Shinawi ha dichiarato ad al-Monitor che sarebbe il frutto delf atto che il film non fa “propaganda per gli ideali dei Fratelli Musulmani… che affermano o lasciano intendere che quella del 30 giugno non fu una rivoluzione popolare, bensì una sommossa organizzata dall’esercito.”
A proposito delle critiche secondo cui il film promuoverebbe una riconciliazione con i Fratelli Musulmani, oggi classificati come gruppo “terroristico” in Egitto, Shinawi ha affermato: “Come si fa a dire che si schiera con i Fratelli Musulmani? Perora la causa degli esseri umani in quanto tali e si oppone agli ideali della Fratellanza. Ma al contempo ribadisce che la differenza di vedute non deve automaticamente implicare l’esclusione e l’isolamento”.