I campus universitari restano un luogo di opposizione al nuovo autoritarismo e alle sue politiche. Viaggio nei gruppi studenteschi dal golpe del 2013 ad oggi
di Amr Hamzawy – Al Jazeera
Roma, 9 marzo 2017, Nena News – Sull’onda del golpe militare del 2013, gli studenti affiliati o simpatizzanti della Fratellanza Musulmana hanno manifestato nelle università pubbliche per chiedere il ritorno del deposto presidente Mohammed Morsi. Le loro proteste hanno trasformato le università in un nuovo terreno di scontro tra forze di sicurezza e studenti mentre i nuovi governanti egiziani optavano per la distruzione dell’attivismo studentesco. Il giro di vite è stato duro.
I generali al governo hanno usato leggi, regolamenti, procedure e strumenti di sicurezza per schiacciare gli studenti dissidenti. Il governo ha impiegato compagnie di sicurezza private per pattugliare i campus delle università pubbliche e spinto le amministrazioni universitarie ad applicare dure punizioni contro gli studenti che non si piegavano.
Il procuratore generale ha mandato centinaia di studenti dissidenti davanti a corti militari, molti di più quelli in detenzione. Nell’anno accademico dopo il golpe, almeno 14 studenti sono stati uccisi in scontri nei campus e centinaia sono stati arrestati o sospesi. Gli studenti, tuttavia, hanno continuare a organizzare proteste nelle università pubbliche e a mobilitarsi contro i candidati pro-governativi alle elezioni dei consigli studenteschi.
Nel primo semestre dell’anno accademico 2013-2014, ci sono state 1.677 proteste studentesche in università pubbliche in tutto l’Egitto, con i più grandi numeri registrati all’Università al-Azhar, i cui campus sono sparpagliati in diverse province del paese, l’Università del Cairo, l’Università Ain Shams e l’Università di Alessandria.
Di fronte alla crescente violenza sponsorizzata dallo Stato, diversi gruppi studenteschi hanno cominciato a rigettare per intero le misure costituzionali, legali e politiche adottate dal nuovo ordine politico. Le richieste degli studenti si sono gradualmente spostate dall’enfasi sul ritorno di Morsi alla presidenza alla denuncia della repressione del governo militare egiziano sulla Fratellanza Musulmana, i partiti di sinistra e quelli liberali, le Ong indipendenti.
Tra il 2013 e il 2016 i gruppi studenteschi hanno protestato contro la messa al bando dei Fratelli Musulmani e la loro designazione come entità “terrorista”. Hanno condannato le stragi di massi di membri e sostenitori della Fratellanza nella dispersione violenta dei sit-in il 14 agosto 2013. Hanno preso posizioni dure in merito all’implicazione dei servizi di sicurezza nelle violazioni dei diritti umani, nei campus e altrove. Hanno chiesto processi per i poliziotti coinvolti nell’omicidio di studenti durante le proteste e l’immediato rilascio di quelli imprigionati e detenuti per ragioni politiche e di quelli scomparsi.
Alcune proteste hanno condannato la previsione della costituzione del 2014 che prevede processi militari per i civili e l’approvazione di leggi anti-democratiche come quella contro le proteste e quelle contro il terrorismo.
Inoltre, gli sforzi per frenare il ruolo dei servizi di sicurezza nei campus sono diventati i primi della lista dell’agenda studentesca. Tra il 2013 e il 2016 gli studenti hanno organizzate molte veglie per esprimere dissenso con la decisione del Consiglio supremo delle Università egiziane del settembre 2013 che ha dato alle unità amministrative di sicurezza attive nei campus la responsabilità di “mantenere la sicurezza e prevenire tumulti, violenze e bullismo”.
I studenti hanno anche protestato contro le basi legali della consegna a queste unità del diritto di spiccare mandati d’arresto e aprire processi contro gli studenti. La decisione del Consiglio supremo ha nella pratica ribaltato la sentenza del 2010 di una corte che ha bandito ogni forza di sicurezza dalle università.
Nonostante le proteste degli studenti, i servizi di sicurezza hanno mantenuto la propria presenza nei campus. Infatti il nuovo ordine autoritario ha messo in piedi un insieme di strumenti di ampia portata per reprimere l’attivismo studentesco.
Nel 2013 il presidente ad interim Adly Mansour ha emendato l’Atto di Organizzazione delle Università (atto n. 49 del 1972) per dare ai presidi delle università pubbliche l’autorità di espellere – senza vertenza – gli studenti accusati dall’amministrazione dell’ateneo di sovvertire il processo educativo, mettere in pericolo le strutture universitarie, prendere di mira i membri dello staff accademico e amministrativo o incitare alla violenza.
Da quando l’emendamento è stato approvato, le amministrazioni universitarie hanno dimostrato un’elevata propensione ad assumere misure punitive contro gli studenti coinvolti nelle proteste. Nell’anno accademico 2013-2014, ad esempio, 1.052 studenti sono stati rimandati agli uffici disciplinari per indagini e oltre 600 sono stati espulsi. A decine di loro è stato impedito di completare gli esami.
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Traduzione a cura della redazione di Nena News